PROSERPINA
Divinità romana, corrispondente alla greca Persefone (v.), della qual parola, anzi, il nome di P. non è che una derivazione e un adattamento fonetico; benché gli antichi (cfr. Varrone, De lingua lat., V, 68) lo facessero derivare da proserpĕre. Quando e come il culto e il nome di P. siano arrivati a Roma e nel Lazio, non si può stabilire con sicurezza. Una leggenda (riferita da Valerio Massimo, II, 4, 5) raccontava come il culto di Dite (v.) e di P. fosse stato istituito, durante una pestilenza, da un tal Valerio, in un luogo, chiamato Tarentum, presso il Campo di Marte: d'altra parte, una relazione storica fededegna (conservata da Varrone e da Livio) c'informa che, nell'anno 249 a. C., in un periodo, cioè, assai critico della prima guerra punica, essendosi consultati, in seguito ad insoliti prodigi, i libri sibillini, questi ordinarono che, per tre notti consecutive, venisse offerto un sacrificio a Dite e a P. Fu questa l'origine dei ludi Tarentini, ossia dei ludi saeculares, ordinati secondo il rito greco. Infatti venne allora stabilito, sempre per indicazione dei libri sibillini, che tra una celebrazione dei giuochi e quella successiva dovesse correre un determinato spazio di tempo, e cioè un saeculum (v. ludi, XXI, p. 595; secolo).
Se pertanto è probabile che così la leggenda riferita da Valerio Massimo come i supposti giuochi secolari che, secondo la medesima tradizione, si sarebbero celebrati nel 449 e nel 348 a. C., non siano che invenzioni annalistiche, destinate ad anticipare la data d'istituzione di quei ludi, altrettanto probabile sembra, però, che il culto delle due divinità greche dell'oltretomba sia stato importato a Roma prima del 249 a. C. e che questa data corrisponda piuttosto all'inizio di un nuovo periodo di sviluppo di esso, con la celebrazione dei primi ludi tarentini.
Come è evidente che si tratta di divinità e di culto greco trasferiti nel Lazio, altrettanto evidente appare che patria di questo culto dové essere la città di Taranto, dalla quale i giuochi ebbero appunto il loro nome. Se si accetta la recente ed assai convincente ipotesi di un moderno studioso (Altheim), si possono ritenere ormai identificati l'origine, il tempo e il modo d'introduzione del rito greco dei ludi secolari: da Taranto esso sarebbe passato, ancora nel sec. V, nell'Apulia, donde circa due secoli più tardi sarebbe stato introdotto in Roma. In ogni modo, i Romani rimasero così consci dell'origine greca della dea P., che ritennero necessario chiarirne, in certo modo, l'aspetto e il significato, identificandola alla indigena Libera (v. libero e libera).
Un vero e proprio culto di P., al difuori del rito greco dei ludi secolari, si può dire che non si sia mai avuto a Roma; e tanto meno penetrò la dea nella religione e nelle credenze popolari. Molto frequentemente compare invece nella poesia; ma soltanto in figura della greca Persefone. Nei ludi secolari le si sacrificava, all'ara eretta presso il cosiddetto Tarentum, una vacca bruna (hostia furva); né risulta che, oltre a questo altare, la dea abbia mai avuto altro luogo di culto in Roma.
Assai rare sono anche le epigrafi votive col nome di P.: in una, del territorio di Roma (Corp. Inscr. Lat., VI, 508), è ricordata una sacerdos Matris deum et Proserpinae; da altre apprendiamo l'esistenza di un'ara e di una statua di P. a Vibo Valentia (X, 39) e di un tempio di P. a Malta (X, 7494).
Nella Spagna, P. fu identificata con la dea indigena Ataecina (o Adaegina).
Bibl.: J.B. Carter, in Roscher, Lexicon der griech. und röm. Mytologie, III, col. 3141 segg.; G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, 2ª ed., Monaco 1912, p. 309 segg.; F. Altheim, Terra Mater. Untersuchungen zur altitalischen Religions gegeschichte, Giessen 1931, p. i segg.; id., Römische Religionsgeschichte, Berlino-Lipsia 1931-33, II, p. 114 segg.