PLACIDO, pseudonimo di Gabriel de La Concepción Valdés
Poeta cubano, nato il 18 marzo 1809 a Matanzas, dove fu fucilato il 28 giugno 1844. Figlio d'una ballerina spagnola e d'un parrucchiere mulatto, Plácido ebbe una giovinezza oscura e stentata, a cui gli anni portarono, insieme con la notorietà, il martirio e la morte precoce. Poté fare appena le scuole elementari, costretto subito al duro lavoro; prima come apprendista tipografo, poi artigiano e bottegaio, finché per la liberalità d'un certo Plácido Puentes (il cui nome egli adottò in segno di gratitudine) riuscì a sviluppare le proprie inclinazioni letterarie. Si avvicinò alla poesia spagnola e agli uomini allora più rappresentativi, J. Quintana, Zorrilla, e soprattutto Martínez de La Rosa, uscendo poco per volta dall'umile oscurità in cui viveva. Una raccolta lirica del 1838 ne rivelò più largamente il nome e il talento, esercitando un particolare fascino per la semplicità e la genuinità del suo canto; ma al disotto della sua indole timida e malinconica forse battevano nel suo spirito sentimenti di rivolta sociale, se non propriamente politica, e il tenace amore per la razza indigena e per la sua redenzione, tanto che fu implicato - e pare ingiustamente - in una congiura e giustiziato dopo quattro mesi di crudele attesa.
La sua produzione è di carattere occasionale, legata alla vita affettiva e pratica, spesso eco diretta di avvenimenti quotidiani, tanto che a volte cade nella nuda cronaca. Ma questa stessa immediatezza d'impressioni nei momenti migliori diventa intuizione schietta e trasparentissima dell'esistenza modesta e trepida delle piccole cose e coscienza della propria fragilità (si vedano: La flor del café; La flor de la piña; La flor de la caña; La flor y la malva, ecc.). Anche quando s'ispira al mondo mitico-eroico della sua terra e della sua gente (come per es. nel romance Jicotencal), o a sentimenti di libertà e di fede (La muerte de Gensler; A la muerte de Jesucristo; Aniversario de la muerte de Napoleón, ecc.), egli conserva un tono dimesso e delicato. Con queste premesse spirituali P. compose le sue migliori poesie durante la prigionia, alla vigilia della morte: Despedida a mi madre, Adios a mi lira, Plegaria, di cui a torto s'è negata l'autenticità, ma che invece portano i modi del suo semplice e trepido poetare.
Ediz.: Poesías, Matanzas 1838; El veguero, ivi 1842; El hijo de la maledición, ivi 1843; Poesías completas, Avana 1886.