CONTI, Prosdocimo
Nacque a Padova intorno al 1370 da Manfredino di Alberto, agente e consigliere deì Carraresi. Studiò diritto presso l'università cittadina, a partire dal 1390 circa, conseguendo nell'agosto 1393 la licenza in diritto civile, poi quella in diritto canonico e addottorandosi, infine, inutroque il 28 maggio 1398 (suoi promotori furono Francesco Zabarella, Antonio di Santangelo e Antonio Lambertazzi). Subito dopo fu ascritto nel Collegio dei dottori giuristi, di cui divenne gastaldo nel 1403.
Nel 1399 entrò al servizio di Francesco Novello. Il C. conservava, infatti, buoni rapporti, già intrattenuti dal padre, con i signori padovani, rapporti che non erano stati interrotti dal tradimento del fratello Artusio, passato al servizio dei Visconti durante la breve occupazione milanese di Padova, e quindi condannato a morte quando i Carraresi ripresero il dominio della città. Il Gatari afferma addirittura che Francesco Novello, per dimostrare che la propria benevolenza verso il C. non era stata turbata dal tradimento di Artusio, gli avrebbe concesso in moglie nel 1392 una cugina di Taddea d'Este. La notizia non appare confermata da altre fonti e sembra contrastare con l'altra, sicuramente accertata, del matrimonio del C. con Orsola Zacco, figlia di un notaio padovano, avvenuto nel 1402. Essa comunque sta a testimoniare dell'amicizia del C. con Francesco Novello, del quale egli fu più volte giudice e consulente. Inoltre nella prima metà del 1402 il C. funse da vicario del podestà bolognese Padovano Pizzacomino e nel 1403 coprì per un trimestre l'ufficio di giudice dell'Orso nel governo comunale di Padova. Nel 1403, infine, ebbe inizio il suo insegnamento nello Studio cittadino.
Il passaggio di Padova sotto il dominio veneziano, avvenuto nel 1405, non modificò la posizione sociale del Conti. Egli continuò a far parte di quel ceto dirigente padovano sul cui sostegno e sulla cui adesione Venezia cercava di fondare la solidità del proprio dominio nella città, e che, pertanto, tendeva a favorire. Non a caso il C. fu tra coloro che acquistarono a basso prezzo proprietà della famiglia Carrara nel 1405 e che ottennero, l'anno successivo, a Venezia la conferma di tali acquisizioni. Nel novembre 1405 fece parte dell'ambasceria inviata a Venezia per la dedizione del Comune alla Signoria; e nel gennaio successivo fu tra i legati padovani che ricevettero la bolla d'oro dei diritti e dei doveri di Padova dal doge Michele Steno.
Titolare di vaste proprietà nel Padovano - la cui estensione era accresciuta in seguito all'acquisto delle terre dei Carrara - e di una casa in città nella contrada S. Cecilia, professore di diritto civile e canonico nell'università, nel 1412 il C. venne nominato cancelliere laico del vescovo di Padova e quindi autorizzato a concedere i titoli universitari e incaricato dell'amministrazione temporale del vescovato. Nello stesso anno compare come oratore presso il governo veneziano: il 15 gennaio fece richiesta di truppe per proteggere Padova dall'incombente invasione ungherese. Ancora come oratore della città si recò a Venezia il 3 luglio 1418, insieme con Pietro Scrovegni, per richiedere la riforma della "dadia delle lanze" dovuta dal Comune alla Serenissima. La sua fedeltà al dominio veneziano appare fuori dubbio: egli teneva persino informato il governo veneziano su attività sediziose: nel 1419, con il vescovo Pietro Marcello, accusò Giovan Francesco Capodilista, professore nello Studio padovano, di aver scritto contro la Serenissima (l'accusa risultò in seguito infondata e il Capodilista, dopo esser stato condannato a dieci anni di esilio a Creta, venne completamente riabilitato nel 1421).
Nel 1420 fece parte della commissione incaricata della riforma degli statuti padovani. Nel 1422 lasciò lo Studio cittadino (sembra, però, che vi insegnasse per breve tempo l'anno seguente) e successivamente forse fu per pochi mesi nell'università di Siena come lettore di diritto canonico. Nel 1425 contrasse un secondo matrimonio con Beatrice di Mastino Visconti che gli portò una dote di 400 ducati. Negli anni successivi lo troviamo al diretto servizio di Venezia: nel 1426 collaborò con Raffaele Fulgosio e Raffaele Raimondi Cumano alla stesura di un trattato di pace con il duca di Milano e agli inizi del 1429 fu uno degli ambasciatori della Serenissima al concilio di Ferrara.
Nello stesso anno rientrò a Padova, ove riprese ad insegnare a partire dal 30 maggio 1429: nel 1430 egli compare nei rotuli dell'università come titolare della lettura ordinaria delle Decretali con lo stipendio annuo di 300 ducati. In quell'anno 1430 venne attuata una importante riforma del Maggior Consiglio del Comune padovano, riforma che accentuava il carattere oligarchico del Consiglio stesso e lo trasformava in "monopolio d'un ristretto gruppo di famiglie, che sono le più potenti per ricchezza e nobiltà" (A. Ventura, p. 61). Il governo cittadino veniva, dunque, affidato ad una ristretta oligarchia della quale risulta far parte stabilmente il C., che fu membro del Maggior Consiglio dal 1430 sino alla morte. In questa veste, tra l'altro, il C. formulò il testo delle norme, approvate dal Consiglio medesimo, in tema di eredità, di procedimenti presso la Cancelleria comunale e di compravendita. Continuò, peraltro, a fungere da consulente della Serenissima anche dopo il 1430.
Sembra possibile affermare che il C. morì a Padova il 12 luglio 1438. Tale data è, infatti, indicata da uno dei suoi studenti, Alberto di Eyb (cfr. M. Herrmann, AIbrecht von Eyb und die Frühzeit des deutschen Humanismus, Berlin 1893, p. 220). D'altro canto egli risulta già morto in un documento universitario del 17 ag. 1439 (Zonta-Brotto, n. 1381) e alla fine del 1438 gli successe nella lettura ordinaria delle Decretali Paolo Dotti. Fu sepolto nella cappella di famiglia, dedicata al beato Luca Belludi, nella basilica di S. Antonio.
Studioso di vasta cultura, giuridica e umanistica (testimoniata dalla ricca bibliotecada lui posseduta), il C. è autore di alcune importanti opere. I due trattati Contrarietates et diversitates inter ius canonicum et civile e De arbore consanguinitatis et affinitatis sono editi nei Tractatus Universi Iuris, Venetiis 1584, I, cc. 190r-197v e IX, cc. 140r-144v. Il primo di essi è conservato, in un manoscritto del secolo XV, nella Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 5925. Inoltre sono giunti a noi numerosi consilia del C., risalenti agli anni 1399-1402 e conservati in manoScritti autografi nell'Archivio di Stato di Padova, Atti giudiziari, Compromessi al sigillo, III, n. 9; Ibid., Cavalli, filza III, nn. 3, 11, 14; Ibid., Volpe, filza II, n. 2; Ibid., Orso, filza IV, n. II. Copie manoscritte di questi e di altri consilia si possono trovare in tre miscellanee di opinioni legali compilate nel XV secolo: Firenze, Bibl. nazionale, Fondo Landau Finaly, ms. 98; Perugia, Badia di S. Pietro, CM 57; Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. Lat., cl. V, 30 (per la descriz. dei primi due codici, cfr. P. O. Kristeller, Iter Italicum, I, p. 169; II, p. 53). Alcuni dei consilia sono stampati nei Tractatus Universi Iuris, cit., I, pp. 160r-168v, nn. 1, 24, 57, 70, 81, 102, 104, 128, fra le opinioni legali di Raffaele Fulgosio e di Raffaele Raimondi Cumano.
La maggiore opera inedita del C. è la Lectura in librum II Decretalium, che tratta principalmente di procedura per i tribunali ecclesiastici. La Lectura è conservata, completa o parziale, in cinque manoscritti: Bernkastel-Kues, Bibliothek des St. NikolausHospitals, cod. Cus. 220, cc. 152r-276v, copiato in parte da Niccolò Cusano, quando era studente a Padova dal 1417 al 1423; Monaco, Bayerische Staatsbibl., Cod. Lat. Mon. 6546, fino al "De fide instrumentorum" (X.2.22); 6567, fino al "De confessis" (X.2.18); Praga, Biblioteca del Capitolo metropolitano, cod. I XXII/I-2, copiato da Venceslao Hniewssin di Krumlow a Padova fra il 1445 e il 1447; Wolfenbüttel, Herzog-August Bibliothek, cod. 85.7, cc. 1r-320 (su questi manoscritti cfr. Krchúák, p. 83, e sull'ultimo H. Butzmann, Die mittelalterlichen Handschrifien der Gruppen Extravagantes, Novi und Novissimi, Frankfurt a. Main 1972, pp. 44 s.).
Fonti e Bibl.: G. e B. e A. Gatari, Cronaca Carrarese, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XVII, 1, a cura di A. Medin-G. Tolornei, ad Indicem; M. Savonarola, Libellus de magnificis ornamentis regie civitatis Padue, ibid., XXIV, 15, a cura di A. Segarizzi, pp. 34 s.; A. Gloria, Monumenti della univ. di Padova (1318-1405), Padova 1888, I, pp. 74, 183, 206 s.; II, pp. 267, 276, 290, 321, 327, 335 s., 359 s., 366, 371 ss., 379 s., 386, 390 ss., 397, 405, 408, 414-17, 419 ss., 425, 428, 431 s., 436, 441-44, 446; G. Zonta-G. Brotto, Acta graduum academ. gymnasii Patavini ab anno 1406 ad annum 1450, Padova 1970, ad Indicem; B. Scardonii De antiquitate urbis Patavii et claris civibus Patav., Basiliae 1560, pp. 173 s.; I. F. Tonunasini, Gymnasium Patavinum, Utini 1654, p. 4; N. C. Papadopoli, Historia Gymnasii Patavini, I, Venetiis 1726, p. 216; I. Facciolati, Fasti Gymnasii Patavini ab anno MCCCCVI..., II, Patavii 1757, pp. 26, 30, 35; G. Vedova, Biografia degli scritt. padovani, I, Padova 1843, pp. 274 s.; B. Gonzati, La basilica di Sant'Antonio di Padova, II, Padova 1853, p. 91; J. F. Schulte, Die Gesch. der Quellen und Literatur des canonischen Rechts, II, Stuttgart 1877, pp. 298 s.; R. Cessi, La biblioteca di P. C., in Boll. del Museo civico di Padova, XII (1909), pp. 140-48; J. Halier, Piero da Monte, ein Gelehrter und päpstlicher Beamter des 15. Jahrhunderts, Roma 1941, pp. 14 s.; P. Gothein, Paolo Veneto e P. de' C., maestri padovani di Ludovico Foscarini, in La Rinascita, V (1942), pp. 236-43; A. Krchnák, Die kanonistischen Aufzeichnungen des Nikolaus von Kues in Cod. Cus. 220 als Mitschrift einer Vorlesung seines Paduaner Lehrers Prosdocimus de Comitibus, in Mitteilungen und Forschungsbeitrdge der Cusanus-Gesellschaft, II (1962), pp. 67-84; A. Ventura, Nobiltà e popolo nella società veneta del '400 e '500, Bari 1964, pp. 63, 69; M. Blason Berton, Una nota sull'insegnamento Padovano di Giovanni da Imola (1414), in Boll. del Museo civico di Padova, LIV (1965), pp. 171-83; O. Ronchi, Cenni stor. sulla cappella del b. Luca Belludi, ibid., LVI (1967), pp. 57-78; G. De Sandre, Dottori, università, Comune a Padova nel Quattrocento, in Quaderni per la storia dell'Univers. di Padova, I (1968), pp. 23, 27. 39; P. Sambin, Su Giacomo della Torre (m 1414), ibid., VI (1973), pp. 151, 153, 156; T. Pesenti Marangon, Michele Savonarola a Padova..., ibid., IX-X (1977), pp. ss, 61, 67, 69, 82.