profitto
Il termine profitto assume nel linguaggio economico significati distinti. Nella microeconomia neoclassica, o mainstream, si distinguono i concetti di p. normale e p. economico.
Il p. normale rappresenta il costo-opportunità totale (implicito ed esplicito) derivante da un certo impiego di risorse in un investimento di vario tipo, solitamente nella conduzione generale di un’impresa. Esso si presenta quindi come un concetto puramente nozionale o ‘fittizio’, ed è pari all’ammontare economico che il proprietario di un’azienda potrebbe guadagnare investendo le risorse nel più redditizio ipotetico investimento alternativo, o in una diversa attività d’impresa. Il p. normale è quello che si verifica nel lungo periodo nella situazione descritta in un modello di concorrenza perfetta (➔ ), e in cui non ci siano incentivi per nessuna impresa né a entrare nel mercato né a uscirne.
Si parla invece di p. economico con riferimento alla differenza fra i ricavi di un’impresa e il costo-opportunità degli input utilizzati (incluso il p. normale), quando tale differenza è positiva. Se tale differenza risulta negativa, si definisce perdita economica. P. economici sono incompatibili nel lungo periodo con un equilibrio di concorrenza perfetta, poiché la loro esistenza genererebbe incentivi per altre imprese a entrare nel mercato, aumentando così l’offerta e facendo scendere il prezzo di mercato fino al punto in cui i p. economici si azzerano e le imprese attive conseguono solo un p. normale. Simili meccanismi non si applicano in presenza di barriere all’entrata (➔ barriera) o di potere di mercato (➔ mercato, potere di), per es. in un monopolio (➔) o in un oligopolio (➔). L’esistenza di p. economici di lungo periodo, pertanto, rappresenta un segnale di inefficienze e fallimenti del mercato (➔ mercato, fallimenti del). In termini più analitici, in un caso di produzione di un singolo bene, si ha p. economico quando il costo medio del prodotto sia inferiore al ricavo del prodotto o servizio nel punto di quantità che massimizza il profitto. In condizioni di concorrenza perfetta, la posizione di massimizzazione del p. si realizza quando è soddisfatta l’equazione ricavo marginale = costo marginale. In questa situazione teorica, il p. economico è pari alla quantità prodotta moltiplicata per la differenza tra il costo medio e il prezzo medio. Ogni unità di prodotto in più crea lo stesso aumento di costi e ricavi, lasciando invariato il p. economico, che infatti non può crescere essendo al suo massimo, date le specifiche ipotesi del modello di concorrenza perfetta Il profitto nell’economia classica e nella teoria marxista. Nelle opere degli economisti classici e in K. Marx, il p. è il ritorno economico che deriva al proprietario dei mezzi di produzione da una qualsiasi attività economica che utilizzi il lavoro, o dall’investimento di risorse in moneta o titoli nel mercato dei capitali. In particolare, in Marx, il p. si riferisce alla differenza fra il valore del lavoro di un lavoratore e la paga che questi percepisce (➔ anche marxista, teoria). Il meccanismo di incremento del p. e di accumulazione di capitale è alla base del funzionamento del sistema economico capitalista.
Vi sono poi una serie di ulteriori concetti di p., specifici dell’economia aziendale e della contabilità d’impresa, ispirati da e ispiratori delle normative civilistiche in tema di bilancio d’impresa. Il p. netto è la differenza fra i ricavi dalla vendita di beni o servizi e i costi legati all’acquisto di materie prime, alla compensazione di dipendenti, al pagamento di interessi, e le svalutazioni, salvo i costi derivanti dal pagamento delle imposte. Il p. lordo si ottiene se non si includono interessi e svalutazioni fra i costi, mentre il p. netto dopo le tasse si ricava comprendendo fra i costi anche gli esborsi da imposte.