PUBBLICITÀ (XXVIII, p. 481)
Psicologia. - L'immagine e lo "slogan". - Si è detto (XXVIII, p. 483) che alla pubblicità si possono più o meno applicare le leggi psicologiche relative alla suggestione. Questa, per sua natura, mette in essere processi psicologici appartenenti all'inconscio (come è stato d'altronde confermato dalla scuola riflessologica di Pavlov); in particolare, è ormai accertata l'importanza che assumono, nei processi suggestivi, la ripetizione e il monoideismo; e di entrambi questi coefficienti largamente si vale la pubblicità moderna. Essa, in pratica: a) fa sempre più largo uso di immagini, come quelle che possono più rapidamente polarizzare l'attenzione ed essere "assimilate" dall'apparato psichico, a differenza di lunghe frasi o di elaborati concetti; b) tende a condensare l'esortazione o l'invito in una frase brevissima (ingl. slogan), la quale viene ripetuta indefinitamente finché si può pensare che la stessa ripetizione non ne abbia esaurita l'efficacia.
Si vedrà più oltre la portata psicologica profonda specialmente dell'immagine; per ora basti far presente che alcune immagini, abbondantemente adoperate in pubblicità, creano nella mente di coloro cui sono dirette veri e proprî legami associativi strettissimi (prescindiamo qui dalle associazioni totalmente inconscie). Così è, per fare un solo esempio, del famoso "leone" che appare in ogni avviso o film defla società Metro-Goldwyn-Mayer. Quanto agli slogans, adoperati su vastissima scala specie nella pubblicità americana, si tratta molte volte di sintesi felicissime di concetti, ritmi e suoni, riassuntivi di discorsi assai più lunghi, i quali non verrebbero spesso neppure presi in considerazione. Esempî celebri: "Volete la salute?" (per un liquore ricostituente); "Say it with flowers" (per un'associazione di fiorai); "A dir le mie virtù basta un sorriso" (per un dentifricio); "Safety first" (per una compagnia di assicurazioni); ecc.
I simboli e l'inconscio. - Interessanti ricerche anche sperimentali hanno messo in evidenza l'uso e la portata - per lo più spontanei e non controllati - di valori simbolici nella pubblicità, e specialmente in quella che si vale di disegni e di pitture. Si è riusciti, per tale via, a rendere più compiutamente ragione del successo o dell'insuccesso clamorosi di certe espressioni pubblicitarie, i cui effetti rimanevano, altrimenti, pressoché inspiegabili.
Partendo dalla premessa che una grandissima serie di oggetti ed immagini del mondo esterno possono assumere per l'inconscio valore di simbolo rispetto ad altri oggetti e contenuti psichici assai più profondi ed importanti, si comprende, ad esempio, come riesca più gradita, a parità di altre condizioni, la percezione di oggetti che richiamano sensazioni di gioia, di vitalità, di forza, di gioventù, di amore, di bellezza fisica, ecc., che non quella di altri oggetti che si colleghino, per associazione inconscia, a sensazioni o idee opposte. D a qui, per es., il successo di molti cartelloni contenenti linee ascendenti, colori vivaci, bei volti fanciulleschi o muliebri, ecc. Taluni vanno più oltre, e cercano di mostrare che la simbologia della pubblicità è identica a quella di cui si vale la tecnica psicoanalitica nell'interpretare i sogni, i sintomi e le più varie manifestazioni dell'inconscio individuale e collettivo. F. M. Feller, tra gli altri, indica una lunga serie di tali "relazioni simboliche", specie tra elementi pubblicitarî ed elementi della vita sessuale; né si può dire che certe argomentazioni in tal senso siano prive di valore dimostrativo. In particolare, il Feller si è valso sperimentalmente del metodo delle reazioni associative (del quale, come è noto, fa uso appunto la tecnica dell'interpretazione onirica) per mostrare come attraverso le associazioni spontanee dell'osservatore (ossia del presunto "uomo della strada") le anzidette relazioni simboliche e i molteplici significati inconsci di un avviso vengano progressivameme in luce.
Naturalmente non si può in alcun caso render ragione dell'efficacia di una data espressione pubblicitaria fondandosi sui soli significati simbolici in essa ravvisati. Anzitutto, come è ovvio, è necessario che tali significati rimangano inconsci, specialmente se attinenti a campi della vita psichica arginati e tenuti in freno dalla morale e dalla comune opinione. Quindi l'efficacia è raggiunta sempre e soltanto a mezzo di un compromesso tra motivi coscienti e determinanti inconscie, e ciò sia nell'autore dell'avviso pubblicitario sia in chi lo osserva. In secondo luogo occorre tener presente che la vita dell'inconscio psichico è ricchissima, e che molte immagini possono rivestire per esso significati plurimi, fortemente condensati e di analisi sovente assai lunga e difficile.
Sembra potersi concludere che sulla psicologia della pubblicità debba maggiormente convergere l'attenzione degl'industriali e dei commercianti, così come sta avvenendo per quanto concerne la scelta del personale, l'organizzazione del lavoro ed altri aspetti e momenti della produzione e della vendita. È ormai possibile dimostrare sperimentalmente la maggior efficacia di una pubblicità razionalizzata e condotta su fondamenti scientifici in confronto a quella che fa appello solo all'estro e all'improvvisazione.
Bibl.: A. T. Poffenberger, Psychology in advertising, n. ed., Londra 1932; F. M. Feller, Psychodynamik der Reklame, Berna 1932; V. Magliocco, La pubblicità in America, Roma 1932; H. Foster Adams, Advertising and its mental laws, n. ed., New York 1933; Atti del Congresso Internazionale della pubblicità, 17-21 settembre 1933, Milano 1933; A. Valeri, La pubblicità diretta, ivi 1934; R. Mauduit, La réclame. Étude de sociologie économique, Parigi 1934; K. M. Goode, Manual of modern advertising, Londra e New York 1935; F. Redlich, Reklame: Beriff, Geschichte, Theorie, Stoccarda 1935; R. Simmat, The principles and practice of advertising, Londra e New York 1935; N. C. Herbert, 300 tuyaux de publicité, Bruxelles 1936; P. Pulini, 1000 opere sulla pubbl., Roma 1936.