PROSCRIZIONE (proscriptio)
Nella pratica giuridica romana la proscrizione era in origine l'affisso, che annunciava la vendita pubblica all'incanto dei beni di un debitore. Passò poi a significare tutte le pene, che, includendo la confisca dei beni, portavano la loro vendita, e quindi soprattutto l'esilio, per la possibilità che ogni Romano aveva di commutarsi la pena di morte in esilio, allontanandosi prima che la pena fosse stata formalmente stabilita dai comizî. Proscrizione significò per eccellenza la misura con cui prima Silla (v. sotto), poi il secondo triumvirato, colpirono i proprî nemici, mettendoli fuori legge come rei di alto tradimento e quindi non solo permettendo a chicchessia di ucciderli, ma anche confiscandone (cioè proscrivendone) i beni. Il principio giuridico a cui si richiamava la proscrizione in tale forma era la sacratio capitis, che il costume più antico sanciva per la perduellio, cioè appunto per l'alto tradimento. Silla nell'82 a. C. regolò con molta precisione il procedimento della proscrizione, che fu poi imitato nel 43 a. C. da Antonio, Ottaviano e Lepido. Furono pubblicati in regolare successione elenchi di persone proscritte (tabulae proscriptionis), e fu promessa una somma, due talenti, per l'uccisione di ogni proscritto. I figli e nipoti dei proscritti furono colpiti d'infamia: colpiti di morte coloro che davano asilo ai proscritti. Spesso i beni dei proscritti non furono venduti regolarmente, ma dati ad amici dei vincitori. La proscrizione di Silla, essendo anteriore alla sua nomina a dittatore, non avrebbe avuto valore legale, ma lo ottenne quando i suoi atti precedenti alla dittatura furono convalidati dai comizî. La validita dell'analogo procedimento dei triumviri era data dalla loro stessa carica.