psiconeuroendocrinoimmunologia
Disciplina che studia le relazioni bidirezionali tra psiche e sistemi biologici. Nella p. convergono, all’interno di un unico modello, conoscenze acquisite, a partire dagli anni Trenta del 20° sec., dall’endocrinologia, dall’immunologia e dalle neuroscienze.
Nel 1936, Hans Selye dimostrò che la reazione di stress (➔ stress e adattamento) è indipendente dalla natura dello stimolo. Ricerche successive rafforzarono il concetto dimostrando che lo stress può essere attivato da fattori fisici, infettivi, psichici. Indipendentemente dal tipo di agente stressante, si attiva una reazione neuroendocrina e neurovegetativa che libera ormoni e neurotrasmettitori dalle surrenali. A metà degli anni Settanta, il fisiologo tedesco Hugo Besedovsky dimostrò che la reazione di stress, con l’aumento della produzione del cortisolo da parte delle surrenali, causa una soppressione della risposta immunitaria. Fu stabilito così il primo collegamento biologico tra cervello, stress e immunità. Nella seconda metà degli anni Ottanta, il fisiologo statunitense Edween Blalock dimostrò che i linfociti hanno recettori per gli ormoni e i neurotrasmettitori prodotti dal cervello e che, al tempo stesso, producono ormoni e neurotrasmettitori del tutto simili a quelli cerebrali. Venne così dimostrata la comunicazione bidirezionale tra cervello e immunità.
È stato dimostrato che le fibre nervose periferiche, quelle che innervano l’insieme dell’organismo, rilasciano sostanze (neuropeptidi) che attivano o sopprimono la risposta immunitaria, mostrando così, per la prima volta, la possibilità che un’infiammazione abbia un’origine nervosa (infiammazione neurogenica). Al tempo stesso è ormai chiaro che le citochine rilasciate dalle cellule immunitarie, viaggiando con il sangue o con i grandi nervi cranici (come il nervo vago), sono in grado di portare segnali fin dentro il cervello, e quindi di influenzare sia le attività biologiche (febbre, fame, sazietà, ecc.) sia quelle psicologiche (ansia, depressione). Gli anni Novanta hanno visto una crescita significativa degli studi sulla neurobiologia delle emozioni. La disregolazione del sistema dello stress da parte di emozioni, traumi ed eventi stressanti in genere altera potentemente l’assetto e il funzionamento del sistema immunitario. Se nel breve periodo il cortisolo, l’adrenalina e la noradrenalina (catecolammine) hanno un effetto tonificante anche sull’immunità, nel medio-lungo periodo queste sostanze collocano la risposta immunitaria su una posizione inadatta a combattere virus e tumori. Analogamente, la disregolazione dell’asse dello stress può favorire lo sviluppo di malattie autoimmuni di vario tipo. Sul finire degli anni Novanta, i lavori del neuroscienziato statunitense Robert Sapolsky e di altri hanno dimostrato che l’alterazione del sistema dello stress e la sovrapproduzione di cortisolo possono causare atrofia dell’ippocampo, area cerebrale deputata alla formazione della memoria a lungo termine. Studi a cavallo del 21° sec. dimostrano che anche patologie come l’aterosclerosi e le cardiopatie in genere sono fortemente condizionate dall’umore: la depressione, con la sovrapproduzione di cortisolo e catecolammine, contribuisce ad alterare la parete interna dei vasi, favorendo la formazione della lesione aterosclerotica. Così, taluni infarti e altri eventi cardiaci acuti, in presenza di disturbi dell’umore, possono trovare spiegazione nelle alterazioni vascolari prodotte dalle catecolammine e dallo squilibrio nel sistema della serotonina, la cui concentrazione diminuisce nel cervello, con effetti depressivi, mentre aumenta nel sangue con effetti di incremento della aggregazione piastrinica (effetti protrombotici). Infine, ricerche del primo decennio del 21° sec., a opera soprattutto dello psichiatra belga Michael Maes e del neurobiologo francese Robert Dantzer, hanno dimostrato che una disregolazione immunitaria in senso infiammatorio può essere responsabile della sintomatologia che tradizionalmente viene riferita ai ‘disturbi di somatizzazione’ nonché ai tipici sintomi ‘psicosomatici’, che accompagnano sia disturbi di cui si occupano la psicologia e la psichiatria (ansia, depressione, sindrome da fatica cronica), sia disordini di carattere più propriamente medico (malattie autoimmuni, cancro).
Con la p. viene a profilarsi un modello di ricerca e di interpretazione della salute e della malattia che vede l’organismo umano come una unità strutturata e interconnessa, dove i sistemi psichici e biologici si condizionano reciprocamente. Ciò fornisce la base per prospettare nuovi approcci integrati alla prevenzione e alla terapia delle più comuni malattie, soprattutto di tipo cronico, e, al tempo stesso, configura la possibilità di andare oltre la storica contrapposizione filosofica tra mente e corpo nonché quella scientifica, novecentesca, tra medicina e psicologia, superandone i rispettivi riduzionismi, che assegnano il corpo alla prima e la psiche alla seconda.