prodotti alimentari, qualita e certificazione
prodótti alimentari, qualità e certificazióne. – L’evoluzione della qualità alimentare, in un contesto di produzione e consumi che vede sia proseguire la tendenza alla globalizzazione degli scambi sia incrementare l’interesse per il ciclo economico locale, appare condizionata da tre ulteriori fattori: il cambiamento climatico; l’aumento del costo dell’energia e delle materie prime; l’aumento della domanda alimentare, in particolare dei grandi paesi asiatici, connessa alla progressiva crescita del reddito di larghi strati di popolazione. La qualità attesa è quindi profondamente mutata, dovendo essere intesa come qualità a tutto tondo che va dal prodotto al processo produttivo e alla sua funzione d’uso, con specifiche garanzie su tutti questi aspetti. Si può affermare che la qualità sia da identificarsi con la garanzia della qualità, secondo un percorso che comprende sia la sicurezza sia la qualità dei prodotti e a cui appartiene anche il tema della provenienza, caro in particolare ai consumatori italiani ed europei, sempre collegato a quelli della tracciabilità, ossia la possibilità di seguire ogni passaggio commerciale di un prodotto, e della rintracciabilità, cioè la capacità di rintracciare un prodotto considerato anomalo e potenzialmente pericoloso allo scopo di eliminarlo dal mercato. Anche l’acquisto diretto, a volte organizzato in itinerari di acquisto come le strade del vino e dei sapori e anche veicolato a distanza attraverso Internet, è divenuto nel tempo un fattore di qualità, tanto da promuovere appositi marchi collettivi per i ‘prodotti di fattoria’ in Italia o i fermiers in Francia. Peraltro la leva della convenienza è stata la base per l’autoorganizzazione da parte dei consumatori che hanno costituito appositi gruppi d’acquisto (v. ), in cui le specifiche della qualità vengono definite direttamente tra chi compra e chi vende. Emerge pertanto chiaramente l’esigenza da parte del mondo agricolo e agroalimentare di rendere sempre più distinti e riconoscibili i prodotti realizzati. I sistemi a disposizione per riuscire a perseguire questo obiettivo sono, oltre all’applicazione delle leggi, l’applicazione di standard volontari e certificabili, la creazione di marchi e la definizione di accordi di filiera. L’applicazione ‘ragionata’ delle normative in materia di autocontrollo igienico e sicurezza alimentare può rappresentare un primo passo indispensabile sulla strada della ‘distinguibilità’ di un prodotto. In UE, dove in regime di autocontrollo è attribuita agli operatori del settore la responsabilità di adottare le misure per garantire la non pericolosità dei prodotti alimentari applicando il sistema HACCP (Hazard analysis critical control point), vige il cosiddetto . Di rilievo inoltre la direttiva 89/2003/CE riguardante l’indicazione degli ingredienti contenuti nei prodotti alimentari; il regolamento (CE) n. 1829/2003 sugli alimenti e mangimi geneticamente modificati (GM); il regolamento (CE) n. 1830/2003 sulla tracciabilità ed etichettatura dei prodotti GM.
Standard volontari e certificabili. – Anche nel settore agroalimentare si è sviluppata, in maniera sempre più capillare, l’adesione a normative e standard volontari attraverso i quali le aziende possono progettare e implementare sistemi organizzativi interni, volti alla definizione di regole e procedure gestionali e tecniche. Tra questi in primo luogo i sistemi di gestione della qualità, con la norma UNI EN ISO 9001/2000 (v. ), e i sistemi di rintracciabilità (v. ). Nell’ambito delle normative volontarie è stata pubblicata e resa operativa la norma UNI EN ISO 22000/2005, che rende certificabili anche i sistemi di gestione per l’autocontrollo igienico, progettati e implementati sulla base del metodo HACCP. Si tratta di una norma riguardante i sistemi di gestione per la sicurezza alimentare, che consente di certificare quanto già previsto da molte delle normative in materia di sicurezza igienica degli alimenti. I suoi obiettivi principali sono: armonizzare i differenti standard specifici riguardanti la sicurezza alimentare e derivanti da un’attività normativa tipica dei grandi gruppi di retailer (vendita al dettaglio); fornire uno strumento per sviluppare il metodo HACCP in tutto il sistema produttivo del settore alimentare. Questa norma si rivolge a tutti gli attori coinvolti nella filiera agroalimentare e in particolare alle aziende agricole, ai mangimifici, agli allevamenti, alle aziende agroalimentari, alle imprese della distribuzione organizzata, ai rivenditori al dettaglio e all’ingrosso; ma anche alle aziende di trasporto, ai produttori di packaging e macchinari alimentari, alle aziende fornitrici di prodotti per la pulizia e sanificazione e ai fornitori di servizi. La ISO 22000/2005 può vantare i seguenti punti di forza: definizione chiara del modello gestionale da adottare allo scopo di perseguire l’obiettivo della sicurezza alimentare; completa integrabilità e compatibilità con altre norme, in particolare con la UNI EN ISO 9001 e con la UNI EN ISO 14001 (v. ); integrazione del metodo HACCP e dei principi del Codex alimentarius (FAO/WHO) all’interno del modello gestionale; soddisfazione dei diversi attori interessati (ossia autorità preposte al controllo dei requisiti di legge, consumatori, intermediari commerciali, altre aziende alimentari e così via). Nel quadro delle norme e degli standard volontari per il settore agricolo e agroalimentare rientra quell’insieme di standard privati, realizzati per lo più da consorzi cui aderiscono le principali catene della grande distribuzione e della grande distribuzione organizzata europea, che risultano essere costituiti da elenchi di requisiti strutturali, impiantistici e procedurali, complessivamente tendenti al perseguimento dell’obiettivo di ottenere prodotti alimentari sicuri; anche a fronte di questi standard le aziende possono ottenere una certificazione da organismi certificativi indipendenti. Tra i più significativi: l’IFS (International food standard), sviluppato in Germania ed esteso prima in Francia poi in Italia; il BRC (British retail consortium) global standards, realizzato in Gran Bretagna; il sistema QS (Qualität & Sicherheit), nato in Germania; il GlobalGAP (Global good agricultural practice), estesosi dall’Europa su scala mondiale.
Marchi e accordi di filiera. – Un’altra possibilità fornita alle imprese agroalimentari è l’adesione a consorzi di tutela, e quindi a marchi realizzati per distinguere un prodotto con caratteristiche ben definite e direttamente collegate a uno specifico territorio. Anche in quest’ambito, nel tempo si sono perseguite due strade. La prima è quella dell’adesione a un sistema ‘ufficiale’ realizzato sulla base di regolamenti comunitari. Marchi DOP (Denominazione di origine protetta), IGP (Indicazione geografica protetta), STG (Specialità tradizionali garantite), che vengono impiegati per caratterizzare prodotti tipici e tradizionali sia agricoli sia agroalimentari; marchi DOC (Denominazione di origine controllata), DOCG (Denominazione di origine controllata e garantita) e IGT (Indicazione geografica tipica), specifici per il campo vitivinicolo; marchio Biologico (applicabile in tutti i comparti del settore agricolo e agroalimentare). La seconda strada è quella dell’adesione a un sistema ‘privato’ realizzato sulla base di accordi tra aziende tutte afferenti alla medesima filiera produttiva. Si tratta in questo caso per lo più di marchi costituiti da gruppi di imprese, operanti nelle differenti fasi della filiera produttiva sottoposta a un soggetto che ne coordina il funzionamento, oppure creati spesso per soddisfare specifiche esigenze della committenza. Nell’ambito della creazione di un consorzio o di un gruppo di imprese afferenti alla medesima filiera produttiva con la finalità di creare un marchio, bisogna sempre avere presente un presupposto, ossia che tutti gli operatori devono riuscire a condividere gli obiettivi e le finalità del lavoro. In questo senso possono emergere ostacoli che spesso rallentano l’operato dei gruppi di lavoro incaricati della stesura dei disciplinari, in particolare difficoltà nell’individuazione di punti d'incontro (tecnici ed economici), specie tra i diversi attori della filiera produttiva, e la copertura dei costi del sistema e del marchio che necessitano di una continua attività di coordinamento e di controllo. Peraltro, l’adesione a un marchio da parte di un’azienda agroalimentare consente di conseguire una serie di risultati vantaggiosi in ogni fase del lavoro. Nell’ambito della produzione primaria: la concentrazione dell’offerta di materia prima; la programmazione delle produzioni; la contrattualizzazione dei criteri di definizione dei prezzi. Nel settore della trasformazione: l’omogeneizzazione della materia prima; la localizzazione delle produzioni; la programmazione degli acquisti; la contrattualizzazione dei criteri di definizione dei prezzi; infine, l’impiego di un marchio. Nella filiera produttiva: la riconoscibilità del prodotto sul mercato.