PRUGNO (o Susino; lat. scient. Prunus domestica L. in senso lato; fr. prunier; sp. ciruelo; ted. Pflaume; ingl. plum)
Pianta della famiglia Rosacee-Prunoidee; è un arbusto o un alberetto (6-8 m.) con rami più o meno spinosi o inermi, glabri e talora pelosi. Le foglie sparse hanno il picciolo lungo ½-2,5 cm., senza o con 1 0 2 ghiandole, la lamina è ovata o ellittica, acuta, lunga 5-10 cm., sottile, finemente seghettata ai margini. I fiori sono solitarî o riuniti a 2-3 in brevi grappoli peduncolati: il calice è peloso all'interno, mentre è quasi glabro estermamente, la corolla è bianca o leggermente verdastra con petali lunghi 7-15 mm.; il frutto è una drupa sferica, ovoide o allungata lunga 2-8 cm., tipicamente di colore blu scuro, ma nelle forme coltivate anche violacea, rosso-violacea, o di color verde chiaro o giallo chiaro; la polpa è giallastra o verdastra e aderisce al nocciolo o se ne distacca facilmente. Il nocciolo è compresso, ovale rotondato o ellittico, più o meno acuto; il seme masticato ha un sapore amaro.
Questa pianta è originaria dell'Oriente, dall'Asia centrale al Mar Nero e alla Siria, e si è diffusa nella maggior parte della regione mediterranea e si spinge (forse inselvatichita) nell'Europa centrale, giungendo con la var. Juliana fino alla Danimarca e alla Scandinavia meridionale.
La sistematica delle varietà e forme di prugne è alquanto incerta e complessa. Alcuni autori tengono separato il P. insititia L. dal P. domestica L. per la glabrescenza o pelosità dei rami, la spinosità o no di essi e la forma del frutto. Poiché esistono molte forme ibride e reincroci di difficile determinazione, è invece opportuno riunire tutto in un'unica specie, come hanno fatto altri autori.
Già Plinio parlava della ingens turba prunorum; nel sec. XVII in Francia si coltivavano 180 diverse forme; oggi sono in numero considerevolissimo ed E. Lucas le raggruppa in 10 famiglie. Secondo G. Hegi si possono distinguere le seguenti sottospecie e varietà più importanti:
I sottospecie: insititia (L.) Poiret, volg. prugnolo da siepe, con le seguenti forme spontanee: var. Juliana L., f. subsilvestris Boutigny, f. dumetorum Lamotte. A questa sottospecie si riferiscono le seguenti forme coltivate: var. pomariorum Boutigny, che comprende le forme più anticamente in coltura, quali le pruna cereola degli autori antichi e medievali. Vi è una forma ornamentale a foglie variegate bianche e gialle (f. aucubifolia Dippel.); la var. cerea L. dà le prugne dette mirabelle, che sono le pruna cerea di Plinio, ma non è improbabile che queste derivino da un incrocio del P. domestica col P. cerasifera subsp. myrobalana L.; di queste la migliore è la mirabella gialla grande.
II sottospecie: italica (Borkh.) Hegi, con due gruppi di forme: var. Claudiana (Poiret), cui appartengono le diverse forme di regine claudie; var. ovoidea Martens, cui appartengono le forme di prugne ovoidee a frutti gialli, rossi, bruno-rossastri, ecc.
III sottospecie: oeconomica (Borkh.) C. K. Schneider, cui debbono riferirsi le vere e proprie susine con le varietà seguenti: subrotunda a frutti tondeggianti; oxycarpa a frutti ovali allungati; mamillaris a frutti allungati datteriformi rossi, violacei o blu scuri; pruneauliana con frutti allungati blu-nerastri o più raramente gialli, da seccare.
Nelle palafitte della Svizzera, Savoia e Delfinato si sono trovati noccioli di prugne. I Greci col nome di προῦμνον indicavano soprattutto il prugno selvatico (Prunus spinosa L.). Catone il Vecchio conobbe una sola forma di prugne; invece Virgilio e Ovidio distinsero le forme a frutto blu scuro da quelle a frutto giallo; Columella ne conobbe tre varietà; Plinio molte e fra le migliori cita le damascene. Nel Capitulare de villis si parla solo di prunarios, mentre nelle opere della badessa Ildegarda e di Alberto Magno sono ricordate parecchie varietà.
Oggi le prugne sono estesamente coltivate nella Iugoslavia (Bosnia e Serbia) ove formano veri boschi, in Ungheria, in Germania, in Cecoslovacchia, in Francia, in Italia, in Inghilterra e in America. L. Burbank a Santa Rosa in California ha selezionato una forma molto diffusa e pregiata che porta il suo nome. Si coltivano con successo, specie nei paesi meridionali, tre varietà di susini giapponesi. Il clima più adatto per coltivare il prugno è quello della vite: bisogna scegliere esposizioni a sud-est e sud-ovest in collina, riparate dai venti che rompono i rami e fanno cadere i frutti. Nei paesi caldi invece si scelgano posizioni a nord. È pianta che non ha troppe esigenze per il terreno, purché esso non sia troppo argilloso e umido, e non ha bisogno di terre profonde.
Si moltiplica per seme, per polloni e per innesto, innestando sul susino selvatico, sul mirabolano e sul San Giuliano e si fa l'innesto al piede o in testa, a gemma dormiente e a spacco. I semi conservano la germinabilità solo per un mese.
Si alleva a pieno vento, a mezzo vento e a vaso e queste due ultime forme sono le più raccomandabili. Per la concimazione non ha molte esigenze. Bisogna aver cura di raccogliere i frutti non bagnati dalla Pioggia e dalla rugiada, badando che conservino lo strato pruinoso del loro epicarpo.
Le prugne fresche contengono, a seconda delle varietà: 78-82% di acqua, 4,97-7,3% di zucchero, 4,65-7,4% di saccarosio, 0,56-0,92% di acidi organici liberi (acido malico, citrico e succinico), 0,55-1,01% di sostanze azotate, o,41-0,63% di ceneri. Nelle frutta secche è contenuto 43-44% di zucchero invertito. Nei semi sono contenute amigdalina ed emulsina e inoltre un olio grasso utilizzato per condimento, per ardere e per sostituire l'olio di mandorle.
Oltre che dai venti impetuosi, dalle gelate tardive, dalla gommosi, i prugni sono danneggiati da molti parassiti vegetali e animali. La malattia più frequente e caratteristica è la produzione dei bozzacchioni, dovuta al fungo Exoascus pruni Funk., che trasforma i frutti in vuote vesciche di forma irregolare.
Le prugne si mangiano fresche, secche, crude, cotte, in spirito o in aceto, se ne fanno conserve, marmellate, canditi; si distillano ricavandone la nota acquavite bosniaca. Si ha grande produzione di prugne secche in Bosnia, in Boemia, in Alsazia e in California e se ne fa un forte commercio di esportazione.
In Austria le prugne secche sono officinali (fructus pruni) e servono a preparare la pulpa prunorum.