PTUJ (ted. Pettau: A. T., 77-78)
Cittadina della Iugoslavia, nel Banato della Drava, posta a 221 m. s. m., sulla riva sinistra della Drava, 23 km. a SE. di Marburgo; nel 1931 contava 4261 ab., Sloveni e Tedeschi. Notevoli tra i suoi edifici sono il Castello, su un'altura sovrastante la città, la chiesa gotica di S. Giorgio, del 1250, e il convento dei domenicani. I vigneti dei dintorni dànno vini pregiati che alimentano un attivo commercio.
Il luogo, dove poi sorse il centro romano di Poetovio o Poetovium, fu certamente abitato dapprima da una popolazione illirico-pannone, cui si sovrapposero elementi celtici; ciò è testimoniato dai ritrovamenti di tombe del periodo di Hallstadt e di quello La Tène. Essa oppose, come in genere tutto il territorio tra la Drava e la Sava, e contrariamente a quanto avvenne nel confinante regno del Norico, una notevole resistenza alla penetrazione romana. Solo con Augusto infatti fu assicurato il confine settentrionale alla Drava e probabilmente fu posto per la prima volta nella località un accampamento romano; le più antiche iscrizioni militari sepolcrali attestano che vi aveva soggiorno la legione VIII Augusta, sostituita più tardi dalla XIII Gemina, nella cui sede invernale ebbe anzi luogo l'acclamazione di Vespasiano a imperatore.
Da questa sede e dalle taverne dei legionarî e dei mercanti crebbe quel centro, menzionato per la prima volta da Tacito, che ebbe verosimilmente dai Flavî il diritto di cittadinanza, forse per compensarlo di averne tolto la legione XIII per trasportarla a Vindobona. Da Traiano le fu concesso il titolo di Colonia Ulpia Traiana Poetovio. Egli ne curò il fiorire, mettendovi veterani della guerra dacica. La città si sviluppò poi notevolmente durante il sec. II sia per i suoi ridenti dintorni, sia come importantissimo nodo stradale; per le sue vie passava tutto il commercio di Aquileia per la Pannonia e si comprende come fosse stata scelta a sede delle dogane dell'Illirico. Ebbe invece non poco a soffrire per le invasioni barbariche del sec. III, tanto che vi si riscontra di nuovo la presenza di una guarnigione; Diocleziano la staccò dalla Pannonia e l'annetté al Norico. Anche nelle guerre civili del sec. IV fu spesso teatro di cruente battaglie. La città fu probabilmente distrutta dai Goti orientali che, dopo la battaglia di Adrianopoli, devastarono anche la Pannonia; essi però finirono con lo stabilirvisi, come si rileva dalle loro tombe fatte quasi sempre di resti antichi riadoperati. Sembra quindi che, più o meno mal ridotta, abbia tuttavia sopravvissuto sino al sec. VI, cioè al periodo delle invasioni slave.
Dall'esame del materiale epigrafico risulta che nel sec. II la romanizzazione degli abitanti di Petovio era completa, per quanto sempre mescolata con elementi greco-orientali: rari sono infatti i nomi locali. Nelle recenti esplorazioni sono tornati in luce non pochi resti interessanti, fra cui due importanti mitrei, un santuario per il culto di Vulcanus-Venus, un altro per la dea Fortuna, uno per le Nutrices Augustae ed altri. Va ricordata oltre all'importante lapidario una grandiosa stele sepolcrale già usata come berlina e nota per le sue preziose sculture d'impronta romana, ma con sopravvivenze d'arte locale che ripetono il mito d'Orfeo. Poco lontano erano le sorgenti delle Aquae Iasae dove furono ritrovate numerose dediche alle Nymphae salutares di ufficiali, soldati e anche di imperatori.
Bibl.: Corpus Inscriptionum Latinarum, III, p. 510; M. Abramich, Poetovio, Vienna 1925.