psicologia
Scienza che studia i processi psichici, coscienti e inconsci, cognitivi (percezione, attenzione, memoria, linguaggio, pensiero ecc.) e dinamici (emozioni, motivazioni, personalità ecc.). Insieme alla p. razionale o filosofica, che ricerca il principio ontologico dell’attività psichica, si è sviluppata a partire dall’Ottocento una p. empirica o scientifica, la quale indaga sui processi psichici adottando metodi sperimentali.
Dopo i primi tentativi ‘meccanicistici’ del filosofo e padagogista tedesco Johann Friedrick Herbart (1776-1841), e soprattutto del fisico e psicologo tedesco Gustav Theodor Fechner (1801-1887), di applicare strumenti matematici allo studio dei fenomeni psichici, nel 1879 il fisiologo e psicologo tedesco Wilhelm Wundt (1832 - 1920) fondò il primo importante laboratorio sperimentale a Lipsia. Nasceva così la p. sperimentale (o p. fisiologica) propriamente detta, il cui oggetto di studio sono i processi e gli stati di coscienza; per la p. sperimentale sussiste una relazione costante fra stati di coscienza e stimolazioni esterne, tutti i dati psichici sono riconducibili mediante analisi a elementi semplici e i contenuti complessi sorgono per associazione di elementi semplici. Questi presupposti teorici sono stati però messi via via in crisi dall’evoluzione della p. scientifica nel 20° secolo.
Superando il modello ottocentesco della formazione delle strutture della psiche tramite i processi associativi che si presentano con maggiore frequenza alla coscienza, agli inizi del Novecento si impose, soprattuto in Germania la p. della forma (teoria della Gestalt), secondo la quale ogni percezione si presenta alla coscienza come un tutto unico non risolvibile in componenti più elementari, in quanto questi sono organizzati in strutture definite che si modificano reciprocamente risultando in una forma (in ted. Gestalt) determinata; i fondatori del movimento furono Max Wertheimer (1880-1943), il tedesco Kurt Koffka (1886-1941), Wolgang Köhler (1887-1967), tutti attivi a Berlino. I sostenitori del comportamentismo (o behaviorismo), capeggiati dallo psicologo americano John Broadus Watson (1878-1958), sostituivano invece al metodo dell’introspezione lo studio del comportamento esteriore e negavano il presupposto che gli stati della coscienza pottessero essere oggetto delle ricerche psicologiche; il comportamentismo fu anche influenzato dagli studi fisiologici sui riflessi condizionati di I.P. Pavlov. Il comportamentismo cominciò a declinare intorno alla seconda metà degli anni Cinquanta con lo sviluppo del cognitivismo, che rivalutava lo studio dei processi interni della mente, sostenendo però che ai contenuti mentali si potesse accedere come a quelli della ‘realtà esterna’, ossia tramite studi sperimentali eseguiti secondo precisi standard metodologici. In modo più radicale il costruttivismo, specie di scuola americana, postula l’idea che non solo la conoscenza, ma l’intera realtà (individuale, sociale, scientifica) sia un prodotto ‘costruito’ dal soggetto conoscente. Parallelamente alla nascita della p. della forma e del comportamentismo, agli inizi del Novecento, S. Freud teorizza e fonda una p. del profondo che apre un filone del tutto originale nell’ambito della psciologia; l’approccio psicoanalitico di Freud assume molto rapidamente una precisa configurazione autonoma distaccandosi dalle altre scuole psicologiche e, a sua volta, ramificandosi in più sviluppi, anche in contrasto tra loro.
Il progresso delle ricerche sui rapporti tra processi fisiologici (in partic. neurofisiologici) e processi psichici è stato accelerato nell’ultimo decennio del 20° secolo. Alcuni ricercatori hanno sostenuto che i processi psichici si fondano su sistemi neuronali altamente specializzati, mentre altri studiosi ritengono che le operazioni mentali avvengano in modo diffuso in tutto il cervello (secondo il modello delle reti neurali). I nuovi risultati della p. fisiologica e delle neuroscienze (➔) hanno pertanto permesso di approfondire lo studio delle relazioni tra cervello e mente (➔): mentre alcuni filosofi e neuroscienziati hanno sostenuto l’irriducibilità dei processi psichici a processi cerebrali, altri ritengono che le funzioni mentali possano essere interamente spiegate in termini neurofisiologici.