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Profili processuali della tenuità del fatto
Introdotta dal d.lgs. 16.3.2015, n. 28, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto mira, da una parte, a ridurre il carico di lavoro dell’autorità giudiziaria e, dall’altra, a rafforzare i principi di proporzione e sussidiarietà della sanzione penale. Il contributo analizza la disciplina contenuta nel codice di rito e descrive il campo di applicazione e i meccanismi procedimentali, muovendo dalla fase delle indagini preliminari per arrivare agli effetti della sentenza irrevocabile, e si sofferma, durante tale percorso, a esaminare le questioni affrontate dalla giurisprudenza di legittimità.
L’art. 131 bis c.p., che esclude la punibilità di fatti particolarmente tenui, è stato introdotto nel tessuto codicistico dal d.lgs. n. 28/20151. Nonostante alcune peculiarità, si tratta di un istituto simile ad altri già sperimentati in diversi ambiti della giustizia penale e non costituisce, pertanto, una novità assoluta2. La novella legislativa, da un punto di vista prettamente processuale, perseguiva il fine della deflazione del carico di lavoro che grava sugli uffici giudiziari3, attraverso la cosiddetta “depenalizzazione in concreto”4. L’introduzione di questa nuova causa di non punibilità nel codice penale è stata accompagnata, al fine di regolare le ricadute sul procedimento penale, dall’innesto nel codice di rito di apposite disposizioni, che, sebbene a singhiozzo, si collocano dalla fase delle indagini preliminari alla formazione del giudicato5. Lo scopo di queste previsioni è anche quello di tutelare tanto la persona sottoposta alle indagini e l’imputato che la persona offesa e la parte civile, attraverso il diritto all’informazione e alla partecipazione alle diverse occasioni in cui può trovare applicazione l’istituto, con moduli procedimentali che tutelano l’esplicazione del contraddittorio in una declinazione “minima” o “debole”6.
Si tratta, tuttavia, di una disciplina caratterizzata da lacune e zone d’ombra che hanno imposto a più riprese l’intervento della giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite7.
Campo di applicazione dell’istituto La collocazione nel codice penale qualifica l’art. 131 bis come una disposizione di carattere generale. Sul punto, un chiarimento decisivo è giunto dalle Sezioni Unite che si sono pronunciate sull’applicabilità dell’istituto al procedimento di “pace”, nel quale opera la differente fattispecie regolata dall’art. 34 d.lgs. n. 274/2000. La Suprema Corte ha escluso che possano operare entrambe le norme nel medesimo contesto procedimentale ed ha affermato che l’unica previsione applicabile è quella dell’art. 34. La ratio decidendi è orientata dalla convinzione che nei casi de quibus debba prevalere la peculiarità del complessivo sistema sostanziale e processuale introdotto in relazione ai reati di competenza del giudice di pace, nel cui ambito, peraltro, la tenuità del fatto svolge un ruolo anche in funzione conciliativa8. Alla luce di tale arresto, ragionando a contrario, si giunge alla conclusione che l’istituto trova applicazione in tutti gli altri settori della giustizia penale nei quali non figura una previsione ad hoc9.
Le indagini preliminari sono il momento più adatto a soddisfare le finalità deflative sottese all’istituto. Il legislatore, quindi, ha introdotto uno speciale procedimento di archiviazione, disciplinato dall’art. 411, co. 1-bis, c.p.p.10 e notevolmente diverso, rispetto all’archetipo, per quanto riguarda il ruolo dei soggetti coinvolti, l’instaurazione del contraddittorio, i motivi che devono sostenere l’opposizione e, infine, i provvedimenti conclusivi. Alla luce di tale previsione, quando l’archiviazione è richiesta per particolare tenuità, il p.m. – a pena di nullità, come prescritto dall’art. 410 bis c.p.p. – è tenuto ad avvisare non solo la persona offesa11, ma anche l’indagato12. Entrambi i soggetti, nel termine di dieci giorni13, possono prendere visione degli atti ed opporsi. Sotto il profilo formale, l’opposizione deve contenere, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso e non l’indicazione del tema investigativo e delle relative fonti di prova. Questa peculiarità è coerente con la struttura e l’oggetto dell’accertamento devoluto al g.i.p. La scansione procedimentale si biforca in una duplice alternativa. La prima si verifica qualora nessuno si opponga alla richiesta del p.m. e il giudice condivida la prospettazione del pubblico accusatore: in questo caso, la vicenda si concluderà con l’emissione di un decreto motivato di archiviazione. Identico esito si avrà nel caso in cui sia stata presentata una opposizione inammissibile. Più complesso, invece, appare il congegno procedimentale che si attiva qualora il g.i.p. non condivida la tesi del p.m. o l’opposizione sia ammissibile. In questo caso, dovrà essere fissata l’udienza camerale, che si svolgerà nelle forme previste dall’art. 127 c.p.p. e al termine della quale il g.i.p. potrà disporre con ordinanza l’archiviazione o la restituzione degli atti al p.m., «eventualmente provvedendo ai sensi dell’art. 409, co. 4 e 5». Un primo quesito attiene alla possibilità, in tale sede, di disporre l’archiviazione non già per tenuità del fatto, ma per infondatezza della notizia di reato o per le altre ragioni indicate dall’art. 411 c.p.p.14 Nei casi nei quali non si ritenesse la sussistenza della causa di non punibilità, infatti, risorgerebbe l’interesse del p.m. all’esercizio dell’azione penale o, quantomeno, la necessità di instaurare il contraddittorio sul punto. Qui, si possono ipotizzare due alternative: in base alla prima, il g.i.p. che ravvisi delle differenti ragioni per archiviare il procedimento è tenuto a restituire gli atti al p.m. affinché rimediti le proprie convinzioni e decida se esercitare l’azione penale o richiedere l’archiviazione per altri motivi; in base alla seconda, il g.i.p., può instaurare il contraddittorio nel corso dell’udienza camerale, sottoponendo la questione all’attenzione delle parti per sollecitarle a esprimere un parere.
Il tenore letterale della previsione – che impone la restituzione degli atti, anche quando non siano necessarie le attività previste dal quarto e dal quinto comma – induce ad accogliere la prima soluzione. Una situazione speculare e ugualmente problematica può verificarsi anche nell’ipotesi inversa, laddove il g.i.p., investito di una richiesta per infondatezza della notizia di reato, ritenga di poter archiviare essendo il fatto di minimo disvalore. Sul punto, la Suprema Corte ha chiarito che il provvedimento pronunciato senza l’osservanza della speciale procedura prevista al co. 1-bis dell’art. 411 c.p.p. è nullo, in quanto le disposizioni generali contenute negli artt. 408 e ss. c.p.p. non sono idonee a garantire il necessario contraddittorio sulla configurabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis c.p.15
Il procedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto non è il solo passaggio procedurale nel quale si concentrano le problematiche di maggior rilievo. Altre questioni, infatti, sorgono nei momenti successivi, qualora il procedimento non si arresti sulla soglia delle investigazioni preliminari16. Qui, a ben vedere, si manifestano più chiaramente le conseguenze della mancanza di disposizioni specifiche. L’unica, infatti, è l’art. 469, co. 1-bis, c.p.p., che permette di pronunciare una sentenza di non doversi procedere per particolare tenuità del fatto prima del dibattimento. Un profilo controverso di tale previsione attiene alla necessità di garantire l’intervento delle parti interessate. La disposizione, in effetti, impone soltanto di sentire la persona offesa, se compare17. Sul punto, tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che hanno diritto di interloquire anche il p.m. e l’imputato e che la sentenza predibattimentale può essere emessa a condizione che questi non si oppongano18. Altro profilo problematico, poi, è quello concernente il materiale probatorio, invero scarno, sulla base del quale il giudice deve basare la propria decisione19. In assenza di altre regole dedicate all’istituto, l’interprete, per l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. nelle successive fasi processuali, dovrà adeguare, nonostante le difficoltà, gli strumenti normativi a sua disposizione contenuti nelle previsioni generali. Così, se in sede di udienza preliminare soccorrerà l’art. 425 c.p.p., che già contiene una formula coerente con la nuova condizione di esenzione dal trattamento penale, particolarmente complessa si rivela la soluzione del quesito sulla formula di proscioglimento da utilizzare qualora il giudice si convinca della natura particolarmente tenue soltanto al termine del giudizio20. In quest’ultimo caso, nella prassi si è consolidata la lettura che fa riferimento all’art. 530 c.p.p.
Particolarmente complicata, poi, è la materia anche nei giudizi di impugnazione, nei quali la carenza di indicazioni normative restringe fortemente il campo di applicazione dell’istituto. Infatti, per quanto concerne l’appello, si ritiene che la richiesta debba essere oggetto di una specifica doglianza, non potendo trovare applicazione né l’art. 129, né l’art. 597, co. 5, del codice di rito21. Identico approccio interpretativo si rinviene anche per il giudizio di legittimità, laddove si sostiene che la questione non può essere dedotta per la prima volta in Cassazione22.
Il legislatore ha regolato, infine, gli effetti della sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto nel giudizio civile o amministrativo di danno. Ai sensi dell’art. 651 bis c.p.p., tale pronuncia, quando acquista il connotato dell’irrevocabilità, ha efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso. Dunque, l’interessato potrà farla valere nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni nei confronti del prosciolto e del responsabile civile che sia stato citato o sia intervenuto nel processo penale23. Tale previsione riguarda, tuttavia, soltanto la sentenza pronunciata in seguito a dibattimento, con la conseguenza che non spiegano efficacia altre decisioni assunte in fasi processuali differenti. Così, ad eccezione della sentenza resa al termine del giudizio abbreviato, i cui effetti sono regolati dal secondo comma dell’art. 651 bis c.p.p. e sono simili a quelli della sentenza dibattimentale, non avranno rilievo le altre pronunce che concludono il procedimento, come il provvedimento di archiviazione o la sentenza predibattimentale24.
Nel complesso, la dottrina si è mostrata molto critica sui risultati raggiunti attraverso l’implementazione dell’istituto nel sistema della giustizia penale italiana25. In questa prospettiva, si può porre l’accento su due aspetti. Dal punto di vista dell’imputato, il problema risiede nella scarsa appetibilità dell’istituto, determinata dalla iscrizione del provvedimento nel casellario giudiziario, ai sensi dell’art. 4 d.lgs. n. 28/2015, e, comunque, dalla natura di “condanna senza pena” della pronuncia. Dal punto di vista della persona offesa ovvero della parte civile, invece, le criticità discendono dalle conseguenze che l’accertamento produce sulle pretese di carattere civilistico. Al di là del diritto ad interloquire nel corso del procedimento, infatti, tali soggetti non possono tutelarsi dal pregiudizio che una decisione che accerti la tenuità del fatto può riverberare nei loro confronti. Per un verso, qualora tale statuizione sia assunta al termine del giudizio di primo grado o di impugnazione, la parte civile, nonostante risulti vittoriosa, non vede contestualmente riconosciute le proprie pretese, neppure dal punto di vista della rifusione delle spese26. Per altro verso, una statuizione sulla minima lesività può costituire un pregiudizio anche per la successiva quantificazione del risarcimento in sede civile. Qui, infatti, a fronte della tenuità, anche il diritto rivendicabile dal danneggiato sarà esiguo27.
1 In generale, sul tema, I nuovi epiloghi del procedimento penale per particolare tenuità del fatto, a cura di S. Quattrocolo, Torino, 2015.
2 Ad esempio, l’art. 27, d.P.R., 22.9.1988, n. 448, sul procedimento penale minorile, consente al giudice di emettere una sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, mentre l’art. 34, d.lgs. 28.8.2000, n. 274, sul procedimento “di pace”, esclude la procedibilità per fatti di particolare tenuità.
3 Dal punto di vista del diritto sostanziale, invece, lo scopo era quello di rafforzare i principi di proporzione e sussidiarietà, come sottolinea Marandola, A., Particolare tenuità del fatto (dir. proc. pen.), in Dig. pen., Aggiornamento, IX, Torino, 2016, 508.
4 L’intervento è affiancato, nella differente prospettiva della “depenalizzazione in astratto”, dal d.lgs. 15.1.2016, n. 7, sulla abrogazione di taluni reati e sulla introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili, e dal d. lgs. 15.1.2016, n. 8, sulla depenalizzazione di altre figure criminose (sul punto, Guerrini, R., Il d. lgs. 15 gennaio 2016, n. 7. I nuovi illeciti civili tipizzati e le relative sanzioni, in Baccari, C.M.Bonzano, C.La Regina, K.Mancuso, E.M., a cura di, Le recenti riforme in materia penale, Torino, 2017, 3).
5 Sul tema, per una esaustiva panoramica, Marandola, A., Particolare tenuità, cit., 507 ss.
6 Assetto inadeguato, tuttavia, secondo Marandola, A., op. cit., 510.
7 L’istituto, peraltro, è stato scrutinato anche dalla Corte costituzionale, che ha escluso profili di contrasto con la Carta fondamentale (C. cost., 17.7.2017, n. 207).
8 Cass. pen., S.U., 22.6.2017, n. 53683, in Cass. pen., 2018, 480. La stessa decisione ha pure precisato che l’art. 131 bis c.p. potrà applicarsi ai reati di competenza del giudice di pace soltanto qualora siano attratti per connessione dinanzi a un giudice diverso.
9 Ad esempio, nel rito militare (Cass. pen., sez. I, 5.6.2017, n. 30694, in CED rv. n. 270845).
10 Sul punto, per tutti, Marandola, A.Bronzo, P., La chiusura indagini e l’udienza preliminare, in Procedura penale. Teoria e pratica del processo, a cura di G. Spangher-A. Marandola-G. Garuti-L. Kalb, Torino, 2015, II, 957 ss.
11 Come ha precisato Cass. pen., sez. IV, 29.11.2017, n. 10402, in CED rv. n. 272237, la notifica della richiesta prescinde dalla formale presentazione dell’istanza di cui all’art. 408 c.p.p.
12 Si tratta di una previsione sostanzialmente inedita (anche in relazione al disposto dell’art. 409, co. 1, c.p.p.), che trova la sua giustificazione nel pregiudizio che il provvedimento di archiviazione del fatto tenue può riverberare.
13 Da notare che la previsione non è stata interessata dall’art. 1, co. 31, l. n. 103/2017 che, intervenendo sui co. 3 e 3 bis dell’art. 408 c.p.p., ha ampliato il termine per proporre opposizione.
14 Sul tema dei rapporti tra p.m. e g.i.p., Bronzo, P., Interrogativi sull’archiviazione per particolare tenuità del fatto, in www.lalegislazionepenale.eu, 21.9.2015.
15 Cass. pen., sez. V, 15.6.2017, n. 40293, in CED rv. n. 271010; Cass. pen., sez. IV, 29.11.2017, n. 10402, in CED rv. n. 272237.
16 In questo senso, un primo attrito si percepisce qualora il p.m. chieda l’emissione di un decreto penale di condanna e il g.i.p. ritenga, per contro, che il fatto sia di particolare tenuità. In assenza di previsioni sul dialogo tra i due organi, le Sezioni Unite hanno affermato che, in una situazione simile, il g.i.p. può restituire gli atti al p.m. invitandolo a valutare la possibilità di richiedere l’archiviazione (Cass. pen., S.U., 18.1.2018, n. 20569, Giur. it., 2018, 201, con nota di F. Urbinati, Sull’abnormità della restituzione degli atti al p.m. per valutare la particolare tenuità).
17 Secondo la Suprema Corte è sufficiente, a tal fine, la notificazione del decreto di citazione a giudizio, senza che vi sia necessità di uno specifico avviso relativo a tale eventuale sviluppo processuale (Cass. pen., sez. V, 18.10.2017, n. 8751, in CED rv. n. 272569; contra, tuttavia, Cass. pen., sez. III, 8.10.2015, n. 47039, Arch. nuova proc. pen., 2016, 129.
18 Cass. pen., sez. II, 23.2.2017, n. 15838, in CED rv. n. 269870, secondo la quale, peraltro, a carico dell’opponente non è previsto alcun onere di motivazione. Per una differente lettura, nella giurisprudenza di merito, Trib. Asti, 13.4.2015, in Arch. pen., 2015, con nota di D.N. Cascini, Tenuità del fatto: le prime applicazioni anche in fase predibattimentale.
19 Marandola, A., op. cit., 513.
20 Marandola, A., op. cit., 513.
21 Marandola, A., op. cit., 514.
22 Cass. pen., sez. III, 21.3.2018, n. 23174, in CED rv. n. 272789. In senso contrario, tuttavia, Cass. pen., sez. VI, 16.12.2016, n. 7606, Riv. pen., 2017, 344, secondo la quale la causa di non punibilità in questione sarebbe rilevabile d’ufficio in sede di legittimità anche se non tempestivamente dedotta.
23 Per quanto riguarda, invece, la responsabilità degli enti ai sensi del d.lgs. 8.6.2001, n. 231, si afferma che, qualora l’autore del reato sia stato prosciolto ai sensi dell’art. 131 bis c.p., il giudice deve procedere all’autonomo accertamento della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio l’illecito fu commesso, e che tale accertamento non può prescindere dalla verifica della sussistenza in concreto del fatto di reato, non essendo questa desumibile in via automatica dall’accertamento contenuto nella sentenza di proscioglimento emessa nei confronti della persona fisica (Cass. pen., sez. III, 17.11.2017, n. 9072, in Giur. it., 2018, con nota di S. Larizza, Particolare tenuità del fatto e responsabilità degli enti da reato).
24 In tema, Cass. pen., sez. V, 15.12.2015, n. 7264, in CED rv. n. 265816.
25 Marandola, A., op. cit., 516.
26 In questo senso, Cass. pen., sez. V, 6.12.2016, n. 6347, in CED rv. n. 269449. Tuttavia, sarebbe auspicabile una differente conclusione, analoga a quella di C. cost., 12.10.1990, n. 443, in materia di patteggiamento.
27 Marandola, A., op. cit., 516.