psicopatia
Termine generico usato per descrivere un’alterazione psichica che, pur inducendo una condizione di comportamenti anomali e di sofferenza soggettiva, non costituisce di per sé una malattia mentale. La genericità della definizione, che ricalca quella proposta dallo psichiatra Kurt Schneider per le personalità psicopatiche, rispecchia l’incertezza del concetto di p. che, se da un lato trapassa insensibilmente nelle comuni anomalie caratterologiche (➔ personalità, disturbo della), dall’altro non sempre ha limiti netti con forme cliniche con significato di malattie mentali, quali le reazioni psicogene e le psicosi endogene. Infatti, sul piano teorico è assiomatico che la p. è presente sin dalle prime età (almeno come predisposizione sufficientemente significativa) ed è sempre connaturata con la personalità anche quando non fa parte del suo patrimonio ereditario, mentre le condizioni di malattia insorgono in un determinato momento della vita. Tuttavia non sempre è facile cogliere questo momento differenziale: nelle p. la reattività è tipicamente alterata e reazioni e sviluppi psicotici possono insorgere con relativa frequenza. Nei confronti delle psicosi endogene, cioè della schizofrenia (➔) e del disturbo ciclotimico (➔ maniaco-depressiva, sindrome), la difficoltà di differenziazione è costituita dalla possibilità di forme fruste di queste malattie: la diagnosi differenziale spesso può essere basata più su un’attenta valutazione della biografia del soggetto che sulle peculiarità della sintomatologia.