Decisione, psicologia della
di Rino Rumiati
La psicologia della d. si occupa dei processi mentali che guidano le scelte degli individui. Prendere una d. significa per lo più confrontare due o più opzioni rispetto a un certo numero di caratteristiche ed esprimere una preferenza riguardo all'opzione che, più delle altre, sembra soddisfare i criteri di accettabilità stabiliti dal decisore.
Il processo di scelta razionale. - L'approccio tradizionale allo studio della d. ha come obiettivo l'analisi della d. razionale. Oggetto di studio di matematici ed economisti fin dagli inizi del Settecento, questa analisi ha l'intento di definire i criteri in base ai quali stabilire se una scelta è stata fatta in maniera razionale. Una nozione centrale di tale analisi è quella di utilità attesa, ossia il valore soggettivo che gli individui attribuiscono a un'opzione. Poiché spesso le d. vengono prese in condizioni di incertezza, gli individui dovrebbero valutare gli esiti incerti ponderando le rispettive utilità con la probabilità di accadimento. La teoria dell'utilità attesa nella sua versione classica fu sistematizzata dal matematico J. von Neumann e dall'economista O. Morgenstern nella celebre opera Theory of games and economic behavior (1944), il cui obiettivo primario è descrivere come dovrebbero comportarsi gli individui se volessero compiere scelte ottimali.
Il principio del risultato soddisfacente
L'apporto della psicologia allo studio della d. acquistò un ruolo decisamente innovativo negli anni Settanta grazie alle intuizioni e alle ricerche di H.A. Simon. Partendo dalla constatazione che il comportamento di scelta effettivo degli individui costituisce una violazione sistematica della teoria dell'utilità attesa, Simon faceva rilevare come tale teoria, non essendo in grado di descrivere e prevedere il comportamento effettivo del decisore, non avesse validità psicologica. Propose pertanto un approccio alternativo in grado di indicare un principio in base al quale gli individui prendono le d.: secondo tale approccio gli individui fanno normalmente scelte soddisfacenti, scelgono cioè corsi di azione che soddisfano i bisogni più importanti, anche se la scelta non si configura come quella ottimale.
La teoria del prospetto
Il convincimento che la teoria dell'utilità attesa non potesse essere considerata psicologicamente valida favorì l'elaborazione, nel 1979, della teoria del prospetto da parte di D. Kahneman e di A. Tversky. La nozione centrale di questa teoria è la funzione del valore, rappresentabile con una sigmoide la cui parte concava si riferisca ai guadagni e quella convessa alle perdite; questa caratteristica rende conto del fatto che generalmente quanto più si perde tanto più si è inclini a rischiare, mentre quanto più si guadagna tanto più si diventa prudenti. La seconda caratteristica è che il valore è definito in termini di guadagni e di perdite rispetto a un punto di riferimento che costituisce lo status quo, e non in termini di benessere totale. La terza caratteristica, infine, è che la curva è più ripida nel caso delle perdite che nel caso dei guadagni. Ciò cattura la tendenza degli individui a provare maggior dolore per la perdita di un certo valore rispetto al piacere generato da un guadagno di pari entità. Gli individui trattano infatti le perdite più seriamente dei guadagni: questa asimmetria viene denominata avversione alle perdite.
La teoria del prospetto spiega alcuni importanti effetti. Il primo riguarda la tendenza naturale degli individui a sopravvalutare gli esiti considerati certi rispetto agli esiti probabili. Il secondo effetto, denominato pseudocertezza, si riferisce al fatto che la certezza è più apparente che reale. Il terzo è quello denominato effetto riflesso, che emerge quando i segni degli esiti sono rovesciati, cosicché i guadagni sono sostituiti dalle perdite. In questo caso si preferisce quindi una perdita maggiore, ma non sicura, laddove si preferiva un guadagno minore, ma certo. In altre parole, si osserva che le preferenze date dagli individui ai prospetti con segno positivo sono speculari a quelle date agli stessi prospetti con segno negativo.
La teoria del frame
Gli effetti esaminati si riflettono nella teoria del frame, nozione molto utilizzata in psicologia dei processi cognitivi. I frames sono strutture mentali che semplificano e guidano la comprensione di una realtà complessa, costringono a vedere il mondo da una particolare e limitata prospettiva e aiutano a fare utili connessioni e a non essere distratti da quelle irrilevanti. Tuttavia, i frames influenzano le scelte in diversi ambiti di attività e determinano un sistematico rovesciamento delle preferenze, pur essendo i dilemmi decisionali strutturalmente simili. Per es., in un esperimento eseguito da J.E. Russo e P.J.H. Shoemaker (1989), veniva utilizzato un compito di scelta tra un'opzione certa e una rischiosa. A tutti i partecipanti veniva presentato uno scenario formulato nel modo seguente: "Un importante gruppo automobilistico è stato recentemente colpito da un certo numero di difficoltà economiche e sembra perciò che debbano essere chiusi 3 stabilimenti e licenziati 6000 operai. Il responsabile della produzione sta esplorando le alternative per evitare questa crisi e ha prospettato due piani". Successivamente a un gruppo veniva chiesto di scegliere tra le due opzioni corrispondenti ai due piani.
a) Questo piano consentirà di salvare uno dei tre stabilimenti e 2000 posti di lavoro.
b) Questo piano ha 1/3 di probabilità di salvare tutti e 3 gli stabilimenti e tutti i 6000 posti di lavoro, ma ha 2/3 di probabilità di non salvare nessuno stabilimento e nessun posto.
A un altro gruppo di partecipanti veniva chiesto di scegliere tra le due opzioni corrispondenti ai due piani:
c) Questo piano avrà come conseguenza la chiusura di 2 dei tre stabilimenti e la perdita di 4000 posti di lavoro.
d) Questo piano ha 2/3 di probabilità di perdere tutti e 3 gli stabilimenti e tutti i 6000 posti di lavoro, ma ha 1/3 di probabilità di non perdere nessun stabilimento e nessun posto.
Entrambe le coppie di opzioni hanno lo stesso valore atteso, pur essendo formulate le prime due in termini positivi o di guadagno e le seconde due in termini negativi o di perdita. Ciò nonostante, i partecipanti preferivano l'opzione certa quando dovevano scegliere tra opzioni formulate positivamente, mentre preferivano l'opzione rischiosa quando dovevano scegliere tra opzioni formulate negativamente. Ciò dipende dal punto di riferimento assunto dai decisori per effetto del frame adottato. Infatti, quando le opzioni sono formulate in termini positivi, i 2 stabilimenti e i 4000 posti di lavoro in più che potrebbero essere salvati scegliendo l'opzione rischiosa nel primo problema hanno un'utilità soggettiva molto inferiore rispetto ai 2 stabilimenti e ai 4000 posti di lavoro in più che potrebbero "non andare perduti" scegliendo nella seconda coppia di opzioni quella rischiosa.
Il rovesciamento delle preferenze come violazione dell'invarianza procedurale
Il rovesciamento delle preferenze è stato osservato anche come effetto della diversa procedura adottata per esprimere la preferenza e ciò costituisce una violazione del principio normativo dell'invarianza procedurale. Per es., se si chiede a dei soggetti di scegliere tra coppie di scommesse che possono variare perché offrono una vincita elevata con una bassa probabilità e una vincita modesta con una elevata probabilità, la maggioranza sceglie le scommesse che hanno un'alta probabilità di vincita anche se la somma è bassa. Se invece si chiede agli stessi soggetti di valutare ciascuna delle scommesse esprimendo il prezzo che sono disposti ad accettare per cederle, generalmente i partecipanti indicano un prezzo più elevato per le scommesse che offrono la vincita più elevata.
L'effetto dotazione
L'avversione alle perdite spiega anche il cosiddetto effetto dotazione, spesso alla base di una tendenza osservata in ambito finanziario, che si manifesta nel vendere i titoli 'vincenti' più velocemente rispetto a quelli 'perdenti' e dal quale non sono immuni neanche gli esperti (Shefrin 2000). L'effetto è stato osservato sperimentalmente da Kahneman, J.L. Knetsch e R.H. Thaler (1990), dimostrando che gli individui sono disposti a privarsi di un bene a un prezzo superiore a quello che sarebbero disposti a pagare per avere lo stesso bene. I tre ricercatori chiedevano a un primo gruppo di studenti di esprimere il prezzo di vendita di una di quelle tazze che si possono acquistare nei campus che gli stessi ricercatori avevano dato in regalo. A un secondo gruppo era stata invece data in regalo una busta contenente 6 dollari che avrebbero potuto utilizzare per l'acquisto della tazza. A un terzo gruppo, infine, era stato dato un buono che poteva essere convertito o in una tazza da caffè o in 6 dollari. Tutti gli studenti venivano riuniti e, dopo averli informati che la tazza era in vendita a 6 dollari presso il negozio dei gadget del campus, venivano invitati a iniziare trattative gli uni per l'acquisto e gli altri per la vendita della tazza. I risultati ottenuti mostrarono che, mentre coloro che avevano ricevuto in regalo la tazza pretendevano una somma superiore ai 6 dollari, coloro che avevano ricevuto in regalo la somma di denaro offrivano una somma inferiore a quanto posseduto. Coloro che avevano ricevuto il buono, infine, manifestavano un comportamento del tutto simile a quello dei possessori della somma. Il dato più importante che emerge da questo esperimento è che per i possessori della tazza l'incremento del prezzo è quanto costoro ritengono di ottenere per essere compensati per la rinuncia al possesso del bene.
I conti mentali
Molte d. in ambito economico sono influenzate da un particolare modo di rappresentare gli elementi in gioco (costi, guadagni, benefici, sconti) in una modalità del tutto particolare, organizzando cioè i problemi decisionali in conti mentali. Per es., alcune persone potrebbero decidere di acquistare un'auto facendo ricorso a un prestito bancario pagando un interesse maggiore di quello che si otterrebbe alimentando un fondo di accumulazione. La razionalità economica suggerisce che sarebbe meglio pagare l'auto con le disponibilità finanziarie proprie ed eventualmente ricorrere al prestito solo per la quota rimanente. Ma il comportamento appena descritto si può spiegare con il fatto che le persone organizzano in categorie mentali etichettate, o in conti mentali, le proprie attività economiche. Secondo Thaler (1999), che ha introdotto questa nozione, i conti mentali sono sistemi di registrazione mentale delle operazioni in base alle quali gli individui strutturano e derivano le loro d. economiche. La descrizione di tali sistemi di registrazione permette di comprendere le regole in base a cui vengono strutturati, regole che spesso violano dei principi economici, come, per es., quello della fungibilità, per il quale il denaro inserito in un conto mentale dovrebbe corrispondere allo stesso denaro contenuto in un altro conto mentale.
Scelte conflittuali
Molto spesso gli individui si trovano a dover affrontare d. in situazioni di conflitto, in particolare in presenza di una similarità percepita delle alternative di scelta: in tali casi la tendenza dei decisori è quella di non esprimere la preferenza ma differire la scelta per poter disporre di ulteriori alternative o informazioni per decidere. Così, per es., in un esperimento in cui a degli studenti universitari americani erano state presentate due opzioni costituite da un appartamento x con un affitto di 290 dollari al mese ma distante 25 minuti dall'università e un appartamento y con un affitto di 350 dollari al mese ma distante 7 minuti dall'università, e veniva loro chiesto di esprimere la preferenza per una delle due opzioni o cercare delle alternative rischiando di perdere uno o entrambi gli appartamenti trovati, la maggioranza (62% del campione) sceglieva di cercare un'alternativa. Di un altro gruppo di soggetti a cui veniva chiesto di scegliere tra un appartamento x con un affitto di 290 dollari al mese ma distante 25 minuti dall'università e un appartamento z con un affitto di 350 dollari al mese ma distante 25 minuti dall'università, oppure se continuare la ricerca di un'alternativa con il rischio di perdere uno o entrambi gli appartamenti trovati, solo meno della metà del campione (48%) sceglieva la ricerca di un'alternativa aggiuntiva. È evidente che nel primo caso la situazione conflittuale determinata dal fatto che le opzioni presentano pro e contro in maniera asimmetrica impone ai decisori di tentare di trovare un'alternativa che consenta loro di risolvere il conflitto. Al contrario, nella seconda situazione, in cui un'alternativa domina l'altra su una caratteristica, diventa meno difficile esprimere la preferenza.
Gli effetti di contesto sulle scelte
Anche gli effetti di contesto possono influenzare l'espressione della preferenza. In teoria i decisori dovrebbero essere insensibili all'introduzione di nuove opzioni, soprattutto nel caso che queste ultime fossero obiettivamente irrilevanti per la scelta, trattandosi di opzioni dominate da quelle attualmente disponibili. È stato dimostrato, invece, che l'aggiunta di una nuova opzione può addirittura modificare la distribuzione originaria delle preferenze. Questo fenomeno, denominato effetto di attrazione, inizialmente osservato nell'ambito del comportamento del consumatore, è stato provato sperimentalmente da I. Simonson e A. Tversky (1992). Essi chiedevano a un gruppo di persone di scegliere tra una modesta quantità di denaro e una penna elegante. In questa condizione, il 64% dei partecipanti preferiva la penna elegante. In una nuova condizione, oltre alla modesta somma di denaro e alla penna elegante, veniva invece presentata anche una penna chiaramente meno attraente e veniva chiesto ai partecipanti di esprimere una preferenza. La nuova alternativa era evidentemente dominata da una delle due alternative originarie - cioè la penna elegante - e pertanto non avrebbe dovuto avere alcun effetto sull'espressione di preferenza di questo secondo gruppo di partecipanti. Tuttavia la presenza della nuova opzione spostava le preferenze in maniera significativa, con un aumento di dieci punti percentuali, sulla penna elegante.
Le decisioni in situazione di stress
In certe condizioni gli individui non hanno la possibilità di strutturare un dilemma decisionale che consenta loro di confrontare le alternative. Ciò si verifica per lo più in quelle circostanze in cui il problema è complesso e mal strutturato, l'informazione è incompleta, ambigua e mutevole, gli obiettivi sono in competizione tra loro, i vincoli temporali e l'elevata posta in gioco danno origine a un elevato livello di stress e, infine, nella d. sono coinvolti più soggetti. Una situazione che bene esemplifica una di queste circostanze è quella in cui può trovarsi il comandante di una pattuglia militare in zona di operazioni o il capo di addetti alla protezione civile o di vigili del fuoco che debbano fronteggiare un'emergenza. G. Klein (1998) ha mostrato quale può essere il processo decisionale adottato in condizioni di stress da esperti in differenti ambiti dell'agire umano, come, per es., l'ambiente militare, l'ambiente sanitario, l'ambiente della protezione civile. Tale procedura, denominata presa di decisione attivata dal riconoscimento, è caratterizzata dal fatto che i decisori esperti non prendono in esame diverse opzioni ma procedono categorizzando velocemente la situazione che hanno di fronte come esempio di una situazione prototipica, anche se del tutto nuova. In tal modo possono attivare la soluzione appropriata associata alla categoria di situazioni che si deve fronteggiare.
Decisione e valutazione del benessere
Un aspetto affrontato recentemente riguarda le d. connesse con le valutazioni dello stato di benessere in cui gli individui attualmente si trovano o che, a seguito delle proprie d., ritengono di poter raggiungere. Intuitivamente, dovremmo attenderci che un individuo colpito da un danno permanente o beneficiato da un inaspettato colpo di fortuna non dovrebbe mantenere a lungo il suo stato affettivo derivante dal trovarsi in una delle due condizioni. In realtà, se si domanda alle persone di valutare il benessere o il malessere di un paraplegico o di un vincitore di lotteria, si ottengono giudizi controintuitivi basati sullo specifico cambiamento di stato, mentre vengono sottovalutati gli innumerevoli aspetti della vita rimasti uguali. Perciò si pensa che un individuo colpito da un danno irreversibile continui a stare peggio e, viceversa, chi è stato beneficiato dalla fortuna continui a stare meglio, poiché si confronta il suo stato di malessere o di benessere con quello di chi non ha provato tali esperienze. Quindi gli individui si costruiscono le proprie impressioni di benessere o malessere sulla base dei cambiamenti, focalizzando l'attenzione su alcuni aspetti salienti della condizione soggettiva attuale. L'effetto di questa distorsione, denominata illusione di focalizzazione, responsabile dell'incapacità degli individui di predire il loro stato di benessere o di malessere, è stato dimostrato da una ricerca compiuta da D.A. Schkade e Kahneman (1998). La ricerca è stata condotta su un ampio gruppo di studenti metà dei quali risiedeva nelle università del Midwest (Ohio e Michigan) e l'altra metà in quelle della California (Los Angeles e Irvine). Il loro compito era quello di giudicare la propria contentezza e quella degli studenti dell'altro Stato in relazione sia alla vita in generale, sia a suoi aspetti specifici quali il lavoro, lo studio, le finanze, la sicurezza personale, lo svago, la vita culturale e sociale, la bellezza del posto, il clima in generale e i climi estivi e invernali. Inoltre, essi dovevano stimare quanto ciascuno di quegli aspetti fosse rilevante nel determinare lo stato generale di benessere. I risultati misero in luce una forte differenza tra le valutazioni di benessere o di malessere attribuiti al clima altrui rispetto alle valutazioni riguardanti il proprio benessere: gli studenti del Midwest e quelli californiani dichiaravano in media di stare bene allo stesso modo. Quando giudicavano il loro benessere globale si concentravano sugli aspetti della vita che giudicavano più rilevanti e ciò spiega come mai non ci fossero differenze finali nei giudizi sul proprio stato di benessere. L'effetto focalizzazione relativo al benessere indotto dal vivere altrove spiega come mai, quando la gente effettivamente si trasferisce, scopre che il suo stare meglio non è pari a quanto si aspettava. Tale effetto, infine, può condurre la gente a fare previsioni sulla transizione da un certo grado di benessere a un altro piuttosto che sullo stato finale.
Bibliografia
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