PROTETTORATO internazionale e coloniale
La forma del protettorato (di cui varî sono i tipi storici, ma tutti riuniti da certi elementi comuni) presuppone la presenza di due stati sovrani, uno dei quali accetta, in un certo momento e in più o meno larga misura, l'ingerenza, il controllo dell'altro. In forza d'un trattato si costituisce un rapporto bilaterale, in cui uno dei due stati si obbliga a dare all'altro la propria protezione, ad assisterlo militarmente, a dargli anche altre forme di aiuto, mentre quest'ultimo consente a sua volta al primo di esercitare un controllo, un'ingerenza maggiore o minore sia nella sua amministrazione interna, sia soprattutto nella condotta delle sue relazioni con gli altri stati.
L'ingerenza, che lo stato protettore esercita sui rapporti internazionali dello stato protetto, si collega col suo obbligo di difenderlo contro le minacce e i pericoli di aggressione, contro i quali non avrebbe modo di reagire preventivamente, se non fosse consapevole degli atti di quest'ultimo e non potesse esercitare su essi la necessaria influenza.
Questa ingerenza si può manifestare in due modi. Talvolta lo stato protettore assume addirittura la rappresentanza dello stato protetto nei rapporti internazionali. È lo stato protettore che agisce interamente per lui, e, in nome e per conto suo, stipula i trattati e compie ogni atto relativo alla vita internazionale (sistema prevalente nei protettorati francesi). Altre volte invece lo stato protetto continua ad esercitare la sua attività internazionale, ma i suoi atti più importanti debbono ottenere il consenso dello stato protettore, o questo si riserva almeno un diritto di veto sugli atti medesimi (tali erano i rapporti del Transvaal con l'Inghilterra prima dell'annessione; i trattati, conchiusi da esso con i terzi stati, divenivano definitivi se l'Inghilterra non vi apponeva il suo veto entro sei mesi dal ricevimento del progetto di trattato).
Il trattato di protettorato, come ogni altro trattato, dà vita soltanto a rapporti giuridici tra gli stati contraenti e non ha alcuna efficacia per i terzi stati. Ma allo stato protettore particolarmente interessa che i rapporti, stabilitisi tra lui e lo stato protetto, siano conosciuti e rispettati dai terzi stati. A questo provvede l'atto della notificazione del protettorato stesso ai terzi stati. Talvolta tale notificazione è obbligatoria: così l'atto coloniale di Berlino del 26 febbraio 1885 prescriveva a ogni potenza, che intendesse stabilire un suo protettorato sulle coste dell'Africa, di darne notizia agli altri stati. La notificazione mette i terzi stati nella condizione di far valere le eventuali loro ragioni e pretese contro quel dato protettorato. Quindi la loro adesione espressa o tacita ha per effetto il riconoscimento del protettorato stesso e delle sue conseguenze giuridiche (per es., quella di avere rapporti con lo stato protetto soltanto a mezzo dello stato protettore).
Il protettorato può essere individuale o collettivo, secondo che sia esercitato da un solo stato, o da più stati insieme. Esempî storici di protettorato collettivo sono quello della Russia, Austria e Prussia dal 1815 al 1846, sulla repubblica di Cracovia, incorporata poi nell'Austria; quello dell'Inghilterra, Germania e Stati Uniti sulle isole Samoa, dal 1889 al 1899. Le Isole Ionie furono sotto il protettorato dell'Inghilterra dal 1815 al 1863, anno in cui furono annesse alla Grecia.
La figura del protettorato è quasi completamente scomparsa dall'Europa. Si ricorda la situazione della minuscola repubblica di Andorra nella Spagna, che sarebbe sotto il protettorato comune della Franeia (che lo esercita per mezzo del prefetto del dipartimento dei Pirenei) e del vescovo di Urgel nella Spagna. Ma, secondo l'opinione più autorevole, Andorra non sarebbe un vero stato, bensì una città che, in forza di antichi diritti e di storiche tradizioni, sta sotto il condominio della Francia e del vescovo di Urgel, ai quali i suoi rappresentanti prestano giuramento e pagano un piccolo tributo annuo. Neppure è il caso di parlare di vero protettorato a proposito della repubblica di S. Marino, benché nel trattato 28 giugno 1897, ancora vigente, e nei precedenti trattati essa dichiari di essere sotto l'amicizia protettrice del Regno d'Italia. In realtà S. Marino è uno stato indipendente, sia nella sua amministrazione interna sia nei rapporti con gli altri stati, presso i quali è spesso rappresentato da organi diplomatici suoi proprî. Si tratta del rapporto più tenue di semplice protezione. Date certe clausole del trattato del 17 luglio 1918, si potrebbe piuttosto parlare di un protettorato della Francia sul principato di Monaco. In forza del trattato di Versailles del 28 giugno 1919, la città di Danzica, che prima apparteneva alla Germania, è stata eretta in città libera e posta sotto la protezione della Società delle nazioni, che vi è rappresentata da un alto commìssario, mentre la gestione dei suoi rapporti con gli altri stati e la protezione dei suoi cittadini all'estero sono state affidate alla Polonia.
Il protettorato si trova ancora frequentemente nei rapporti tra stati di civiltà europea e stati di civiltà inferiore. Quando nella sua attività di espansione coloniale una potenza si trova di fronte una società politica che, per quanto arretrata, rivesta i caratteri dello stato, piuttosto che procedere all'annientamento di essa con una guerra, preferisce talvolta, se possibile, ricorrere a un trattato di protettorato, realizzando indirettamente, e con più semplici ed economici mezzi, gli stessi vantaggi della conquista diretta. Infatti, lo stato protettore ottiene quasi sempre che lo stato protetto, in cambio di aiuti e compensi, non soltanto abbandoni a esso l'intera gestione dei suoi rapporti con i terzi stati, ma anche che gli conceda una larga ingerenza nella sua amministrazione interna, controllo sulle finanze, diritto di occupare militarmente quei punti territoriali che gli interessano, diritto di istituire proprî tribunali, ecc. A questo tipo appartengono i protettorati della Francia sul Tonchino, sull'Annam, sulla Tunisia, sulla zona assegnatale nel Marocco; della Spagna sulla zona marocchina assegnatale dai trattati; dell'Inghilterra sul sultanato di Zanzibar, sui tre stati dell'isola di Borneo, sugli stati malesi, sul sultanato di Johore, sulle isole Tonga, sui principi feudali dell'India.
Conviene ricordare anche la situazione degli stati quasi protetti (client States) che, pur essendo apparentemente indipendenti, subiscono in realtà, in forza di trattati, un certo controllo di altri stati. La repubblica di Cuba, in forza del trattato del 1903, non poteva firmare con altri stati alcun trattato tale da compromettere la sua indipendenza, né contrarre prestiti sproporzionati alle sue risorse. Era riconosciuto agli Stati Uniti un diritto di intervento, ogni volta che fosse necessario per difendere l'indipendenza di Cuba e assicurarvi la presenza d'un governo locale stabile e capace. In posizione analoga erano S. Domingo dal 1907, l'Honduras e il Nicaragua dal 1911. Ma gli Stati Uniti hanno recentemente rinunciato a tali pretese.
Dai protettorati di tipo coloniale, che presuppongono pur sempre la presenza di due stati, va distinto il cosiddetto protettorato coloniale, il quale si fonda su un accordo stipulato da uno stato con i capi di tribù o altri gruppi indigeni, abitanti un territorio, che è ancora vacante, dal punto di vista del diritto internazionale. Lo stato che vuole estendere la sua espansione politica ed economica a tale territorio, ma non intende per il momento procedere alla sua occupazione immediata, vi dichiara intanto il proprio protettorato. In cambio di aiuti e compensi i capi delle tribù indigene riconoscono la supremazia di quel dato stato sul territorio in questione. Lo stato stesso è poi tenuto, in forza dell'art. 34 dell'atto di Berlino del 1885, a notificare agli altri stati l'assunto protettorato.
Si discute nella dottrina quale sia il preciso contenuto del protettorato coloniale; quali siano gli obblighi che dalla sua notificazione deriverebbero agli altri stati. Taluni vi ravvisano una specie di occupazione larvata, l'acquisto d'un potere diretto su quel territorio o, almeno, un principio di occupazione. Ma tale opinione toglie una sua ragione di essere a questa istituzione e la confonde con quella dell'acquisto territoriale vero e proprio (occupazione), di cui mancherebbero viceversa i requisiti essenziali. L'opinione più logica sembra quella che, nei riguardi dei terzi stati, il patto di protettorato coloniale produca un obbligo loro di astenersi dall'occupazione del territorio, che è oggetto del protettorato stesso. Lo stato protettore acquista, di fronte alle popolazioni indigene e, mercé la notificazione, di fronte ai terzi stati, uno ius excludendi alios, cioè un diritto esclusivo di riservare a sé medesimo la futura occupazione del territorio protetto. Il patto di protettorato garantisce insomma allo stato contraente l'astensione degli altri stati da ogni azione diretta a contrastare i suoi propositi di espansione coloniale su quel territorio. S'intende che tale garanzia sussiste in quanto gli altri stati prendano atto della fatta notificazione, o con espressa adesione o col silenzio che, in queste circostanze, deve certo interpretarsi come tacita manifestazione di volontà. Se qualcuno di essi, invece, fa valere reclami o proteste, in quanto ritenga lesi i suoi diritti o interessi dall'istituito protettorato, ne nascerà tra i due stati una contestazione internazionale che sarà risolta come tutte le altre: o con negoziati diplomatici diretti o con l'intervento di terzi (mediazione, arbitrato), o, eccezionalmente, col ricorso alle armi.
Bibl.: L'argomento è svolto da tutti i trattati di diritto internazionale. Vedi inoltre: P. Heilborn, Das völkerrechtliche Protektorat, Berlino 1891; id., in Wörterbuch der Völkerrechts, II, pp. 324-329; L. Engelhardt, Les protectorats anciens et modernes, Parigi 1896; F. Despagent, Essai sur les protectorats, Parigi 1896; E. Gairal, Le protectorat international, Lione 1896; P. Fedozzi, Saggio sul protettorato, Venezia 1897; M. Hachenburg, De la nature juridique du protectorat, Parigi 1897; G. B. Luè, Del protettorato internazionale, Milano 1899; L. Marghinotti, Il protettorato internazionale, Sassari 1905; J. Kunz, Die Staatenverbindungen, Stoccarda 1929, pp. 288-350.