PSIAX (ΦΣΙΑΧΣ)
Ceramografo attico identificato quasi per comune accordo con il Pittore di Menon precedentemente più noto e studiato. È attivo circa l'ultimo venticinquennio del VI sec. a. C. e rappresenta una delle personalità più significative e più artisticamente elevate nella fase di trapasso tra la tecnica a figure nere e quella a figure rosse. Il nome di P. come pittore appare su due alàbastra del vasaio Hilinos (Carlsruhe e Odessa) e senza alcuna qualifica su due coppe.
G. M. A. Richter nel pubblicare una grande coppa del Metropolitan Museum (Amer. Journ. Arch., 1934, 543) propose di riunire il gruppo di P. a quello più ampio e meglio studiato del Pittore di Menon. Una voce discorde si è avuta con W. H. Gross, che di nuovo sostiene la necessità di separare i due gruppi che andrebbero attribuiti a due personalità vicine, ma non sovrapponibili. E un certo disagio sembra avvertito anche da J. D. Beazley, che, nel suo scrupolo di ordinatore lucidissimo di una materia così intricata, scrive di aver pensato ad un Pittore dell'aröballos rubato di Bologna, distinto dal Pittore di Menon.
In effetti il problema è di ricondurre il più solenne e maestoso pittore di grandi vasi al creatore delle appuntite, pungenti figurine degli alàbastra e dell'aröballos scomparso. Una difficoltà in sostanza che può ridursi a una fedeltà al genere scelto, e che comporta un linguaggio diverso per tipi così diversi di vasi impiegati. Divergenze, e anche alle volte differenze di livello artistico non superiori in fondo a quelle che I. D. Beazley ha rilevato tra le pitture a fondo bianco del tondo interno e quelle esterne a figure rosse del Pittore di Pistoxenos e di altri.
Una qualità assolutamente unica di P. è il dominio assoluto delle due tecniche e l'agevolezza con cui passa dall'una all'altra. Quei tentativi di "versione" comuni nel Pittore di Andokides, vale a dire la ripetizione dello stesso schema figurativo nelle due tecniche sulle pareti di uno stesso vaso, quasi ad esplorare le possibilità dei due modi di espressione, avevano in sé uno spunto programmatico che li impoverisce. Mentre d'altra parte è indubbio che l'artista che dipinge i lati a figure nere del Pittore di Andokides un tempo identificato con il Pittore di Lysippides, in seguito considerato lo stesso Pittore di Andokides e ora di nuovo proposto come una personalità separata, non è in ogni modo all'altezza del suo collega a figure rosse. Quindi anche nel caso che convenga ridurre questi due gruppi di pitture ad una sola personalità, si può dire che al raffinamento formale e all'energia nervosa e vivida che l'artista porta nelle pitture a figure rosse, corrisponde nelle figure nere un fare più trito e convenzionale, come se la vecchia tecnica lo avvilisca e gli dia il crampo alla mano. P. si esprime invece con la stessa dominatrice finitezza nelle due tecniche, e persino nei suoi vasi bilingui riesce a raggiungere un equilibrio e un'unità di espressione assolutamente sorprendente. Il fatto stesso, ripetutamente rilevato da H. R. W. Smith e dalla Richter, dell'impiego di ritocchi a graffito nella tecnica a figure rosse può valere a indicare l'assoluta ambivalenza dei due mezzi tecnici di espressione, pennello e punta metallica.
D'altra parte, se praticamente tutti gli studiosi concordano nel considerare P. uno dei più grandi maestri del graffito che sia mai esistito e come l'ultima grande figura della tecnica a figure nere, i giudizî sul pittore a figure rosse sono decisamente meno entusiastici. Fatto che si può, almeno in parte, spiegare se si osserva il gran numero di personalità di primo piano che si sviluppano accanto a lui nel nuovo linguaggio a figure rosse, contro il relativo letargo nel campo della vecchia tecnica. Mentre è indubbio che i conoscitori d'arte greca sono talmente avversi a domandare agli artisti di questo periodo una vitalità fervida, dilagante, appunto perché questa è, o è sembrata, la nota essenziale del momento, che sono portati a giudicare severamente certi atteggiamenti quieti e raccolti di Psiax. Indubbiamente nelle sue opere più vaste ed elaborate, quali l'anfora bilingue di Madrid, il tono è di massima grave e compassato con figurazioni solenni e statiche, con sontuose, raffinatissime figure tutte chiuse in loro stesse, isolate e severamente circoscritte. D'altra parte questo spettacolare silenzio, questo tono di solenne cerimoniale non è l'unica nota che abbiamo da Psiax. Non occorre ricordare le immagini animate e pungenti dell'aröballos di Bologna, l'appassionato sperimentare di scorci arditi e di novità formali nella coppa a occhioni di Monaco: aspetti questi che completano l'immagine prima e tradizionale del pittore. Qualora poi si volesse misurare l'altezza espressiva di P. nei suoi momenti di quiete basterà ricordare l'hydrìa a figure nere di Berlino con la preparazione del carro che è indubbiamente una delle opere più perfette che esistano nel mondo della ceramografia. Il quadro offre una superba architettura di pieni e di vuoti di figure nere alternate a vesti bianche miracolosamente equilibrate. Scalati tra i cavalli gli uomini silenziosamente intenti al loro lavoro sembrano ritrovare quel profondo soffio di poesia con cui Omero rappresenta le semplici azioni umane, come un rituale grave e sereno e nobilmente quotidiano. Una scena del genere trattata da colui che I. D. Beazley chiama il "fratello" di P., il Pittore di Antimenes, con le sue figurine frivole e affaccendate può farci meglio intendere la solenne poesia che ha ispirato questa figurazione.
P. ha collaborato con i ceramisti Menon (anfora di Philadelphia), Hilinos (alàbastra di Carlsruhe e Odessa) e Andokides.
Bibl.: J. D. Beazley, in Journ. Hell. St., XXXIII, 1913, p. 143; E. Buschor, Griech. Vasenm., Monaco 1921, p. 152; E. Langlotz, Zeitbestimmung, Lipsia 1920, p. 20; E. Pfuhl, Mal. u. Zeichn., Monaco 1923, p. 287; J. D. Beazley, Vasenm. rot-fig., pp. 9; 467; H. R. W. Smith, New Aspects of the Menon Painter, Berkeley 1929; G. M. A. Richter, in Am. Journ. Arch., XXXVIII, 1934, p. 547; N. Gross, in Wüzburger Festgabe für Bulle, Stoccarda 1938, p. 47 ss.; G. M. A. Richter, in Am. Journ. Arch., XLIII, 1939, p. 645; J. D. Beazley, Red-fig., p. 7; id., Development, p. 78; id., Black-fig., 1956, p. 292.