INTORCETTA, Prospero (Yin Duoze, Juesi [Il Saggio])
Nacque a Piazza Armerina il 28 ag. 1625. All'età di sedici anni i genitori lo iscrissero al Siculorum Gymnasium di Catania per studiare diritto, ma dopo pochi mesi decise di entrare nella Compagnia di Gesù insieme con il fratello Francesco. Il 31 dic. 1642 fu ammesso al noviziato di Messina. Dal 1644 al 1646 intraprese gli studi umanistici presso il collegio di S. Francesco Saverio a Palermo, per poi fare ritorno al collegio di Messina, che, grazie soprattutto all'opera svoltavi da J. Nadal, ebbe allora una notevole importanza nel consolidamento del piano degli studi previsto dalla Compagnia sia per le materie teologico-umanistiche, sia per quelle scientifiche, comprese nella filosofia naturale. Per un anno l'I. vi insegnò grammatica.
Da una lettera del 20 sett. 1646, con la quale fece richiesta al generale V. Carafa di essere inviato in terra di missione, risulta che l'I. proseguiva privatamente lo studio della logica e della fisica per prepararsi all'esame del primo anno del corso triennale di filosofia. Di ritorno a Palermo nel 1647, completò infatti in due anni il corso di filosofia (1647-49) e si dedicò alla fisica. Iniziò il periodo di magistero con un incarico di docente a Vizzini (1649-50) e poi a Caltanissetta (1650-51). Nell'autunno 1651 fece infine ritorno al collegio di Messina, dove si iscrisse al corso quadriennale di teologia, che si protrasse fino all'estate 1655. Verso la fine del terzo anno ebbe luogo l'ordinazione sacerdotale.
Avendo ormai espresso numerose volte il desiderio di essere inviato in terra di missione, nel 1656 l'I. fu destinato "ad Malabaricam missionem" (Roma, Arch. Romanum S.I., Sic., 159, c. 14). L'assenza dei cataloghi siciliani e malabarici corrispondenti al 1655 e agli anni immediatamente successivi impedisce purtroppo di stabilire le cause del mancato invio dell'I. presso la costa sudorientale dell'India e la scelta della Cina come sua destinazione finale. Il 4 apr. 1657, infatti l'I. si imbarcò a Vidigueira, in Portogallo, sul "Bom Jesus" alla volta dell'Impero di mezzo, insieme con M. Martini e altri quindici confratelli. Giunse a Macao all'inizio del 1659 e il 16 febbraio vi pronunciò i voti solenni; l'anno successivo era a Jianchang (oggi Nanchang, Jiangxi), dove iniziò l'opera pastorale facendo erigere una chiesa. Le persecuzioni anticristiane del 1665 lo obbligarono a riparare dapprima a Pechino e poi in esilio a Canton. Nell'ottobre 1666, fu eletto procuratore a Roma.
Tra i compiti assegnatigli non c'era solo quello di riferire al superiore generale sullo stato della missione in Cina, ma soprattutto quello, assai più delicato e pressante, di ottenere dal papa il permesso di amministrare gli uffici liturgici in cinese, nonché di consacrare sacerdoti nativi. Entrambi questi aspetti erano infatti considerati irrinunciabili dai padri della Compagnia ai fini del proseguimento e dello sviluppo dell'opera pastorale. Il papa non nutriva però gli stessi sentimenti e così la missione romana dell'I., condotta tra mille difficoltà, sarebbe stata un completo insuccesso.
Il soggiorno a Canton si protrasse per oltre un anno. Raggiunta Macao il 3 sett. 1668, l'I. salpò per l'Europa il 21 genn. 1669; nel 1671 era a Roma. L'anno successivo aveva già approntato una relazione sullo stato della missione cinese, la cui traduzione volgare fu data alle stampe con il titolo Compendiosa narratione dello stato della missione cinese dall'anno 1581 fino al 1669 (Roma 1672).
Presentato ai cardinali di Propaganda Fide, l'opuscolo intendeva appunto illustrare le condizioni interne della missione in un momento particolarmente delicato della sua vita, nel quale, appena uscita dalle persecuzioni, essa aveva più che mai bisogno di forze nuove. L'I. si astenne però dal prendere posizione sulla famosa questione dei riti, già in atto ma non ancora del tutto esplosa, grazie anche ai decreti di compromesso emessi dall'Inquisizione del 1669 e miranti a suddividere per aree geografiche distinte gli ordini religiosi impegnati nell'opera pastorale in Cina, in modo da permettere loro di adottare i propri metodi di evangelizzazione senza entrare in conflitto gli uni con gli altri. Tali decreti erano ispirati dal solo obiettivo di ritardare l'inasprirsi delle controversie e rivalità tra ordini mendicanti e gesuiti in merito alle pratiche liturgiche adottate in Cina, controversie che avrebbero avuto conseguenze disastrose per il futuro della Compagnia.
In altri due documenti, di cui uno inedito, diretti alle autorità di Propaganda Fide, l'I. affrontò una serie di questioni cruciali relative al culto reso in Cina a Confucio e agli antenati, nonché alla formazione del clero nativo. Il primo è una Apologetica disputatio (Roma, Biblioteca nazionale, Mss. gesuitici, 1249 [=3378], n. 10), approvata dal padre provinciale F. Pacheco il 15 ag. 1668. Si tratta di un testo che, riconoscendo Confucio come maestro e progenitore dei Cinesi, riveste un carattere appunto apologetico poiché scritto in risposta alle accuse mosse dal domenicano D.F. de Navarrete, il quale aveva insinuato che nelle chiese gesuite il grande filosofo cinese fosse oggetto di un vero e proprio culto. Lo scritto dell'I., che comprende anche una lunga traduzione di F. Brancati, fu stampato in Francia con il titolo di Testimonium de cultu Sinensi (Paris 1700).
Il testo inedito è invece una relazione datata 24 marzo 1672 e intitolata Informazioni che dà p. Intorcetta, sacerdote della Comp. di Giesù e proc. della Cina, alli eminentissimi signori cardinali della sacra congreg.ne de Propaganda Fide […]. Si tratta delle condizioni che si richiedono in quelli cinesi che si hanno da promuovere alla dignità sacerdotale, e si difende il privilegio conceduto ai padri missionari della Comp. sulla Cina da Paolo V circa la versione della Bibbia, messale, breviario, etc. in lingua cinese polita e propria dei letterati cinesi. Roma, 24 marzo 1672 (Roma, Biblioteca nazionale, Mss. gesuitici, 1257 [=3386], n. 14). Lo scritto pone in evidenza la profonda conoscenza che l'I. aveva della lingua cinese, adoperata per controbattere l'obiezione dell'Inquisizione, di certo ispirata dai missionari degli ordini mendicanti, circa la polisemia del cinese che per ciò stesso impedirebbe un'esatta comprensione delle sacre formule. Per risolvere questo problema era stato proposto di ricorrere a una traslitterazione fonetica delle formule del messale e dei versetti biblici piuttosto che a una vera e propria traduzione. In altre parole le formule latine sarebbero state rese mediante l'uso di caratteri cinesi usati in senso fonetico (come per esempio nel caso di "Hoc est corpus", tradotto come "hocu yesutu colopusu"), e non semantico, dando luogo così, come ebbe a dire lo stesso I., a un "laberinto d'inconvenienti indescrivibile" (c. 108r). Egli mostra le incongruenze derivanti dall'uso di "geroglifici tanto sconnessi e disparati" (c. 110v) e si adopera dunque a spiegare la assoluta intelligibilità dei testi scritti in cinese, perché "ci è il suo modo e forma per determinarli a significare attualmente una sol cosa e non l'altra" (c. 111v).
Rientrato in Cina nell'agosto 1673, l'I. si stabilì nella città di Hangzhou (nella provincia di Zhejiang), per succedere al cugino U. Augerio nella cura della Chiesa locale. Dal 1676 sino al 1684 fu visitatore per la Cina e il Giappone, sebbene i cataloghi degli anni 1680-81 lo indichino anche come rettore del collegio di Hangzhou e maestro dei novizi. Nel 1687 lo raggiunse la nomina a viceprovinciale della Cina, ufficio che mantenne sino alla promulgazione del famoso editto di tolleranza dell'imperatore Kangxi del 22 marzo 1692, che pose fine, almeno temporaneamente, alle persecuzioni ai danni dei missionari cristiani.
L'I. morì a Hangzhou il 3 ott. 1696.
Gli eventi che caratterizzano gli sfortunati anni immediatamente precedenti l'editto sono descritti, in uno stile assai vivido, da G.F. Gemelli Careri nel Giro del mondo (IV, pp. 112-114). La narrazione ha come protagonista proprio l'I., vittima delle invidie e angherie del vicegovernatore provinciale, il quale fece chiudere la chiesa e bruciare non solo la sua biblioteca, ma anche tutte le matrici per la stampa delle opere cattoliche in cinese. Venuti a conoscenza della persecuzione ai danni dell'I., i gesuiti T. Pereia, A. Thomas e F. Grimaldi inviarono un memoriale al principe Xuanye, futuro imperatore Kangxi, per chiedere la sua intercessione.
L'importanza della figura dell'I. risiede non tanto nella vita pastorale, peraltro intensa, quanto piuttosto nell'opera filologica, che contribuisce a qualificarlo come uno dei grandi sinologi della prima Età moderna. Tale opera è caratterizzata soprattutto da alcuni importanti progetti di traduzione dei testi canonici appartenenti al corpus della tradizione confuciana. Come è noto, già dall'arrivo in Cina di M. Ricci, i missionari della Compagnia si erano dedicati con particolare zelo all'opera di traduzione, non solo di testi teologico-liturgici in cinese, da utilizzarsi per la catechesi e il magistero, ma anche di testi confuciani in latino. Tali opere dovevano assolvere a una duplice funzione, la prima di tipo didattico, in quanto venivano impiegate per l'istruzione dei giovani missionari nel difficile stile letterario in cui erano scritti, e la seconda di tipo più profondamente morale e intellettuale. Le note esegetiche in esse contenute ponevano in luce quella "religiosità naturale" e "fede implicita", che ai missionari gesuiti sembrava di scorgere nel pensiero confuciano e sulla quale orientarono tutta la loro strategia evangelica in Cina.
Il primo dei grandi progetti esegetici intrapresi dall'I., in collaborazione con altri confratelli, è la Sapientia Sinica, che fu data alle stampe a Jianchang nel 1662. L'opera comprende parti dei Dialoghi (Lun yu), nonché la Grande scienza (Da xue), entrambi testi canonici appartenenti alla scuola Ru o confuciana. Seguì una Sinarum scientia politico-moralis, traduzione parziale della Dottrina del mezzo (Zhong yong), stampata dapprima a Canton nel 1667 e successivamente a Goa nel 1669, con l'aggiunta di una Confucii vita. Anche se quest'opera ebbe una circolazione piuttosto limitata, venne ristampata nelle Relations de divers voyages curieux di M. Thévenot (Paris 1663-72; ibid. 1696) e ricevette una certa attenzione in Europa.
Il missionario gesuita P. Couplet nel suo Catalogus patrum Societatis Iesu… ab anno 1581 usque ad annum 1681 (Dilingen 1687) cita altre due opere dell'I., che, insieme con le traduzioni già menzionate, sarebbero anteriori al 1687, data di pubblicazione a Parigi del Confucius Sinarum philosophus, sive Scientia Sinensis Latine exposita, culmine del progetto collettivo di traduzione del corpus di testi della tradizione confuciana (oltre all'I., vi lavorarono C. Herdtrich, F. Rougemont, P. Couplet). Esse sono la Yesuhui li (Regola della Compagnia di Gesù) e una versione degli Esercizi spirituali. Entrambe queste opere dovettero essere destinate al noviziato di Hangzhou e vennero probabilmente tradotte dall'I. durante il periodo di rettorato tra il 1680 e il 1681.
Le opere linguistico-filologiche dell'I. esercitarono una notevole influenza sui nuovi interessi antropologico-religiosi che animarono le accademie e i circoli intellettuali europei, poiché contribuirono ad alimentare l'interesse per la storia e le istituzioni politico-religiose cinesi. Esse ispirarono in parte anche i dibattiti intorno alla possibilità di costruire una lingua universale o, piuttosto, riscoprire la lingua adamitica. Uno degli animatori di tali dibattiti fu il gesuita A. Kircher. Un possibile scambio di idee tra lui e l'I. a proposito della traduzione del citato classico confuciano Zhong yong, contenuta nella Sinarum scientia politico-moralis, può aver avuto luogo, secondo quanto ipotizza D. Mungello (pp. 216 s.), nel corso della visita effettuata dall'I. a Roma nel 1671 in qualità di procuratore. Kircher cita la traduzione dell'I., nonché un dizionario che questi avrebbe composto insieme con altri confratelli, nella sua corrispondenza con A. Müller, autore della Clavis Sinica, che intendeva appunto offrire una chiave interpretativa atta a facilitare lo studio della lingua cinese (A. Müller, De invento Sinico epistolae nonnullae, s.l. né d., pp. 2-8: lettera di Kircher del 28 dic. 1674).
L'ed. anastatica di Sapientia Sinica, Sinarum scientia politico-moralis e Confucio Sinarum philosophus con il titolo Confucio e il cristianesimo, è stata curata da P. Beonio-Brocchieri, Torino 1972-73.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. Romanum S.I., Hist. Soc., 49, c. 22; 50, c. 48v; Sic., 65, Catalogi triennales 1645, c. 239, n. 19; 156, cc. 263v, 293v, 315, 359v; 158, c. 31; 159, cc. 14, 26, 47, 67, 93; 189, c. 327 (Autobiografia dell'I. fino al 1672); Fondo gesuitico, 744; Indipetae, 13, n. 144; 745, c. 13b, nn. 23, 59; Lus., 7, c. 302; Iap.-Sin., 26, c. 52; 134, cc. 344, 348v n. 18, 353, 364v, 366v n. 9, 370 n. 6; 162, c. 277v; 165, cc. 297, 299, 301; Ibid., Biblioteca nazionale, Mss. gesuitici, 1249 (=3378), n. 5, cc. 117v-118r: G.D. Gabiani, Dissertatio apologetica et apologetica dissertationis appendix; 1257 (=3386), n. 4, c. 21r bis: Missioni della Cina, sec. XVIII. Osservazioni sulle controversie cinesi, alla sacra congregazione della S. Inquisizione per li padri della Compagnia di Gesù (19 genn. 1701); C. Le Gobien, Histoire de l'édit de l'empereur de la Chine en faveur de la religion chrétienne, Turin 1699, pp. 50 s.; Histoire apologétique de la conduite des jésuites de la Chine adressée à messieurs des missions étrangères, Paris 1700, pp. 50 s.; G.F. Gemelli Careri, Giro del mondo, IV, Nella Cina, Venezia 1728, pp. 112-114; M. De Mailla, Histoire générale de la Chine, XI, Paris 1780, p. 162; A. Rémusat, Nouveaux mélanges asiatiques, II, Paris 1829, pp. 229-235; H. Cordier, L'imprimerie sino-européenne en Chine. Bibliographie des ouvrages…, Paris 1901, pp. 16-20, 29; M. Courant, Catalogue des livres chinois, Paris 1902, col. 1096; C. Minacapelli, Il p. P. I. della Compagnia di Gesù, missionario in Cina del secolo XVII, in Scuola cattolica, XVIII (1910), pp. 564-572; E. Elli, Il p. P. I. della Compagnia di Gesù, missionario in Cina, in Missioni cattoliche, XLV (1916), pp. 584-586, 593-598; R. Boxer, Some Sino-European xylographic works, 1662-1718, in Journal of the Royal Asiatic Society, 1947, pp. 199-215; F. Bontinck, La lutte autour de la liturgie chinoise aux XVIIe et XVIIIe siècles, Louvain 1962, pp. 127-144; P. Beonio-Brocchieri, P. I., in Scienziati siciliani gesuiti in Cina nel XVII secolo, a cura di A. Luini, Roma 1983, pp. 171-182; C. Dollo, La cultura filosofica e scientifica dei gesuiti siciliani nel '600, ibid., p. 184; C. Capizzi, Per una biografia scientifica di P. I., ibid., pp. 197-217; C. von Collani, P. Joachim Bouvet S.J.: sein Leben und sein Werk, Nettetal 1985, pp. 31, 140; D. Mungello, Curious land, Jesuit accomodation and the origins of sinology, Honolulu 1985, pp. 95, 216 s., 219, 226, 231, 250-252, 254, 291, 297, 301; P. Rule, K'ung-tzu or Confucius, the Jesuit interpretation of Confucianism, Sydney 1986, pp. 72, 116; J. Heyndrickx, Philippe Couplet S.J. (1623-1693). The man who brought China to Europe, Nettetal 1990, pp. 37, 56 s., 66-69, 73, 103, 108, 112, 120, 126, 145 s., 205; D. Sabbatucci, Politeismo, II, Roma 1998, pp. 654-667; N. Standaert, Handbook of Christianity in China, I, 635-1800, Leiden 2001, pp. 185, 309, 313, 356, 391, 462; P. Ribadeneira - N. Southwell, Bibliotheca scriptorum Societatis Iesu, Roma 1677, pp. 714 s.; A. Mongitore, Bibliotheca Sicula, sive De scriptoribus Siculis, II, Palermo 1707, pp. 193 s.; H. Cordier, Bibliotheca Sinica, Paris 1875, p. 180; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, IV, Bruxelles-Paris 1893, coll. 640-643; M. Streit, Bibliotheca missionum, V, Roma 1929, pp. 849 s., 898, 965; VII, ibid. 1931, pp. 22, 76; VIII, ibid. 1934, p. 52; L. Pfister, Notices biographiques et bibliographiques sur les jésuites de l'ancienne mission de Chine, 1552-1773, I, Shanghai 1932, pp. 321-328; J. Dehergne, Répertoire des jésuites de Chine de 1552 à 1800, Roma 1973, pp. 129 s.; Diccionario histórico de la Compañía de Jesús, III, Roma 2001, coll. 2059 s.