PTOMAINE (dal gr. πτῶμα "cadavere")
Il chimico italiano F. Selmi dimostrò per il primo nel 1872 che nella carne putrefatta si ritrovano sempre in piccola quantità alcune basi organiche venefiche le quali presentano le reazioni generali degli alcaloidi: questi alcaloidi cadaverici furono dal Selmi chiamati ptomaine. La scoperta del Selmi fu di grande importanza per la tossicologia, perché insegnò ad evitare che nelle perizie medico-legali si facessero confusioni fra gli alcaloidi vegetali introdotti nell'organismo a scopo di veneficio e le ptomaine che sempre si formano nella putrefazione della carne. Selmi, Gautier, Brieger, Kutscher, Ackerman, ecc., isolarono diverse ptomaine, alcune venefiche, altre no. Soltanto di poche è conosciuta la costituzione chimica. Le più note sono la neurina, la putrescina, la cadaverina: a queste sono da aggiungere la putrina, la saprina, la neuridina, la marcitina, ecc. Esse prendono origine per azione dei batterî della putrefazione sulle sostanze proteiche, sui lipoidi, sugli acidi nucleici, ecc., degli organismi, dopo la morte dell'animale. Generalmente si tratta di una decarbossilazione degli ammino-acidi che in un primo tempo si formano per idrolisi delle sostanze proteiche. Così dall'ornitina (acido α-ε-diammino-valerianico) si forma la tetrametilen-diammina o putrescina
dalla lisina (acido α-ε-diammino-capronico) si forma la pentametilen-diammina o cadaverina
Analogamente sembra che la putrina si formi per decarbossilazione dell'acido diammino-triossi-dodecanico. È probabile che fra le ptomaine se ne ritrovi anche qualcuna risultante dalla decarbossilazione di qualche polipeptide (v. proteine). La neurina (idrato di trimetil-vinil-ammonio) si forma invece per eliminazione d'acqua dalla colina
la quale a sua volta si origina dall'idrolisi delle lecitine dell'organismo animale.
Avvelenamento da ptomaine. - Rientra nel quadro generale dell'avvelenamento da carni guaste, essendo etiologicamente riferibile appunto all'ingestione di carni putrefatte contenenti le ptomaine. Il quadro fenomenologico è però così caratteristico da doversi staccare dalla sintomatologia comune delle intossicazioni alimentari dominate essenzialmente da sintomi gastroenteritici. In questi casi invece il quadro è singolarmente affine a quello dell'avvelenamento da atropina, sicché si può anche parlare di ptomatropinismo. La pupilla è dilatata e rigida, le secrezioni salivare e sudorifera diminuite, o scomparse; v'è disfagia e tachicardia mentre si accompagnano a questi sintomi nervosi i fenomeni caratteristici della gastroenterite. In genere questa forma d'intossicazione decorre più mite e con esito più favorevole che non le gastroenteriti coleriformi, e il botulismo. La cura richiede uno svuotamento dell'intestino mediante enteroclismi e purganti energici somministrati magari con la sonda quando la disfagia sia grave.