psicologia cognitiva
Branca della psicologia che si rivolge allo studio del modo in cui l’informazione viene acquisita, elaborata, archiviata e recuperata dal cervello. Processi percettivi, attenzione, memoria, linguaggio ed emozione sono al centro della p. c. che oggi si concentra sempre più sulle cosiddette funzioni esecutive, vale a dire quei processi decisionali che consentono di programmare un comportamento rispondente a uno scopo particolare, monitorare lo stato della sua esecuzione, correggerne la rotta a seconda dei risultati ottenuti e delle modifiche che si verificano nell’ambiente. In sostanza, la p. c. studia il funzionamento della mente come interfaccia tra attività cerebrale neurofisiologica e comportamento.
La tesi estrema, quella dell’intelligenza artificiale (➔), assimila la mente a un software (anche detto mindware) che elabora l’informazione proveniente dall’esterno (input) e restituisce informazione (output) sotto forma di rappresentazione della conoscenza, implementata, appunto, nelle funzioni esecutive che sono alla base dei processi decisionali. Dal punto di vista storico, negli anni Settanta del 20° sec. l’elaborazione dell’informazione fu al centro dei modelli della p. c., in partic. delle analisi dello psicologo George A. Miller, che assimilava il comportamento a un processo di elaborazione, non diversamente da quanto avviene nell’intelligenza artificiale (IA) dei computer. Questa concezione venne criticata da uno dei maggiori psicologi cognitivisti, Ulric Neisser, il quale affermava che il cognitivismo aveva consentito importanti raggiungimenti nel campo dei processi cognitivi ma che spesso i suoi modelli erano relativi a situazioni di laboratorio, difficilmente estrapolabili a quanto avviene nella vita quotidiana, ovverosia nell’ambito di un approccio ‘ecologico’ alle funzioni mentali.
Con gli anni Ottanta, l’approccio classico della p. c., basato principalmente sull’analisi dell’informazione improntata all’IA, si trasformò in un approccio che teneva conto di fenomeni come la coscienza, la produzione di immagini mentali, i rapporti tra emozione e cognizione. Tuttavia l’aspetto centrale di questa trasformazione riguardava le nuove acquisizioni nel campo delle neuroscienze. Con lo sviluppo di tecniche per lo studio dell’attività cerebrale, in partic. dell’imaging cerebrale funzionale (➔ imaging cerebrale funzionale, aspetti tecnici), la p. c. si è fusa, se non trasformata, in neuroscienza cognitiva: la caratteristica principale di questo approccio è considerare la mente come ciò che fa il cervello, ovverosia la comprensione di quei sistemi e sottosistemi neurali che implementano diverse funzioni cognitive. Sulla base di questo criterio viene rivolta particolare attenzione alla corteccia prefrontale, la struttura che è in grado di integrare tutte le informazioni disponibili nelle altre aree corticali e strutture sottocorticali, svolgendo quindi un ruolo centrale nei processi esecutivi e cognitivi, dalla presa di decisioni ai giudizi morali. I più recenti studi di imaging hanno infatti dimostrato che la regione anteroinferiore del lobo frontale, la corteccia prefrontale, ha un importante ruolo in numerose funzioni di tipo esecutivo, legate cioè all’esecuzione di compiti diversi: per es., la corteccia prefrontale dorsolaterale è coinvolta nella memoria di lavoro, quella orbitofrontale e ventrolaterale sono invece implicate in vari aspetti della presa di decisione e negli aspetti emozionali delle funzioni cognitive. Nella faccia interna dei due emisferi, al di sopra del corpo calloso, è situata un’altra area della corteccia frontale, la corteccia cingolata, che entra in gioco in disparati aspetti dell’attenzione e della memoria. L’esistenza di specifici rapporti tra struttura e funzione ha portato a una concezione del cervello – e quindi della mente – di tipo modulare, secondo cui esisterebbero varie strutture (moduli) responsabili dei diversi aspetti delle funzioni cognitive.
La p. c. – o scienza cognitiva – è quindi oggi una disciplina decisamente multidisciplinare che spazia dall’informatica, alla filosofia e alle neuroscienze. In tempi più vicini, sono anche state valutate le dinamiche cognitive che riguardano lo sviluppo del pensiero nel contesto sociale. Questi sviluppi hanno il loro nucleo teorico negli studi di Albert Bandura che ha costruito un’analisi dei processi cognitivo-emotivi incentrata sulle circostanze sociali: per es., le decisioni di un soggetto possono essere fortemente influenzate, sia dal punto di vista emotivo sia logico, dall’approvazione o dalla riprovazione sociale. Dal punto di vista prettamente neuroscientifico, gli studi sui neuroni specchio (➔ neurone, Neuroni specchio) indicano che l’azione, e più in generale la decisione di intraprendere un’azione, così come le interazioni sociali, vengono anche sostenute da una sorta di ponte che si verifica tra l’attore e l’osservatore, possibile grazie all’attivazione di neuroni, prevalentemente situati nella corteccia frontale, che pongono in sintonia menti e cervelli di persone diverse. Le ricadute della p. c. sono oggi molteplici e spaziano dalla cosiddetta neuroetica (le basi cerebrali di alcune scelte morali), alla neuroeconomia (➔), al neuromarketing (analisi di scelte, desideri ed emozioni di un possibile acquirente), tutti settori in cui si ricerca uno stretto rapporto tra predisposizioni cerebrali, ragionamento, emozione e scelte: questi rapporti sono accentuati dai modelli sperimentali proposti dai ricercatori.