Vedi PSEUDO-SENECA dell'anno: 1965 - 1996
PSEUDO-SENECA (v. vol. VI, p. 531)
Alcune delle interpretazioni discusse nella voce precedente, sono state riprese senza argomenti decisivi: Aristofane (Bieber, 1961) e Esiodo (Richter, 1965; Richter, Smith, 1984). Una nuova proposta riguarda Ennio: la ricostruzione si appoggia sul frammento di sarcofago in collezione privata, dove un personaggio dal volto simile allo P.-S. è accanto alle Muse, con eventuale riferimento al passo in cui il poeta latino canta il proprio incontro con le divine ispiratrici (Enn., Ann., X, 1); altri spunti utilizzabili a favore di Ennio sono l'aspetto anziano e sofferente dello P.-S., la frequenza del ritratto in Occidente entro ambienti epicurei, la possibilità che l'archetipo fosse contemporaneo al personaggio, l'abbinamento col presunto Virgilio nell'erma doppia di Copenaghen (von Heintze, 1975). Tuttavia la consacrazione tra le Muse è nota per diversi letterati, compreso Esiodo (Hes., Theog., 1-35), parimenti candidato all'identificazione con lo P.-S.; per l'iconografia di Ennio vi sono elementi che portano in altra direzione (v. vol. III, p. 343); da tempo il c.d. Virgilio della Ny Carlsberg Glyptotek non è accettato come tale (v. vol. VII, p. 1184, s.v. Virgilio), né le restanti motivazioni sono cogenti.
Il degrado fisico palesato dallo P.-S. è tale da scoraggiare ogni identificazione con personaggi inseriti nel vivere urbano; la barba è incolta, e le grosse ciocche di capelli, che s'incrociano o divergono confusamente, denunciano che il vecchio neppure pettina la chioma sporca: assume pertanto consistenza il riconoscimento della spiritualità di Esopo, ostinatamente vissuta in stato di emarginazione e sofferenza.
La fondamentale identificazione del carattere barbarico dello P.-S. da parte degli autori citati nel precedente regesto (Sieveking, 1913; Ippel, 1925) ha trovato supporto nel confronto con i Galati dei Donari di Attalo I (De Luca, 1976), e soprattutto con lo Scita degli Uffizi (v. vol. 1, p. 975, s.v. Barbari) per gli zigomi sporgenti (come carattere esotico) e la lunga chioma scomposta (quale indizio di condizione servile), dato che lo stesso favolista (frigio o trace) non veniva da stirpe ellenica ed era stato schiavo. Il Romanzo di Esopo riassume tali motivi, aggiungendo l'episodio in cui Iside e le Muse donano la parola al protagonista muto: il che rappresenta per il rilievo col tipo dello P.-S. una lettura più intrigante rispetto alle vicende di Esiodo o di Ennio, e carica col dramma dell'afonia l'ansante apertura delle labbra nel bronzo di Napoli.
Il senso di affaticamento che ne promana è letteralmente la sympàtheia del protagonista per gli uomini che condividono la durezza della sua condizione, e di fatto popolano la rapsodia del subalterno: il contadino, il pastore, il taglialegna, il pescatore, il marinaio, lo schiavo stesso. Il collo è piegato dagli anni e dal travaglio, la curva della schiena (nel tratto compreso entro il busto di Napoli) accenna la proverbiale gobba. Il moto verso l'alto dello sguardo, che intensifica il corrugarsi della fronte, contrasta con il forzato abbassamento del capo: dal fondo delle occhiaie arde il desiderio di liberazione dal giogo della deformità, del mutismo e della servitù.
All'inizio della nostra era Fedro considerava l'Esopo di Lisippo (v.) ad Atene testimonianza determinante per la gloria del novellatore. Intorno al 175 d.C. Taziano attribuiva la stessa virtù Esopo di Aristodemos (v. vol. I, p. 646), diretto archetipo dello P.-S., che immaginiamo originariamente a Delfi (dove si è trovata una firma del bronzista), dedicato a tardiva espiazione dell'ingiusta condanna ivi subita dallo straniero. Finito a Roma con la spoliazione del santuario da parte di Nerone, il monumento avrebbe ottenuto in Occidente il successo di cui è prova la moltiplicazione delle repliche: «Esopo, narratore di favole di eterna memoria, non furono solo i suoi racconti a renderlo celebre, ma anche la scultura di Aristodemos» (Tat., Adv. Graec., 55); l'erma doppia di Copenaghen rappresenterebbe Esopo unito a Fedro, cui si doveva la corrispondente diffusione letteraria delle antiche arguzie (Moreno, 1994).
Particolare importanza assume nel catalogo di Aristodemos la presenza di «filosofi» (poiché la saggezza di Esopo consente l'assimilazione) e di «vecchie»: un ponte attribuzionistico tra due senilità di per sé confrontabili, lo P.-S. e la Maronide. Anche lo P.-S. conserva la compattezza geometrica del Seleuco di Aristodemos, databile al 290 a.C. circa (diversa attribuzione: v. vol. VII, p. 173, s.v. Seleuco I Nicatore). Le notazioni della vecchiaia sono concentrate nei tratti critici, mentre manca il continuo tormento della superficie che caratterizza la decrepitezza di Arato intorno al 235 a.C., e verrà ulteriormente sviluppato nei ritratti d'Ippocrate (v. vol. IV, p. 182) e di Omero (v. vol. V, p. 686).
Bibl.: M. Bieber, The Sculpture of the Hellenistic Age, New York 19612, p. 143, fig. 597; H. Th. Lorenz, Galerien von griechischen Philosophen- und Dichterbildnissen bei den Römern, Magonza 1965, p. 16, n. IX.3, tav. VII, 3; G. M. A. Richter, The Portraits of the Greeks, I, Londra 1965, pp. 58-66, figg. 131-227; H. von Heintze, in Helbigt, II, 1966, pp. 162-163, n. 1338 e IV, 1972, pp. 187- 188, n. 3224; J. Frei, Contributions â l'iconographie grecque, Praga 1969, pp. 47-48; D. Pandermalis, Zum Programm der Statuenausstattung in der Villa dei Papiri, in AM, LXXXVI, 1971, pp. 173-209, in part. 181, 203, η. 30; Η. von Heintze, Pseudo-Seneca: Hesiod oder Ennius?, in RM, LXXXII, 1975, pp. 143- 169; G. De Luca, I monumenti antichi di Palazzo Corsini, Roma 1976, pp. 47- 50, n. 19; Β. Sanguineto, in M. Cristofani (ed.), Siena: le origini (cat.), Firenze 1979, pp. 111-112, n. 130; L. Giuliani, Individuum und Ideal, Antike Bildniskunst, in Bilder von Menschen in der Kunst des Abendlandes, Berlin 1980, Berlino 1980, pp. 43-86, in part. p. 70; G. M. A. Richter, The Portraits of the Greeks. Abridged and Revised by R. R. R. Smith, Oxford 1984, pp. 191-192, fig. 151; M. R. Wojcik, La Villa dei Papiri ad Ercolano, Roma 1986, pp. 97-106, n. C.7, tavv. LIII-LIV; R. Belli Pasqua, in A. Giuliano (ed.), Museo Nazionale Romano. Le Sculture, I, 9, Roma 1987, pp. 42-44, n. R.23; L. Nista (ed.), Ritratti antichi del Museo Nazionale Romano, Roma 1987, p. 24; K. Fittschen, Griechische Porträts. Zum Stand der Forschung, in Κ. Fittschen (ed.), Griechische Porträts, Darmstadt 1988, pp. 7, 26, tav. CXXXIX (confronto tra lo P.-S. e lo Scita degli Uffizi); L. A. Scatozza Höricht, in Le collezioni del Museo Nazionale di Napoli, I, 2, Roma 1989, p. 128, n. 165; P. Zanker, Die Trunkene Alte, Francoforte 1989, p. 73, fig. 44; E. Voutiras, in P. C. Boi (ed.), Forschungen zur Villa Albani, II, Berlino 1990, pp. 163-166, η. 198, tavv. CIV-CV; R. R. R. Smith, Hellenistic Sculpture, Londra 1991, p. 37, fig. 36; F. Johansen, Catalogue. Greek Portraits. Ny Carlsberg Glyptotek, Copenaghen 1992, p. 130, n. 54; W. Fuchs, Die Skulptur der Griechen, Monaco 19934, p. 570, figg. 694-695; P. Moreno, Scultura ellenistica, I, Roma 1994, pp. 211-216, figg. 273, 275, 278, 313.
Frammento di sarcofago, collezione privata: H. von Heintze, Pseudo-Seneca, cit., tav. XXXIX.
Erma doppia dello P.-S. con lo Pseudo-Virgilio: G. M. A. Richter, The Portraits, cit., I, p. 61, η. 36, figg. 189-190; F. Johansen, Catalogue. Greek Portraits, loc. cit. (Esiodo e Virgilio); P. Moreno, op. cit., I, pp. 212-213, nota 410 (Esopo e Fedro).
Ritratto di Arato (altra identificazione: Crisippo): L. Bacchielli, Arato o Crisippo?, in QuadALibia, X, 1979, pp. 27-48; id., La ricomposizione della statua dell'astronomo Arato, in Studi in onore di L. Breglia, III, Roma 1987, pp. 43-56, figg· I,1, I, 2, 1-3, 4, 7; P. Moreno, op. cit., I, pp. 235-237, figg. 300-303, 305.