PUBBLICA DECENZA
. Il concetto di pubblica decenza non va confuso con quello di pudore (v.). Tanto la decenza pubblica quanto il pudore costituiscono dei beni che il legislatore ha ritenuto degni di tutela ipotizzando nel codice penale dei fatti lesivi dell'una come dell'altro. Ma lo ha fatto separatamente. Mentre gli atti contrarî al pudore vanno riferiti direttamente alla sfera della sessualità, quelli contrarî alla pubblica decenza rispondono a un concetto più lato, in quanto abbracciano ogni comportamento, espressione o scritto contrario a quelle norme di riserbo o di convenienza che circondano in un determinato ambiente sociale le questioni di carattere sessuale: la giurisprudenza italiana è concorde nel ritenere che l'atto contrario al pudore deve estrinsecarsi in un atto di sessualità, mentre quello contrario alla pubblica decenza deve rappresentare una grave sconvenienza o indelicatezza. Il primo costituisce un delitto, il secondo una semplice contravvenzione. Gli atti contrarî alla pubblica decenza sono previsti negli articoli 725 e 726 del codice penale. Nell'art. 725 è ipotizzato il fatto di chi espone alla pubblica vista o offre in vendita o distribuisce in luogo pubblico o aperto al pubblico scritti, disegni o qualsiasi altro oggetto figurato che offenda la decenza pubblica. La pena è dell'ammenda da lire cento a diecimila. L'art. 726 prevede il fatto di compiere in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico atti contrarî alla pubblica decenza e quello di tenere in luogo pubblico o aperto al pubblico un linguaggio contrario alla decenza pubblica (turpiloquio). Nel primo caso la pena è dell'arresto fino a un mese o dell'ammenda da lire cento a duemila, nel secondo è dell'ammenda fino a lire cinquecento.