PROTEINOTERAPIA
. È una parte speciale della colloidoterapia (v.) e consiste nell'introduzione di sostanze albuminoidee e dei loro prodotti di scissione nell'organismo per via parenterica (extraintestinale) con tutte le reazioni che ne susseguono. Si può introdurre (via cutanea, sottocutanea, intramuscolare, endovenosa) un'albumina eterogenea all'organismo, ma più spesso se ne introduce una omogenea, sebbene "estranea all'ambiente sanguigno" secondo l'espressione di E. Abderhalden.
Ogni cellula che si decompone nel ricambio normale della vita o sotto l'influenza di agenti meccanici o chimici, non è indifferente per il resto del tessuto; e gli effetti dipendono dalla quantità e dalla qualità del tessuto decomposto. Ogni ferita asettica agisce in questo senso, e l'azione è più intensa negli stati infiammatorî e più intensa ancora quando v'è nell'organismo un'infezione. Già gli antichi empiricamente conoscevano le virtù curative del cosiddetto ascesso di fissazione, il quale è stato riproposto da A. Fochier sotto la forma di ascesso asettico prodotto con una sostanza chimica (trementina). Alle modificazioni che avvengono, p. es., nella cute o nel cellulare sottocutaneo per un'introduzione di materiale albuminoideo, succedono gradatamente effetti secondarî e anche terziarî qua e là nell'organismo, con i quali sono in rapporto modificazioni fisico-chimiche negli umori del corpo e nelle trame dei tessuti, nonché atteggiamenti difensivi dell'organismo stesso contro i germi invasori. Si conosce il grande valore che ha l'immunizzazione specifica, con i vaccini, in via preventiva e curativa, contro le infezioni; ma bisogna anche ricordare che si registrarono osservazioni nelle quali un benefico effetto si ottenne da un vaccino contro un'infezione differente da quella per cui quel vaccino era stato specificamente preparato. Si parlò di immunizzazione aspecifica o collaterale. Così nel 1893, mentre E. Fraenkel riferiva intorno ai soddisfacenti risultati ottenuti in 57 casi di tifo con le iniezioni sottocutanee di bacilli tifici, T. Rumpf descriveva un'altra serie di tifosi trattati, invece, col vaccino del bacillo piocianeo, e si appoggiava alle idee della scuola di H. Buchner, per cui anche le proteine di altre specie batteriche sarebbero capaci di provocare un'elevazione termica (reazione organica in senso generale) in animali precedentemente trattati con determinati batterî. La storia registra altre osservazioni consimili; ma è importante la dichiarazione fatta nel 1919 da A. E. Wright, il quale, pure avendo creduto per molto tempo che l'immunizzazione fosse sempre specifica, dovette a poco a poco convincersi dell'indubbia esistenza di un'immunizzazione aspecifica, particolarmente in base ai buoni effetti ottenuti contro svariate infezioni con la vaccinazione pneumococcica. Questa immunizzazione collaterale potrebbe così vantaggiosamente applicarsi massime "in quei casi in cui l'infezione dura da molto tempo e l'infermo è diventato ultrasensibile, mentre forse è prossima a esaurirsi la sua capacità a rispondere con un'azione immunizzante alla particolare specie di microbî che determinò l'infezione".
Gli stessi benefici effetti furono osservati da Horbaczewski con l'iniezione di nucleina nel lupus, da N. Matthes e L. Krehl con i prodotti di scissione delle proteine negli animali tubercolotici; anzi questi due ultimi autori, usando diverse proteine per provocare una reazione tubercolinica nelle cavie tubercolotiche, si accorsero che anche le iniezioni di latte erano in grado di produrre un risveglio del focolaio morboso. Una cavia tubercolosa reagisce, infatti, con un aumento di temperatura non solo quando le s'inietta della tubercolina, ma anche della deutero-albumosa. Allo stesso scopo servirono i metalli colloidali, introdotti dal Credé e considerati come rimedî ad azione puramente aspecifica.
La cura con gli eterovaccini (ossia con vaccini preparati contro altri germi infettivi) aprì dunque la via al tentativo d'introdurre, particolarmente per via endovenosa e intramuscolare, altre sostanze capaci di provocare una reazione nell'organismo, la quale fu già intraveduta e descritta dal Rumpf con brividi e sudori susseguenti a queste iniezioni sottocutanee, mentre l'infermo è preso subito dopo da un senso di benessere (euforia). Gli agenti proteinici adoperati allo scopo si possono raggruppare, secondo J. A. Kolmer, nelle seguenti otto categorie: 1. Vaccini: preparati dai bacilli tifo-paratifici, dal B. coli, dal B. piocianeo, ecc. Vaccini autogeni. 2. Estratti batterici e fermenti. 3. Sieri eterologhi: siero di cavallo normale e immune, siero di pollo, ecc. 4. Sieri omologhi e sangue: sangue e siero umano normale e di convalescenti, plasma. 5. Essudati omologhi, trasudati e secrezioni: siero umano da vescicante e liquido pleurico, liquido cerebro-spinale, latte umano, pus, prodotti di eccitazione e distruzione di tessuti sotto l'azione del termocauterio, vescicatorî, trementina, soluzione salina ipertonica, raggi Röntgen, radium, ecc. 6. Proteine eterogenee e prodotti di scomposizione proteinica: latte, caseina, albume d'uovo, gelatina, nucleoproteidi, proteosi, deutero-albumose, peptone, istamina, ecc. 7. Estratti di tessuti ed enzimi: estratti di leucociti, autolizzati di tumori, tripsina. 8. Proteine di sangue omologo alterato: prodotti di emolisi in seguito a iniezione endovenosa di acqua e soluzione salina ipotonica, proteine alterate dovute all'iniezione di formalina, metalli colloidali, ecc.
W. F. Petersen crede che una parte per lo meno degli effetti terapeutici consecutivi all'iniezione di trementina, di una soluzione salina ipertonica e di altre sostanze che dànno luogo a un "ascesso di fissazione", come pure consecutivi all'applicazione di rubefacienti con vescicazione, ecc., siano dovuti alla produzione e all'assorbimento di proteine omologhe alterate, capaci di suscitare in modico grado una reazione aspecifica analoga a quella che si manifesta per la somministrazione di proteine eterogenee. Per quanto concerne l'azione dei metalli colloidali, si pensa che i loro effetti debbano ascriversi alla produzione di materiali proteinici quasi "eterogenei" nell'ambiente sanguigno, tali da dar luogo alle stesse reazioni "aspecifiche" designate in genere come shock colloidoclasico e indotte da vere e proprie proteine eterogenee. E quando si inietta del sangue dello stesso individuo o il liquido pleurico o quello di un vescicante, non si fa altro che introdurre nell'organismo un materiale proteinico alquanto alterato dalle semplici manovre necessarie allo scopo, in modo che possa agire anch'esso come un materiale di proteine eterogenee.
L'iniezione endovenosa o endomuscolare di tutte queste sostanze dà luogo a una reazione generale che varia notevolmente in intensità secondo la sostanza adoperata, il suo dosaggio, la via prescelta, le condizioni fisiche dell'infermo, la malattia, la temperatura e altri fattori individuali. La grande variabilità degli effetti e la mancanza di prodotti ben determinati rendono questa terapia ancora un po' incerta, specie per la portata della reazione che si determina, finché il medico non abbia acquistato da sé stesso una buona esperienza. La reazione è di triplice natura e va considerata nella febbre, nelle modificazioni del sangue e in quelle manifestazioni nei focolai morbosi che prendono il nome di reazioni di focolaio.
La febbre è particolarmente in rapporto con la via di somministrazione endovenosa. Iniettando il vaccino antitifico (con 25 a 50 milioni di germi debitamente uccisi), dopo circa mezz'ora (dopo 6-8 ore se invece si adopera il vaccino del Bacterium coli), si ha una forte sensazione di freddo con brividi violenti, che dura da 20 minuti a un'ora e si combatte con bevande calde, applicazione di bottiglie di acqua calda, ecc. L'iniezione intramuscolare di latte non è generalmente seguita da brivido. Al brivido intanto succede lo sviluppo di una febbre che può salire fino a 40° raggiungendo il suo massimo dopo 3-4 ore; mentre con l'iniezione intramuscolare di latte la temperatura può non innalzarsi per 6-8 ore, ma una volta innalzatasi, suol persistere per 24-48 ore. Questa reazione febbrile dipende in parte dai particolari stati morbosi, ma è principalmente in rapporto con le proprietà costituzionali dell'individuo, fra cui spicca una speciale eccitabilità dei centri nervosi deputati alla regolazione del calore animale. Secondo le osservazioni di R. Schmidt, la reazione febbrile è più evidente in alcune malattie del sangue e nelle infezioni croniche, come la tubercolosi e la sifilide, forse per una maggiore labilità degli albuminoidi del sangue. Ripetendo le iniezioni, non si produce nell'organismo alcuna sensibilizzazione (v. anafilassi), al contrario una certa assuefazione, in modo che per raggiungere lo stesso effetto febbrile è necessario aumentare le dosi. Se la proteina si somministra durante un periodo febbrile, la temperatura può non presentare alcun aumento, anzi, al contrario, una diminuzione.
Questa reazione febbrile si accompagna di solito ad altri fenomeni. Il polso diviene più frequente; si hanno abbondanti sudori, specie dopo la cessazione dei brividi; insorge un mal di capo e un'irritabilità nervosa che può andare fino al delirio; non mancano nausea e vomito, e compare talvolta un erpete labiale (formazione di vescicole alle labbra), specie dopo le iniezioni endovenose di vaccini.
Le modificazioni del sangue riguardano particolarmente i globuli bianchi (leucociti), dei quali prima si ha una diminuzione (leucopenia), indi un aumento (leucocitosi). Si palesa anche qui, come talvolta per la febbre, la doppia fase della reazione: negativa e positiva. Nella fase leucopenica sembra che sia depresso il potere produttivo del midollo osseo; a ogni modo in detta fase i leucociti si annidano negli organi interni. La leucocitosi è in rapporto con un'azione stimolante sul midollo osseo ed è fatta specialmente di leucociti a più nuclei e a diversa forma (polimorfo-nucleari). Talvolta sono aumentati gli eosinofili (globuli a granulazioni tingibili coi colori acidi). Si è comunemente notato anche un aumento dei globuli rossi, specie negli stati anemici; come pure si è osservato un aumento di coagulazione del sangue per una maggiore produzione di fibrinogeno e trombocinasi. Bisogna aggiungere a tutto ciò, ed è la parte più importante, quello che succede nei riguardi dei fermenti e antifermenti, nonché le modificazioni indotte dalla proteinoterapia sulla produzione delle sostanze difensive dell'organismo contro i germi morbosi, e infine le influenze esercitate sul ricambio materiale e per conseguenza sullo stato di nutrizione organica. Si mobilitano, infatti, enzimi proteolitici e lipasi, ossia fermenti capaci di sdoppiare albuminoidi e grassi; e per quanto riguarda le sostanze difensive (anticorpi), si è visto che, oltre al rinfocolio dei poteri generici, si producono anche delle sostanze specifiche contro il determinato agente morboso, quando i tessuti capaci di tale produzione siano stati in antecedenza sensibilizzati dall'antigene specifico e abbiano avuto l'ultima spinta reattiva dalla proteinoterapia. Da ultimo, Petersen ha potuto constatare modificazioni sul ricambio con considerevoli variazioni nella bilancia dell'azoto dopo l'introduzione parenterica delle proteine o dei loro prodotti di scissione; si è visto talvolta un aumento dell'urinazione e qualche autore ha pure segnalato un aumento di peso durante la cura di iniezioni intramuscolari di latte.
Le reazioni di focolaio consistono nel riaccendersi di fenomeni infiammatorî qua e là per l'organismo; onde assumono le fattezze dell'acuzie vecchi e torpidi focolai morbosi. Si accendono così dei dolori più o meno vivi in articolazioni da lungo tempo ammalate, e si ha in tal modo la "fase negativa" della proteinoterapia: ma ad essa succede la "fase positiva" col miglioramento della lesione. Questa duplice fase rappresenta una proprietà molto comune delle reazioni biologiche ed è in ultima linea l'espressione dell'equilibrio instabile della sostanza viva; d'altra parte le reazioni di focolaio che possono quasi considerarsi come altrettanti "stati febbrili locali", hanno una parte decisiva nel meccanismo curativo della proteinoterapia. Anche queste reazioni si credevano una volta specifiche, intravedendosi un'omogeneità fra il materiale introdotto e la lesione di un determinato organo; ma si è visto poi che possono determinarsi con qualsiasi materiale proteinico e debbono riferirsi ad uno stimolo sulle attività cellulari (attivazione plasmatica di W. Weichardt). Si manifesta così un aumento di funzione secretrice delle cellule ghiandolari, un aumento di potenzialità dei globuli bianchi del sangue, ecc., mentre cresce la permeabilità dei vasi linfatici e dei capillari sanguigni, si ridestano i fermenti, ecc.
Implicitamente si è accennato al meccanismo della reazione aspecifica, che va considerata nell'attivazione plasmatica di tutte le cellule dell'organismo, onde non solo si producono sostanze antibatteriche, ma cresce l'indice generale di resistenza organica all'intossicazione. Si tratterebbe, in massima parte, non di nuovi mezzi di difesa, ma di un accumulo e di una valorizzazione degli agenti difensivi che normalmente si trovano nell'organismo; onde la proteinoterapia sarebbe controindicata negli stadî terminali delle malattie quando ormai sono esausti gli agenti difensivi. E. Starkenstein si è fermato maggiormente sull'aumento di permeabilità dei capillari sanguigni per modificazioni che avvengono nella membrana delle cellule endoteliali, donde aumento nel flusso degli umori e modificazioni nell'irritabilità del sistema nervoso centrale e simpatico. Le due teorie intanto ben si completano a vicenda, in quanto per l'attivazione plasmatica onnicellulare di Weichardt si spiega la febbre, la leucocitosi, l'aumento degli anticorpi, dei fermenti, ecc., mentre per la teoria di Starkenstein tutti questi agenti difensivi più facilmente raggiungono i focolai morbosi.
A parte lo scopo prognostico della proteinoterapia, per cui dalla presenza o meno delle reazioni ora accennate può argomentarsi se l'organismo si trovi in grado di lottare contro la determinata malattia, il metodo si è invocato anche a scopo diagnostico, sia per attivare focolai morbosi profondi e torpidi e farne quindi più chiare le sintomatologie, sia per rendere più sensibili alcune reazioni; e basterebbe ricordare quella di Wassermann per la sifilide. Si sa infatti che le iniezioni di latte sono capaci di provocare di bel nuovo la positività di una Wassermann là dove l'esito era diventato negativo; come possono, d'altro canto, arricchire le agglutinine antitifiche, ecc., e rendere evidente il fenomeno della siero-agglutinazione.
Il campo più vasto e proprio delle applicazioni è quello della cura, quantunque sia necessario confessare che in questi ultimi tempi si è troppo esagerato con le speranze. I casi in cui la proteinoterapia è stata applicata si possono così raggruppare: 1. processi infettivi generali acuti, come il tifo, la brucellosi, ecc.; 2. processi infettivi locali, cronici, a focolaio (per es. l'angina, il flemmone, la linfadenite cervicale tubercolare, ecc.); 3. intossicazioni in senso lato, per es. l'avvelenamento da stricnina, l'uremia, l'asma anafilattico; 4. emorragie e diatesi emorragiche; 5. malattie del sangue; 6. anomalie costituzionali, discrasie e diatesi; 7. malattie della pelle, come l'orticaria, l'eczema e il pemfigo; 8. affezioni del sistema nervoso come la tabe dorsale e la paralisi progressiva. Da ultimo si è ricorso alla proteinoterapia anche per provocare un aumento di urinazione (diuresi) e per sensibilizzare l'organismo verso l'influenza di altri mezzi curativi specie nel dominio della chemioterapia. Si sono, in questo senso, osservati benefici effetti dall'associazione di preparati salicilici alle iniezioni di latte nel reumatismo articolare, come queste iniezioni si sono vantaggiosamente associate al mercurio nella sifilide.
Una questione non ancora bene assodata è quella della dose da adoperare; sicché per il momento domina ancora su questo terreno l'empirismo. Bisogna badare alle forze dell'infermo, al tipo dell'infezione e allo stadio del morbo. Non vi è accordo se debbano farsi una o due grandi iniezioni o parecchie piccole; meglio però è agire prudentemente specie con delle sostanze tossiche come i vaccini, e intervenire al principio della malattia. Naturalmente non si dovrà considerare la proteinoterapia come un surrogato di misure specifiche bene sperimentate e a portata di mano.
Le controindicazioni a questo metodo curativo dipendono dalla prima fase, che rappresenta un aggravamento del processo morboso, quantunque le speranze di un buon effetto siano tanto maggiori quanto più intensa è appunto questa prima fase. È necessario però avere la sicurezza che l'infermo, con le sue forze generali e nello stato dei varî organi, resista al trattamento, specie se questo si voglia eseguire per via endovenosa. Se tale affidamento manca, sarà meglio affidarsi alla via intramuscolare, preferendo ai vaccini le proteine o le nucleine. Se l'organismo è troppo debole, la fase negativa della reazione non può che nuocere: certi eroismi della letteratura americana sono assolutamente da evitarsi. In quei casi in cui l'ammalato dimostra ipersensibilità (malattia da siero, asma, orticaria, edemi angioneurotrofici, epilessia, altre forme nervose), bisogna scartare i mezzi più energici: lo stesso si dica dell'alcoolismo, della gravidanza, delle malattie di cuore e di reni, del diabete, del tifo inoltrato (3ª settimana) e degli stati settici del tifo specie con complicanze polmonari o con tendenza alle emorragie. Certo che, se tutte le terapie debbono necessariamente ispirarsi alla individualità del soggetto, per la proteinoterapia questa necessità è addirittura imprescindibile.
Bibl.: E. Centanni, Trattato di Immunologia, Milano 1921; F. Widal, Presse médicale, 5 marzo 1921; R. Stintzing, Münch. med. Wochensch., 1922; W. F. Petersen, Proteintherapie und unspezifische Leistungssteigerung, Berlino 1923; C. Klieneberger, Ueber Proteinkörper-bzw. Reizkörpertherapie, in Samml. zwangl. Abth. a. d. Geb. d. Verdauungs- u. Stoffwechselkrankh., 1925, fasc. 3°, pp. 1-26; M. Matthes, Die experimentellen und biologischen Grundlagen der Proteinkörpertherapie, in Deutsch. med. Wochensch., LIII (1927), n. 41, pp. 1715-1718; W. Weichardt, Fortschritte auf d. Gebiete d. unspezifischen Therapie, in Münch. med. Wochenschr., LXXIV (1927), n. 12, pp. 490-91; F. Klenitz, Klinik d. Proteinkörpertherapie. Innere Medizin, in Deutsch. med. Wochenschr., LIII (1927), n. 41, pp. 1719-21; S. Ruszuyák e A. Koranyi, Ueber d. Wirkungsmechanismus d. Proteintherapie, in Klin. Wochenschr., LIII (1927), n. 41, pp. 1719-21; S. Ruszuyák e A. Koranyi, Ueber d. Wirkungsmechanismus d. Proteintherapie, in Klin. Wochenschr., VI (1927), n. 28, pp. 1332-34; R. Schmidt, Proteinkörpertherapie, in Med. Klin., 1932, pp. 317-19.