PROPILEI (πρόπυλον, προπύλαια)
Il termine τὸ πρόπυλον, usato per lo più al plurale τὰ προπύλαια, compare nelle iscrizioni in rapporto ad alcuni luoghi sacri, particolarmente per l'acropoli di Atene (I. G., i2, 92, 34; 366, 45), per Eleusi (I. G., i2, 1187, 25) nonché per Epidauro (I. G., 42 [i], 742, 23). Pertanto e nel significato più stretto del termine, i p. sono edifici di accesso ai santuarî. Ma nell'uso comune, la lingua greca ricorre a questo termine anche per indicare le porte di accesso alle pubbliche piazze ed ai palazzi (Eurip., Herc. furens, 423; Anthologia Graeca, vi, 114).
Per conseguenza, è del tutto regolare chiamare p. le costruzioni di accesso antistanti i palazzi minoici e micenei, tanto più che nei palazzi micenei si tratta effettivamente di veri e proprî p. "classici", tra cui in prima linea quelli del palazzo di Tirinto. Sia il p. esterno più vasto sia quello interno e più piccolo della III fase della cittadella, costruita verso la fine del XIII sec. a. C., presentano un muro di chiusura fronteggiato da ambo le parti da un vestibolo di notevoli proporzioni, a difesa dalle intemperie; la fronte di questi vestiboli ha due sostegni tra ante. La facciata occidentale interna dei grandi p. presenta una particolarità degna di nota, e precisamente un restringimento dell'apertura ottenuto mediante brevi tramezzi in muratura tra le colonne e le ante; forse ciò doveva costituire un mezzo protettivo di particolare efficacia contro le intemperie sul fianco occidentale esposto.
Che i due p. di Tirinto rappresentino il prototipo dei p. viene confermato dalla loro rassomiglianza con quello assai più antico di Troia II (circa 2400-2200 a. C.), pur non ammettendone alcuna dipendenza diretta. Il muro di chiusura protetto da vestiboli antistanti rappresenta la più elementare esigenza richiesta nella costruzione di un edificio d'ingresso sia ad un palazzo sia ad un recinto. In Troia II esso consiste soltanto in due muri considerevolmente sporgenti senza sostegni tra le ante. In questo modo il muro di fondo risulta protetto. F. Noack (Baukunst, 10) vedeva in questa modesta costruzione d'accesso il primo prototipo di tutti i propilei. Del p. del palazzo di Micene non è possibile farsi un concetto chiaramente definito, ma nel palazzo di Pilo la forma del p. appare nettamente distinguibile. Esso corrisponde, nel tipo, ai piccoli p. di Tirinto, pur differenziandosi da essi per la presenza di un'unica colonna tra le ante del vestibolo anteriore e posteriore.
Nei palazzi minoici si cerca inutilmente un p. "classico" del genere. Ciò dipende dalla diversità tra il carattere dell'architettura minoica e quella micenea-greca. Il palazzo miceneo è in rapporto all'accessibilità dall'esterno. Il palazzo minoico, invece, ha il suo centro in una vasta corte interna, intorno a cui si articola un vero labirinto di locali. La corte ha una o più uscite; ma in nessuna di esse prevale la struttura di accesso monumentale su tipo del propileo. Ciò può valere innanzi tutto per il palazzo di Festo che tra i palazzi cretesi rivela più chiaramente la propria articolazione e compattezza architettonica. Quivi parte dalla "area teatrale" un'ampia scalinata, se pure sorprendentemente posta in angolo, i cui dodici gradini conducono ad un ripiano; dietro ad esso sorge una specie di facciata d'accesso, consistente in due muri sporgenti che lo delimitano lateralmente e con una colonna nel mezzo; dietro è il muro di fondo con due passaggi; oltre il muro sorgono tre colonne le quali, però, non fanno parte dell'ingresso poiché dietro ad esse si apre un pozzo di luce, mentre l'ingresso al palazzo, piegando ad angolo retto, prosegue attraverso piccole aperture a destra e a sinistra. La diversità tra l'ingresso minoico ed il p. miceneo non potrebbe apparire più evidente per cui non converrà parlare di p. nell'architettura minoica. Gli ingressi al grande palazzo di Cnosso si allontanano ancor più di quelli del palazzo di Festo dal tipo p.; quanto all'accesso all'ampio cortile del palazzo di Mallia si può dire del tutto diverso. Ciò che nel palazzo di Cnosso si suole denominare p. non è che un monumentale complesso di scalinate che porta dal piano inferiore a quello superiore.
Nell'architettura greca arcaica gli edifici d'ingresso ai santuarî di Egina, Sunio, Calauria e Trezene sono quelli che maggiormente si avvicinano al prototipo dei propilei. Il p. tardo arcaico del tempio di Aphaia a Egina consiste propriamente nel muro di fondo, con un'unica apertura larga tre metri; un vestibolo anteriore ed uno posteriore proteggono questo muro da ambo le parti; tra le ante stanno due pilastri ottagonali; più che probabilmente, il tetto a due spioventi aveva il suo vertice sopra il muro intermedio, per cui le due facciate avevano una gronda e non un frontone triangolare. Nelle costruzioni posteriori pare sia stato di norma sovrapporre un frontone triangolare alla facciata anteriore e posteriore dell'edificio con i suoi due sostegni tra le ante, di modo che un simile p. appariva simile alla fronte di un thesauròs dorico. Per altro, la struttura dei primi p. solo di rado ci risulta sufficientemente evidente per il loro cattivo stato di conservazione. Questi piccoli p. "classici" potrebbero essere detti doppi naòi ridotti al pronao e all'opistodomo; "il p. ... è un edificio sacro ed assume la sua particolare struttura dal tempio...", dice C. Weickert.
Il p. del santuario di Posidone a Calauria, che G. Welter fa risalire al 330 a. C., era di pianta uguale a quello di Egina. Infine, dello stesso tipo risulta il p. del recinto di Posidone al Sunio che, come il tempio stesso, risale ancora al V sec. a. C., e quello dell'Asklepieion di Trezene; l'uno e l'altro si differenziano dai due precitati avendo nel loro muro di fondo tre passaggi. Così viene ricostruito anche il piccolo p. sulla corte prospiciente la fronte occidentale del Partenone; ma si tratta di pura ipotesi per analogia. Del p. del Sunio sono noti i capitelli dorici delle colonne. Pertanto, è lecito desumere che tutti questi p. sul tipo ad ante, seguivano di regola l'ordine dorico. Poco è rimasto del p. pre-pericleo dell'acropoli di Atene in modo che la ricostruzione di C. H. Weller come p. in antis appare ipotetica. Dalla pianta si riesce soltanto ad arguire che la fronte occidentale non doveva presentare la pura forma architettonica in antis, mentre, in luogo dei pilastri ad ante, brevi tratti di muro ad angolo retto dovevano restringere l'adito, come sulla fronte interna dei grandi p. di Tirinto. Questa singolare trasformazione delle ante si trova ancora una terza volta nel p. (costruzione C) del Laphrion di Kalydon e, infine, anche in Sicilia nel p. del recinto sacro Malophòros, in Gàggera presso Selinunte; qui, in luogo del muro di fondo, inesistente, gli spazî intermedî tra colonne ed ante potevano essere chiusi mediante transenne o cancelli, come attestano tracce d'incastri tuttora esistenti; la particolare caratteristica propria a questa costruzione sicula consiste nelle tre unità del triglifo sopra ognuno degli intercolumnî, come l'intercolumnio centrale dei p. ateniesi di Mnesikles.
Altrettanto semplice e primitivo come il p. in antis è il tipo di p. con due colonne antistanti; potrebbe essere definito p. prostilo. Il più antico esemplare è quello del santuario di Apollo Karnèios a Thera, che certamente risale al VII sec. a. C.: quivi vediamo anteposti al muro di fondo due semplici sostegni, senza dubbio destinati a reggere una piccola tettoia. Aspetto simile presentava a sua volta l'arcaico p. in Eleusi. Le porte dell'Altis di Olimpia avevano tre passaggi e, corrispondentemente, quattro colonne prostile; queste dovevano essere d'ordine dorico poiché semicolonne doriche erano anteposte anche ai due pilastri tra i passaggi. Il p. del Pelopion in Olimpia, la così detta porta del III Pelopion facente parte della costruzione del V o IV sec. a. C., riunisce ambedue i tipi fondamentali: all'interno è costituita da un p. in antis, all'esterno da un prostilo a quattro colonne; le ante erano a forma di semicolonne doriche, l'intera costruzione quindi era dorica, come è ovvio supporre in quest'epoca ad Olimpia. Per il p. del témenos a Larissa sull'Ermo, sorto nell'epoca della lega marittima attica, ma di cui conosciamo soltanto le fondamenta, si presuppone l'esistenza di una fronte orientale prostila. Il tèmenos di Atena a Priene aveva un classico p. anfiprostilo di quattro colonne ioniche per parte; la costruzione forse risale solamente al periodo augusteo.
Alcuni dei p. sin qui nominati sono già posteriori a quelli periclei dell'acropoli di Atene ove, per altro, i p. raggiunsero l'apice della grandiosità monumentale. In sostanza, essi consistono in un p. anfiprostilo a sei colonne d'ordine dorico, con i cinque ingressi di ampiezza diversa; presentano a diversità del livello, due file di tre colonne ioniche all'interno e due costruzioni laterali.
Questi p. monumentali classici hanno servito da modello o di ispirazione ad alcune costruzioni posteriori. Nei grandi p. di Eleusi la parte mediana risulta largamente copiata da quelli ateniesi. I grandi p. di Epidauro erano una libera costruzione sfarzosa priva di porte, in forma di anfiprostilo a sei colonne, con capitelli in parte ionici in parte corinzî. Infine, il Ptolemaion di Samotracia, uno degli edifici sontuosi dedicati da Tolomeo II ai "grandi dèi", era un anfiprostilo a sei colonne nel quale si può ugualmente riconoscere un p.; i capitelli delle colonne erano esclusivamente ionici.
Accanto a questi p. costruiti su due varianti di un unico prototipo, compaiono anche alcune forme particolari. Il p. pre-arcaico appartenente all'altare VII dello Heraion di Samo, che segnava il limite settentrionale del santuario, consiste, per quanto è possibile arguire dagli scavi, in uno stretto corridoio fiancheggiato lateralmente da celle; apparentemente non esistevano sostegni né anteposti né interposti. Il p. del tèmenos di Apollo a Cirene aveva da una sola parte un profondo vestibolo con quauro colonne corinzie antistanti; anche i capitelli delle ante erano corinzî. Analogamente, il p. S-O tardo ellenistico del recinto di Apollo a Delo era prostilo da una sola parte; sulla fronte aveva quattro colonne doriche. Anche il p. del primo ellenismo con le "fanciulle danzanti" dinanzi al tèmenos di Samotracia, aveva una facciata su un unico lato; di fronte al muro di fondo era un vestibolo ad ante con sei colonne ioniche disposte a gomito tra queste. I p. interni di Eleusi, fatti costruire da Appio Claudio Pulcro presumibilmente nel 49 a. C. sorgono su un punto così importante dell'arcaico muro di chiusura del santuario, da farci presupporre l'esistenza di una costruzione anteriore nello stesso punto. La nuova fabbrica, costretta poi a tollerare costruzioni posteriori all'intorno, consisteva in origine del muro con un'unica apertura per una grande porta a due battenti, e innanzi a questo, sulla parte esterna, un naìskos corinzio a due colonne e due pilastri retrostanti; l'opinione dello Hörmann che ricostruisce ambedue le cistofore frammentarie sulla parte interna del muro di fondo come inquadramento laterale, appare problematica, poiché queste cistofore appaiono posteriori alla costruzione del 49 a. C.
La storia dell'architettura greco-romana ha prodotto, verso il suo tramonto, il più fastoso esemplare di questo genere nei p. del tempio di Giove Eliopolitano a Baalbek; al vertice di una gigantesca scalinata si apre l'accesso al recinto del tempio tra dodici colonne di ordine corinzio, la cui fila è delimitata alle due estremità da torri imponenti; sulla parte postica del portico tre porte permettono l'accesso al primo cortile esagonale anteposto al vero e proprio cortile del tempio e dell'altare.
A prescindere dai palazzi della civiltà micenea, sin qui si è parlato esclusivamente di quegli edifici d'ingresso che permettevano di accedere al recinto di un tempio. Effettivamente, nella letteratura greca l'uso del termine τὸ προπύλαιον o τὰ πεοπύλαια compare prevalentemente in rapporto a un luogo sacro. I p. periclei, come pure quelli precedenti sull'acropoli di Atene, sono chiamati sempre προπύλαια (Aristoph., Equ., 1326, Ly., 265; Thukyd., 2, 13; Demosth., 13, 28; 22, 13; Aischin., 2, 105; Plutar., Pericl., 13; p. pre-pericleo: Herodot., v, 77). Erodoto usa molto spesso il termine in rapporto ai templi egiziani (2, 63; 2, 101; 2, 121; 2, 136; 2, 138; 2, 153; 2, 155; 2, 175), per indicare le costruzioni che oggi chiamiamo piloni. Analogamente, il termine τὸ πρόπυλον, rispettivamente τὰ πρόπυλα, è riferita a un sacro recinto; Aristotele (Ath., 15, 4) adopera questo termine per i p. pre-periclei dell'acropoli di Atene. In Sofocle (Elektr., 1375) non si distingue chiaramente se si alluda ad ambiente sacro o profano.
Pertanto si dovrebbe parlare di p., nel vero significato del termine, soltanto in rapporto ad un recinto sacro, anche perché la forma tipica dei più antichi p. appare strettamente connessa alla forma stessa del tempio. Comunque, l'archeologia applica questo termine anche alle costruzioni profane, e ciò a ragione, poiché un'iscrizione dal Pireo (I.G.; ii2, 1668, 5) parla di un p. dell'agorà. Dal punto di vista puramente architettonico, gli edifici d'ingresso a recinti sia sacri sia profani, spesso non si differenziano l'uno dall'altro. La porta del palazzo riprodotto sul cratere corinzio di Amphiaraos al museo di Berlino, potrebbe rappresentare senz'altro un canonico p. dorico in antis. La costruzione di accesso sul lato orientale dell'agorà settentrionale di Mileto è un p. in antis a un solo lato con due colonne ioniche. La porta del Bouleutèrion di Mileto, che risale all'epoca di Antioco IV (175-164 a. C.), non si differenzia essenzialmente da un p. sacro; essa presenta all'esterno un prostilo a quattro colonne, ed all'interno due colonne in antis; colonne ed ante hanno capitelli corinzî. Il così detto p. dell'agorà di Magnesia non è una costruzione isolata, come invece spetterebbe ad un vero p., ma soltanto una interruzione dell'atrio orientale esattamente in centro; le facciate interna ed esterna, consistono in quattro colonne ioniche tra pilastri ad ante; all'interno del passaggio, là dove dovrebbe sorgere un muro di fondo, si trovano soltanto due colonne tra pilastri. L'ellenistica porta occidentale dell'agorà di Efeso è un edificio colonnato a ferro di cavallo, su podio e provvisto di una vasta gradinata; colonne ioniche sono anteposte al muro di fondo, su due file al centro, su tre lungo le ali. Dell'edificio d'ingresso al grandioso mercato romano di Atene sussiste tuttora la fronte occidentale dorica a quattro colonne; negli atri marmorei erano il muro di fondo con tre passaggi diversi ed il vestibolo posteriore con due colonne fra le ante. Anche la porta orientale di questo mercato - benché certamente posteriore - rivela lo stesso impianto; qui l'ordine delle colonne è ionico. Infine, citiamo ancora l'edificio d'ingresso alla palestra di Epidauro, che ugualmente è chiamato p.; è una costruzione a colonne eccessivamente grandiosa e sontuosa, le esterne sono d'ordine dorico e le quattro interne d'ordine ionico, evidentemente su modello dell'acropoli di Atene; questa fastosa costruzione è antistante al vero e proprio ingresso alla palestra, il quale consiste in due colonne doriche tra ante.
Si tenga presente infine, che alcune divinità greche sono caratterizzate in modo particolare dal soprannome propölaios o propölaia. Ciò appare ovvio ed anche comprensibile per Hermes, nella sua qualità di divino protettore delle strade, e per Ecate quale divinità del trivio; più raramente ciò si verifica per Apollo, Posidone ed Eracle oppure per Artemide.
Bibl.: G. Radtke, in Pauly-Wissowa, XXIII, Stoccarda 1957, c. 836, s. v. Propylaios.
Elenco dei resti monumentali di propilei.
Atene: Acropoli, p. pre-periclei: C. H. Weller, in Amer. Journ. Arch., viii, 1904, p. 35 ss., tavv. 1-6; G. Welter, in Ath. Mitt., xlviii, 1923, tav. 4; W. B. Dinsmoor, The Architecture of Ancient Greece, Londra 1950, p. 198. - Acropoli, p. periclei: W. Dörrpfeld, in Ath. Mitt., i, 1885, pp. 38 ss.; 131 ss., tavv. 2, 3 e 5; id., ibid., xxxvi, 1911, p. 51 ss.; W. B. Dinsmoor, in Amer. Journ. Arch., xvii, 1913, p. 371 ss.; id., op. cit., p. 198 ss.; G. P. Stevens, in Hesperia, xv, 1946, p. 73 ss.; J. A. Bundgaard, Mnesikles, Gyldendal-Copenaghen 1957. - Acropoli, p. della corte antistante il lato O del Partenone: G. P. Stevens, in Hesperia, v, 1936, p. 476 ss. - Agorà romana, p. O ed E: W. Judeich, Topographie von Athen, Monaco 1931, p. 371 ss., figg. 47 e 48, tav. 18; W. B. Dinsmoor, op. cit., p. 285 (v. E. A. A., vol. i, figg. 971, 1010-1014).
Baalbek: Th. Wiegand, Baalbek. Ergebnisse der Ausgrabungen, i, Berlino-Lipsia 1921, p. 103 ss.; A. von Gerkan, Von antiker Architektur und Topographie, Gesammelte Aufsätze, Stoccarda 1959, p. 270.
Calauria: santuario di Posidone: G. Welter, Troizen und Kalaureia, Berlino 1941, p. 49 s., tavv. 30 e 43 a e b.
Cirene: tèmenos di Apollo: C. Anti, in Africa Italiana, i, 1927, p. 313 ss.; iii, 1930, pp. 151, 193 e 207 ss., tav. 1.
Cnosso: porta O del Palazzo: J. D. S. Pendlebury, A Handbook of the Palace of Minos at Knossos, Londra 1954, p. 40. - P. S del Palazzo: A. Evans, The Palace of Minos, iv, 1, Londra 1935, pianta C; J. D. S. Pendlebury, op. cit., p. 41, tavv. 2, 3, 9. P. maggiore: W. B. Dinsmoor, op. cit., p. 9.
Coo: Asklepieion: R. Herzog - R. Schazmann, Asklepieion I. (Baubeschreibung und Baugeschichte), Berlino 1932, p. 62, tavv. 37 e 38.
Delo: santuario di Apollo: N. M. Kondoleon, ῾Οδηγὸς τῆς Δήλου, Atene 1950, p. 35, fig. 9 ss.; W. B. Dinsmoor, op. cit., p. 285. Asklepieion: F. Robert, Trois sanctuaires sur le rivage occidental, in Délos, xx, Parigi 1952, p. 52 ss.
Efeso: porta O dell'agorà: W. Wilberg, Forschungen in Ephesos, iii, Vienna 1923, p. 18 ss., fig. 29 ss., tav. i; E. Weigand, Propylon und Bogentor in der östlichen Reichskunst, in Wiener Jahrbuch für Kunstgeschichte, v, 1928, p. 71 ss.; W. B. Dinsmoor, op. cit., p. 287; J. Keil, Führer durch Ephesos, Vienna 1957, p. 92 s., fig. 53.
Egina: p. del tèmenos di Aiakos: J. A. Bundgaard, op. cit., p. 191, nota 391. - P. del tèmenos di Aphaia: A. Furtwängler, Aegina, Das Heiligtum der Aphaia, Monaco 1906, pp. 75, 151 ss., fig. 21, tavv. 1, 2, 56, 57; G. Welter, Aigina, Berlino 1938, p. 64, figg. 56 e 57; W. B. Dinsmoor, op. cit., p. 114 s.
Eleusi: p. arcaico: F. Noack, Eleusis. Bie baugeschichtliche Entwicklung des Heiligtums, Berlino-Lipsia 1927, p. 32 ss., fig. 13 s., tav. 14. - Grandi p.: id., op. cit., p. 7, tav. 14 ss.; W. B. Dinsmoor, op. cit., p. 285. - Piccoli p.: H. Hörmann, Die inneren Propyläen von Eleusis, Berlino-Lipsia 1932; A. von Gerkan, in Gnomon, x, 1934, p. 10 ss.; W. B. Dinsmoor, op. cit., p. 286.
Epidauro: grandi p. del tèmenos di Asklepios: W. Dörpfeld, in Ath. Mitt., xviii, 1893, p. 214; A. Defrasse-H. Lechat, Epidaure, Parigi 1895, p. 181; W. B. Dinsmoor, op. cit., p. 286. P. della Palestra: P. Kavvadias, in Πρακτικά, 1884, p. 54, tav. 1; A. Defrasse-H. Lechat, op. cit., p. 181 ss., tavv. 10-12; W. B. Dinsmoor, op. cit., pp. 285; 320, fig. 116.
Festo: L. Pernier-L. Banti, Il Palazzo minoico di Festos, ii (Il secondo Palazzo), Roma 1931, p. 305 ss., fig. 188 ss.
Larissa sull'Hermos: p. del tèmenos: J. Behlau-K. Schefold, Larisa am Hermos (Die Ergebnisse der Ausgrabungen 1902-1934), i, Die Bauten, Berlino 1940, p. 81 s., fig. 8, tavv. 10 c e 34 c.
Magnesia: p. dell'agorà: C. Humann, Magnesia am Mäander, Berlino 1904, p. 129 ss5., figg. 133 e 134; W. B. Dinsmoor, op. cit., p. 334.
Mallia: F. Chapoutier - R. Jaly, Fouilles exécutées à Mallia, ii, Parigi 1936, p. 10 s., tav. 35.
Micene: A. J. B. Wace, in Ann. Br. School Athens, xv, 1921-2, 1922-3, p. 211, tav. 2; W. B. Dinsmoor, op. cit., p. 17 ss.
Mileto: Bouleutèrion: H. Knackfuss, Das Rathaus von Milet, in Milet, ii, Berlino 1908, p. 62 ss., fig. 52 ss., tavv. 10-12; W. B. Dinsmoor, op. cit., pp. 287 e 297, fig. 109. - P. dell'agorà N: A. von Gerkan, Der Nordmarkt und der Hafen an der Löwenbucht, in Milet, i, 6, Berlino-Lipsia 1929, p. 37 ss., fig. 51 s., tav. 17; W. B. Dinsmoor, op. cit., p. 333, fig. 123.
Olimpia: p. del tèmenos di Zeus: W. Dörpfeld, Olympia. Die Ergebnisse der Ausgrabungen: die Baudenkmäler, Berlino 1892, p. 61 s., tav. 45. P. del Pelopion: id., op. cit., p. 56 ss., tav. 42; id., Alt-Olympia, i, Berlino 1935, p. 118 ss., fig. 21.
Pilo: p. del palazzo di Nestore: C. W. Blegen, in Amer. Journ. Arch., lix, 1955, p. 32 s., tav. 23-25.
Priene: p. del tèmenos di Atena: Th. Wiegand-H. Schrader, Priene. Ergebniss der Ausgrabungen, Berlino 1904, p. 129 ss., tav. 9; M. Schede, Die Ruinen von Priene, Berlino-Lipsia 1934, p. 44; W. B. Dinsmoor, op. cit., p. 286.
Rodi: p. del tèmenos di Atena Lindìa: W. B. Dinsmoor, op. cit., p. 285.
Samo: Heraion: E. Buschor, in Ath. Mitt., lv, 1930, p. 42 s.; id., ibid., lxxii, 1957, p. 1 ss.; E. Buschor-H. Schleif, in Ath. Mitt., lviii, 1933, pp. 173; 176.
Samotracia: p. del tèmenos: K. Lehmann, in Hesperia, xxi, 1952, p. 24 ss., fig. 1, 2, tav. 6 b, 8 a e b; id., Samothrace. A Guide to the Excavations and the Museum, New York 1955, p. 57 ss., fig. 30, 31 e 40. - Ptolemaion: A. Conze, A. Hauser, O. Benndorf, Neue archäologische Unternehmungen auf Samotrake, Vienna 1880, p. 33 ss., tav. 17 ss.; K. Lehmann, Samotrake, cit., p. 73 s.; W. B. Dinsmoor, op. cit., p. 286.
Selinunte: santuario di Demetra alla Gaggera: R. Koldewey-O. Puchstein, Die griechische Tempei in Unteritalien und Sizilien, Berlino 1899, p. 82 s., fig. 57 e 59, tav. 11; W. B. Dinsmoor, op. cit., p. 284 s.
Sunio: tèmenos di Posidone: V. Stais, in Arch. Eph., iv, 1900, p. 119 s., tav. 6 e 7.
Thera: santuario di Apollo Karneios: H. v. Gaertringen, Thera, i, Berlino 1899, p. 275 ss.; iii, Berlino 1904, p. 64.
Tirinto: grandi p. del palazzo: Tiryns. Die Ergebnisse der Ausgrabungen, 3 (K. Müller, Die Architektur der Burg und des Palastes), Augsburg 1930, p. 127 ss., fig. 62, tav. 1. - Piccoli p. del palazzo: id., op. cit., p. 130 ss., fig. 63, tav. 1.
Trezene: Asklepieion: G. Welter, Troizen und Kalaureia, Berlino 1941, p. 29, tav. 11-13.
Troia: porta II della città: W. Dörpfeld, Troja und Ilion, Atene 1902, p. 81 ss., fig. 23 e 24.