CORNELIO, Publio
Uno dei più conosciuti fabbricanti di vasi aretini. Ebbe due officine nei dintorni di Arezzo, a Cincelli (anticamente Centum Cellae) e al ponte a Buriano. Quest'ultima appartenne in origine a Gaio Tellio, il quale la cedette con tutti i suoi lavoranti a C. Non è esatto affermare, come è stato fatto, che, subentrando C. nella fabbrica di Tellio, cominciasse la decadenza delle officine, perché una tazza, firmata da uno dei suoi lavoranti, Rodo, e ornata di medaglioni con la testa di Augusto, ci prova che al principio dell'Impero la fabbrica di C. era ancora in piena efficienza. Oltre al nome di Publio appare su qualche vaso quello di Lucio Cornelio. Numerosi lavoranti, schiavi e liberti, erano impiegati nella fabbricazione dei vasi: conosciamo le firme di una quarantina di essi, in gran parte greci o orientali.
Fra questi possiamo citare: Antioco, che ha firmato una matrice con figure maschili e femminili, separate da festoni di frutta e foglie, da amorini, e da due colonne, e una tazza decorata da quattro urne che si alternano con altrettante teste di ariete; Rodo, autore della tazza già ricordata; Paride, a cui è dovuta la tazza del British Museum, che rappresenta Dioniso, Arianna e Venere accompagnati da satiri e amorini; Filone, Primo, Pericle, Fausto, Eraclide, ecc. Il Walters (History of ancient pottery, II, Londra 1905, p. 482) toglie a C., senza ragione plausibile, i vasi con la firma impressa in un sigillo a forma di piede.
I soggetti trattati da C. sono quelli della maggior parte dei vasai aretini: baccanti, cacce, maschere, amorini, tralci di vite, di foglie, di frutta. Alla figura umana C. non dà mai un particolare risalto; essa ha per lui il valore ornamentale di una graziosa statuetta, ed è trattata al modo stesso dei motivi vegetali e animali, ai quali dà grande sviluppo e carattere naturalistico. Il solo vaso corneliano che rappresenti una vera scena è la già detta tazza di Paride.
Bibl.: v. aretini, vasi.