SANTACROCE, Prospero
SANTACROCE, Prospero. – Nacque a Roma il 24 settembre 1514 da Tarquinio e da Ersilia Massimi.
Il padre, uomo colto e noto avvocato, deciso a farne un clerico, lo iniziò ai piaceri della lettura e della scrittura (Archivio segreto Vaticano, Fondo Santacroce, b. 50b, c. 160r). Seguì le lezioni dell’umanista Paolo Ugolino, che lo istruì nelle lingue greca e latina. Il sacco di Roma nel 1527 costituì una svolta nella vita di Santacroce. I genitori morirono di peste e i beni di famiglia andarono perduti. A tredici anni le sue condizioni di vita e quelle dei suoi tre fratelli e di sua sorella divennero precarie e lo segnarono per sempre. Dovette chiedere l’aiuto di facoltosi parenti e conobbe anni di relativa indigenza.
Dal 1533 iniziò gli studi presso l’Università di Padova, dove rimase per cinque anni e si formò in diritto civile e canonico. L’11 novembre 1537 ottenne il titolo di dottore in utroque iure e tornò a Roma per svolgere la funzione di avvocato concistoriale, chiamato da Paolo III a succedere a suo zio Pompilio Santacroce. Cominciò a cercare appoggi potenti e nel 1542 ottenne la protezione del cardinale Alessandro Farnese che accompagnò nel 1545 nella sua missione presso Carlo V. Alla fine dell’anno divenne uditore della Rota. Lo studio delle cause cominciò il 21 gennaio 1543 e si fece notare per la sua assiduità, eccezion fatta per gli anni 1545 e 1546. Quest’assenza si giustifica con la sua partecipazione, in qualità di uditore, alla delegazione del cardinale Farnese nominato in Germania (Archivio segreto Vaticano, Lettere di Principi, 12, c. 379r). Ben presto fu apprezzato negli ambienti della Curia per la sua conoscenza del diritto e le sue qualità di giurista, nonché per la sua prudenza e le sue attitudini come negoziatore.
Nel gennaio del 1548 fu scelto come nunzio presso il re dei Romani Ferdinando I e ricevette le lettere di credenziali il 21 marzo. L’indomani fu nominato vescovo di Chissamo (Creta). Inizialmente dovette occuparsi di molte questioni cruciali presso l’imperatore Carlo V. Quest’ultimo voleva che fosse riconosciuto l’interim confessionale di Augusta e di conseguenza esigeva degli inviati pontifici che fossero muniti di poteri in grado di riconoscerlo. Inoltre il papa desiderava riprendere Piacenza sotto il dominio della Santa Sede. Dopo il fallimento della sua missione, Santacroce continuò a esercitare la sua funzione e seguì Ferdinando I negli anni successivi. Il grande adempimento della sua nunziatura fu la conversione della setta politico-religiosa hussita detta dei Calixtini.
Giulio III lo nominò nunzio presso la corte di Francia e gli rimise le sue istruzioni il 19 giugno 1552: lo incaricò di consolidare i buoni rapporti tra la S. Sede ed Enrico II. Dal 1552 al 1554 difese l’idea di una pace tra il re e l’imperatore, e sul piano religioso si incaricò della difficile negoziazione degli indulti. Cadde però in disgrazia sotto Paolo IV, che gli rimproverava i suoi legami con i Farnese. Ritrovò i favori papali sotto Pio IV, grazie alla sua amicizia con il segretario del pontefice, Tolomeo Galli, che gli fece ottenere il posto di nunzio apostolico di Bologna nel 1560.
Il 15 luglio partì per il Portogallo come nunzio straordinario, affinché fosse nuovamente presente un nunzio alla corte lusitana e potesse invocare la prossima riapertura del concilio di Trento così come l’indispensabile partecipazione al concilio stesso di ambasciatori e prelati portoghesi. Aveva inoltre il compito di fermarsi alla corte di Spagna per affrontare questioni diplomatiche e religiose scottanti. Incaricato di migliorare le relazioni diplomatiche dopo gli intrighi dei Carafa, aveva come principale missione quella di discutere le condizioni per la riapertura del concilio. Suscitò la diffidenza di Filippo II, date le sue simpatie per il Regno di Francia, che risalivano, secondo Antoine Perrenot de Granvelle, ai suoi studi a Padova (Papiers d’Etat..., a cura di C. Weiss, 1846, p. 192, Granvelle a Filippo II, 6 ottobre 1560). Arrivò alla corte di Lisbona il 1° febbraio 1561. Una volta rientrato a Roma, nel 1565, gli venne attribuito il merito di essere stato il primo a contribuire all’introduzione del tabacco, che avrebbe portato dal Portogallo, tanto che questo fu sopranominato «erba Santa» o «erba Santacroce» (Durante, 1667, pp. 214 s.).
Appena quattro mesi più tardi, il 10 maggio, Pio IV gli ordinò di recarsi alla corte di Francia. Dal 1561 al 1565 occupò ancora una volta la funzione di nunzio, nella quale sostituì Sebastiano Gualtiero. Pio IV e Carlo Borromeo lo giudicavano un negoziatore capace di fare fronte alle difficoltà della situazione francese. Si occupò di portare avanti presso Caterina de’ Medici l’azione diplomatica voluta da Pio IV. Ciò si tradusse in una del tutto relativa apertura ai protestanti al fine di negoziare, individualmente, il loro ritorno al cattolicesimo, nel discutere di un aiuto finanziario del Papato alla Corona di Francia, in un ruolo attivo presso Antonio di Navarra di concerto con il legato Ippolito d’Este, e nel mantenimento di buoni rapporti tra il Regno di Francia e il Papato, mentre si svolgevano le ultime sessioni del concilio di Trento e iniziavano le guerre di religione. Tuttavia, la sua abilità diplomatica mirava essenzialmente a lottare contro l’eresia, che riteneva strategico sconfiggere con la diplomazia più che con le armi. In compenso dei suoi servizi, Pio IV lo creò cardinale il 12 marzo 1565. Nonostante il suo desiderio, per poter rientrare a Roma dovette attendere la morte del papa, il 19 dicembre 1565.
Il 19 febbraio 1567 comprò da Paolo Giordano Orsini il feudo di San Gregorio da Sassola, con l’intenzione di farne una residenza ufficiale (Archivio di Stato di Roma, Fondo Santacroce, b. 40, c. 227r). Da allora si occupò di sistemare la sua proprietà ma, disponendo di poche risorse e avido di guadagno, non esitò a tassare fortemente i suoi sudditi provocando così una sollevazione armata il 13 gennaio 1578. Fece costruire un castello destinato a far conoscere le sue virtù e a proporre una lettura simbolica del suo operato, in particolare religioso e diplomatico, come attestano le personificazioni della Pace e della Vera Religione nella sala dello zodiaco. Volle inoltre che fosse messa in risalto la sua passione per le arti e fece sfoggio dei suoi talenti come mecenate.
Tornò in Francia nel 1567 e seguì la corte fino al 1568, continuando a contare sul favore di Caterina de’ Medici. In seguito a una richiesta di Carlo IX passò nel suo arcivescovato di Arles, che Ippolito d’Este gli aveva ceduto. Fu il titolare di questa sede dal 1566 al 1574, quindi si dimise a favore di suo nipote Silvio Santacroce. Contribuì inoltre all’insediamento di una piccola comunità italiana ad Arles destinata a durare fino alla prima metà del XVII secolo.
Nelle sue attività di nunzio e arcivescovo, Santacroce si affermò come sostenitore della Controriforma e deciso avversario dell’eresia. In occasione del suo ultimo viaggio in Francia, rispetto alla politica di Caterina de’ Medici, tenne sempre a sostenere i principi dell’ortodossia cattolica più rigorosa. Nel suo palazzo di Roma accoglieva, due volte a settimana, la riunione della «congregazione del concilio» (Pastor, 1955, p. 875). Le sue prese di posizione gli sarebbero valse il soprannome di «martello delle eresie» presso i suoi contemporanei (Tallon, 2011, p. 338).
Con il favore di Pio V ottenne il titolo di cardinale di S. Maria degli Angeli l’8 aprile 1569. Il 5 marzo 1574 Gregorio XIII gli conferì quello di S. Adriano al Foro e nel marzo del 1583 quello di S. Clemente. Infine, Sisto V lo fece cardinale di Albano l’8 maggio 1589. Continuò a difendere gli interessi della Corona di Francia durante i pontificati di Gregorio XIII e di Sisto V (Archivio segreto Vaticano, Fondo Santacroce, b. 1175). Fu membro della Congregatio Germanica dalla sua creazione (Steinhauf, 1993, p. 103). Fu anche uno dei papabili del conclave del 1585 (Pastor, 1955, p. 14).
Morì a Roma l’8 novembre 1589. Il pronipote, il cardinale Marcello Santacroce, si occupò della sepoltura e dell’epitaffio nel secolo XVII. Fu sepolto in S. Maria Maggiore, prima che Scipione Santacroce trasferisse le sue spoglie in S. Maria in Publicolis nel 1737, desideroso di riunire i suoi antenati in un solo luogo.
Ebbe un’importante reputazione di bibliofilo e lasciò una ricca biblioteca. Quest’ultima rifletteva tutte le attività della sua vita e conteneva libri di diritto canonico e civile come pure raccolte giurisprudenziali del tardo Rinascimento, trattati politici, numerose opere di geografia e di storia, ma anche libri di economia, opere filosofiche o ancora libri di alchimia. Ebbe inoltre pretese letterarie, come attestano i tre volumi che redasse sotto il titolo Prosperi Sanctacrucii de civilibus Gallia dissensionibus commentarium libri III. Doveva trattarsi di una storia degli inizi delle guerre di religione in Francia fino alla fine dell’anno 1562, ma ritenne che non meritassero di essere pubblicati; lo sarebbero stati soltanto nel XVIII secolo (Prosperi Sanctacrucii de civilibus Gallia dissensionibus commentarium libri III, in Veterum scriptorum et monumentorum amplissima collectio, a cura di E. Martene - U. Durand, V, Paris 1729).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Roma, Camerale II, Nunziature, b. I; Fondo Santacroce, bb. 43-46, 90, cc. 10, 279, 555, 632, 1175; Collegio dei Notai Capitolini, 1567, cc. 603v, 606v; Trenta Notai Capitolini, ufficio 28, a. 1586, cc. 689-696; a. 1589, cc. 539-697; Archivio segreto Vaticano, Arm. XLI, 65; Carte Farnesiane, I 16; Concilio, 30; 138; 150; Fondo Pio, 62, 63, 116, 134, cc. 206-232, 249; Fondo Santacroce, b. 40, cc. 213-267; 50b, cc. 160-163 ; Lettere di Principi, 12, cc. 379-396, 487-502; Misc. Arm. III, 60; Nunziatura diverse, 107, 274; Nunziatura di Francia, 3; Nunziatura di Germania, 4; Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat., 5759; Patetta, 1153; Vat. lat., 6409, cc. 193, 307, 348; 6410, cc. 1, 3, 85, 87, 196; 8138, cc. 400-466; Paris, Bibliothèque nationale, Français, 3034, 3141, 3182, 3372, 3421, 4691, 10191, 15552, 16043; Italien, 1673, 2182; Roma, Biblioteca Angelica, Mss., 1634; Roma, Deutsches Historisches Institut, Minucciana, 9, cc. 367-368, 437-439v. Papiers d’Etat du cardinal de Granvelle d’après les manuscrits de la bibliothèque de Besançon, a cura di C. Weiss, VI, Paris 1846, p. 192; Nuntiatur des Verallo, 1545-1546, a cura di W. Friedensburg, Gotha 1898, ad ind.; Die Süddeutsche Nuntiatur des Grafen Bartholomäus von Portia, 1574-1575, a cura di K. Schellhass, Berlin 1903, ad ind.; Legation des Kardinal Sfondrato 1547-1548, a cura di W. Friedensburg, Berlin 1907, ad ind.; Nuntiatur des Bischofs Pietro Bertano von Fano, 1548-1549, cura di W. Friedensburg, Berlin 1910, ad ind.; Nuntiaturen des Pietro Camaiani und Achille de Grassi, Legation des Girolamo Dandino, 1552-1553, a cura di H. Lutz, Gotha 1959, ad ind.; Correspondance du nonce en France P. S. 1552-1554, a cura di J. Lestocquoy, Rome-Paris, 1972, ad ind.; Correspondance du nonce en France Antonio Maria Salviati, 1572-1578, a cura di P. Hurtubise - R. Toupin, I-II, Rome 1975, ad ind.; Correspondance des nonces en France Lenzi et Gualterio, légation du cardinal Trivultio (1557-1561), a cura di J. Lestocquoy, Rome 1977, ad ind.; Friedenslegation des Reginald Pole zu Kaiser Karl V und König Heinrich II. 1553-1556, a cura di H. Lutz, Tübingen 1981, ad indicem.
C. Durante, Herbario nuovo, Venezia 1667, pp. 214 s.; G.B. Adriani, Della vita e delle varia nunziature del cardinale P. S., in Miscellanea di storia itraliana, V (1868), pp. 13-714; A. Ciccarelli, De origine, antiquitate et nobilitate illustrissimae domus Sanctacruciae, ibid., pp. 1-12; J. Šusta, Die Römische Kurie und das Konzil von Trient unter Pius IV, Wien 1904-1914, ad ind.; Hierarchia catholica, III, Monasterii 1913, p. 116; L. von Pastor, Storia dei papi, V-X, Roma 1928-1955, ad indices; J. Lestocquoy - L. Duval-Arnould, Le cardinal Santa Croce et le sacré collège en 1565, in Archivum historiae pontificae, Rome, XVIII (1980), pp. 263-296; F. Giannetto, Il nunzio S. e il re Antonio di Navarra (1561-1562), in Archivium historiae pontificae, Rome 1990, vol. 28, pp. 161-199; B. Steinhauf, Giovanni Ludovico Madruzzo: 1532-1600, Münster 1993, pp. 91, 103, 136; J. Montagu, The Santacroce tombs in S. Maria in Publicolis, Roma, in The Burlington Magazine, 1997, n. 139, pp. 849-859; A. Tallon, La France et le concile de Trente (1518-1563), Rome 1997, ad ind.; Id., Rome et les premiers édits de tolérance, d’après la correspondance du nonce Prospero Santa Croce, in Coexister dans l’intolérance. L’édit de Nantes (1598), a cura di M. Grandjean - B. Roussel, Genève-Paris 1998, pp. 339-352; C. Weber, Genealogien zur Papstgeschichte, II, Stuttgart 1999, pp. 845 s.; M. Rufini, Gli affreschi del cardinale P. S. nel castello di San Gregorio da Sassola. Ritratto di un commitente, Roma 2001; A. Ranaldi, L’incompiuta villa di P. S. a San Gregorio da Sassola presso Tivoli. Un ipotetico progetto di Ottaviano Mascarino, in Bolletino d’arte, 2005, n. 231, pp. 69-88; A. Tallon, Entre intransigeance confessionnelle et casuistique diplomatique: pratiques de la diplomatie pontificale à la cour de France du XVIe siècle, in L’Europe divisa et i nuovi mondi. Per Adriano Prosperi, a cura di M. Donattini et al., II, Pisa 2011, pp. 337-339.