PROCURATORI e AVVOCATI
. Nelle comunità primitive a sistema patriarcale erano gli anziani, cui si ricorreva per consiglio e aiuto, che nell'ambito del gruppo assumevano la difesa in confronto dell'autorità assoluta del capo. Ma una difesa giudiziaria, in senso proprio, s'inizia nei periodi più progrediti, quando il diritto comincia a differenziarsi dal fenomeno sociale e dal fenomeno politico e lo stato ne assume la tutela investendosi delle funzioni giudiziarie. La necessità dell'assistenza difensiva, sorta in Roma col patronato (i clientes erano in rapporto di dipendenza col patronus che, assicurando loro la sua protezione, aveva, per la legislazione decemvirale, l'obbligo di rappresentarli in giudizio sia come attori sia come convenuti), divenne presto un'attività professionale cui a poco a poco fecero ricorso anche i plebei e gli stranieri, e quindi venne esercitata a richiesta di qualsiasi parte in lite; e, poichè i patroni esponevano e sostenevano le ragioni loro affidate dinnanzi al giudice arringando nel foro (mentre i giureconsulti si limitavano a dare i responsa), furono detti oratores. L'espressione advocatio, che indicò sulle prime l'opera di quanti (ad auxilium vocati) si recavano nel foro per appoggiare la causa o col prestigio personale o con offerta di prove o con attestazioni testimoniali, servì più tardi a precisare l'assistenza del giureconsulto durante quelle difese, perocché lo sviluppo del diritto privato e il formarsi della giurisprudenza ne rese necessario l'intervento per integrare con l'autorità della sua competenza dottrinale l'azione dell'oratore, spesso privo di adeguata cultura giuridica; le due attività finirono però presto col fondersi in guisa da far prevalere il giureconsulto - oratore che assumeva l'intero patrocinio, e il termine advocatus entrò in uso per indicarlo. L'advocatio divenne così professione riconosciuta e regolata dallo stato; nell'epoca imperiale gli avvocati furono considerati un ordo, il loro ministero come un ufficio pubblico; si costituirono corporazioni e collegia con particolari statuti che determinavano diritti e privilegi e, nello stesso tempo, stabilivano sanzioni (ammende, sospensioni, esclusioni); fissato il numero degl'iscritti nei singoli collegi, vennero per l'ammissione richieste autorevoli informazioni e certificazioni degli studî legali compiuti.
La rappresentanza in giudizio va esclusa nel periodo delle legis actiones, che sono la prima fase della procedura civile romana. Tuttavia, anche allora, eccezionalmente, fu consentito agere nomine alieno: 1: nell'ipotesi di furto commesso in danno dell'assente per servizio militare o perché prigioniero dei nemici; o commesso in danno di un impubere, il cui tutore si trovasse assente per una delle cause anzidette; 2. nell'ipotesi di controversia sullo stato di schiavitù o di libertà di una persona; 3. nell'ipotesi di azione nell'interesse dello stato (azione popolare); 4. nell'ipotesi di azione nell'interesse del pupillo.
Allo stesso periodo delle legis actiones, ma nello stadio in iudicio, apparterrebbe la cognitoris datio, nella quale si vuole rintracciare la più antica rappresentanza processuale: dopo la contestazione della lite il convenuto, impedito da vecchiezza o da malattia, poteva nominare un rappresentante diretto, il cognitor, il quale, costituito in termini solenni presente l'avversario, agiva in nome proprio in sostituzione della persona rappresentata. Il procurator sorge in periodo ancora successivo, e interviene prima nella veste di procurator omnium bonorum, poi come procurator ad lites; più tardi, impugnandosi la validità del giudizio nel quale era intervenuto il procurator senza mandato, e al fine di evitare che le liti fossero riproposte, fu richiesta la prova della legitimatio ad processum: si prescrisse, cioè, la presentazione del mandato. Nel periodo giustinianeo, scomparso il cognitor, quella del procurator ad litem è già una professione specifica, e, fatto l'obbligo d' inserire il mandato fra gli atti (apud acta) del processo, venne definitivamente fissata la figura del rappresentante in giudizio.
Con la caduta dell'impero romano la decadenza del diritto apportò la decadenza della professione forense. Il frazionamento della sovranità nel periodo feudale, la moltiplicazione dei fori determinarono molteplicità di avvocature, né fu richiesto il dottorato per esercitarle. Fra le concessioni fatte in favore della Chiesa va segnalata l'istituzione dell'advocatus ecclesiae: per evitare che i vescovi venissero distratti dalle loro cure spirituali si accordò agli enti pii di far valere in giudizio le proprie ragioni a mezzo di defensores laici, i quali non solo ne assumevano attivamente e passivamente la rappresentanza, ma ne amministravano il patrimonio. Col sempre crescente numero delle attribuzioni l'advocatus finì col diventare un publicus officialis e avere, come tale, anche mansioni di polizia, ecc. L'avvocheria riprende i suoi caratteri nei secoli XIV, XV e XVI, e a Venezia e a Napoli diviene la più reputata, oltre che la più lucrosa, delle professioni liberali. A Napoli particolarmente l'oratoria forense raggiunse il massimo splendore, ma solo a Roma e a Milano per l'ammissione all'esercizio professionale furono prescritti speciali esami. A Mantova, a Firenze, a Parma e anche a Milano e in altre città, i collegi degli avvocati e dei causidici (procuratori) ebbero proprî statuti municipali. Gl'iscritti godevano di privilegi e in alcune città anche di una certa indipendenza dall'autorità statale ma avevano anche oneri, fra cui l'obbligo di assumere gratuitamente l'assistenza dei poveri, delle vedove, degli stranieri. A Genova, anzi, ove erano speciali giudici per i poveri, la difesa veniva affidata a speciali procuratori.
Nell'ordinamento italiano vigente le due professioni sono, in conformità alla tradizione, regolate separatamente. La separazione è per altro un'applicazione della norma fondamentale del procedimento civile per cui davanti ai tribunali civili e alle corti non si può stare in giudizio se non col ministero del procuratore, mentre all'avvocato è riservata la difesa. Solo nei giudizî dinnanzi la Corte di cassazione la rappresentanza delle parti è esercitata dall'avvocato iscritto in apposito albo. Tuttavia sta di fatto che la funzione del procuratore e quella dell'avvocato vengono spesso promiscuamente svolte, e tale tendenza pratica a far coincidere nella stessa persona l'esercizio delle due professioni non è sfuggita al legislatore, che, in occasione del provvedimento (r. decr. legge 27 novembre 1933 n. 1578) col quale la materia ha avuto completo riordinamento, ha tenuto presenti i punti di contatto fra le due attività, che ha considerato come estrinsecazione di una professione sostanzialmente unica, nella quale l'abilitazione alle funzioni di avvocato costituisce "il normale ampliamento del campo dell'attività forense per coloro che, attraverso un congruo periodo di esercizio delle funzioni di procuratore, abbiano acquistato una più austera capacità ed esperienza".
La nuova legge, mentre ha regolato e disciplinato l'esercizio delle due professioni prescrivendo che presso ogni tribunale siano formati albi distinti dei procuratori e degli avvocati, ne ha affidato la custodia al direttorio del sindacato fascista degli avvocati, al quale organo (soppressi gli antichi consigli dei due ordini e le commissioni reali successivamente istituite in sostituzione di essi), è devoluta la rappresentanza delle due classi e nello stesso tempo la tutela degl'interessi morali ed economici, il potere disciplinare, ecc. Così il nuovo ordinamento è pienamente rispondente all'organizzazione sindacale delle libere professioni che esplicano la loro attività nello stato, e in perfetta dipendenza dall'autorità statale. L'esercizio cumulativo della professione di avvocato e della professione di procuratore non è vietato, ma è necessaria l'iscrizione in entrambi gli albi; tuttavia in materia civile mentre gli avvocati iscritti in un albo possono esercitare la professione davanti a tutte le corti di appello, i tribunali e le preture del regno, i procuratori possono esercitarla soltanto davanti alle Corti d'appello, alle sezioni distaccate delle stesse corti, e ai tribunali e alle preture del distretto in cui è compreso il tribunale al quale sono assegnati. Dinnanzi ad alcune giurisdizioni (Corte di cassazione, Consiglio di stato, Corte dei conti in sede giurisdizionale, Tribunale supremo militare, Tribunale supremo delle acque pubbliche, Commissione centrale per le imposte dirette) il patrocinio può essere assunto dagli avvocati che siano iscritti in un albo speciale, che è tenuto dal direttorio del sindacato nazionale. Nei giudizî penali davanti al tribunale, alla Corte di appello e alla Corte di assise il patrocinio dell'imputato è riservato agli avvocati; i procuratori possono rappresentare la parte civile, ed è loro consentito, inoltre, il patrocinio dell'imputato soltanto davanti ai tribunali del distretto della Corte d'appello e sezioni distaccate, nel quale è compreso il tribunale al quale sono assegnati. Dinnanzi alle preture, infine, sono ammessi a esercitare anche i laureati in giurisprudenza che siano praticanti procuratori e come tali iscritti in apposito registro, che è tenuto dal direttorio del sindacato presso il tribunale. Tale patrocinio è limitato a un periodo di tempo non superiore a quattro anni dalla laurea, né può aver luogo davanti alle preture che non siano comprese nel distretto della Corte di appello cui appartiene il tribunale dove il praticante si trova iscritto. Il numero dei posti da assegnare annualmente per le nuove iscrizioni nell'albo dei procuratori è determinato dal ministro della Giustizia: tale limitazione, come la accentuata difficoltà degli esami, evita da una parte la pletora degli avvocati e dall'altra consente che si proceda alla selezione degli elementi migliori; a questi fini ogni anno viene indetto un esame di concorso fra i laureati in giurisprudenza che abbiano compiuto due anni di pratica, siano di condotta specchiatissima e illibata e residenti nel capoluogo del circondario nel quale chiedono di essere iscritti. Hanno inoltre diritto di essere iscritti nell'albo dei procuratori presso il tribunale, nella cui giurisdizione hanno la loro residenza, coloro che siano iscritti nell'albo degli avvocati; coloro che per cinque anni siano stati magistrati dell'ordine giudiziario, militare o amministrativo, o del tribunale speciale per la difesa dello stato, oppure avvocati dell'avvocatura dello stato; i professori di ruolo delle università del regno o degl'istituti superiori ad esse equiparati, dopo due anni d'insegnamento. L'iscrizione nell'albo degli avvocati ha luogo dopo sei armi di lodevole esercizio della professione di procuratore, o dopo aver superato l'esame di stato indetto ogni anno fra i procuratori che almeno per due anni abbiano esercitato la professione. Hanno inoltre diritto all'iscrizione nell'albo degli avvocati, purché in possesso di laurea in giurisprudenza, i già magistrati dell'ordine giudiziario, militare e amministrativo o del tribunale speciale per la difesa dello stato, oppure avvocati dell'avvocatura dello stato dopo otto anni di servizio; gli ex-prefetti con tre anni di grado, ovvero con quindici anni di servizio nell'amministrazione dell'Interno; i professori di ruolo di discipline giuridiche delle università e degl'istituti superiori ad esse parificati, dopo tre anni d'insegnamento, ecc. Una rigida determinazione delle incompatibilità conferisce infine all'avvocatura autonomia, indipendenza e prestigio. L'esercizio delle due professioni è incompatibile in effetti con l'ufficio di notaio, con l'esercizio del commercio in nome proprio o in nome altrui, con la qualità di ministro di qualunque culto avente giurisdizione o cura di anime, di giornalista professionista, di direttore di banca, di mediatore, di agente di cambio, di sensale, di ricevitore del lotto, di appaltatore di un pubblico servizio o di una pubblica fornitura, di esattore di pubblici tributi o d'incaricato di gestioni esattoriali; con qualunque impiego o ufficio retribuito con stipendio sul bilancio dello stato, delle provincie, dei comuni, delle istituzioni pubbliche di beneficenza, della Banca d'Italia, della lista civile, del gran magistero degli ordini cavallereschi, del senato, della camera dei deputati o di qualsiasi altra amministrazione o istituzione pubblica soggetta a tutela o vigilanza dello stato, delle provincie o dei comuni. Sono eccettuati i professori e gli assistenti delle università e degli altri istituti superiori e i professori degl'istituti secondarî del regno. Supremo organo giurisdizionale forense è la commissione centrale per gli avvocati e procuratori composta di quindici membri nominati con decreto reale, la quale provvede sui ricorsi contro i provvedimenti dei direttorî dei sindacati; contro le decisioni di questa è ammesso il ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione del regno per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge. Va rilevato in ultimo che le donne non sono escluse dall'esercizio delle professioni di avvocato e di procuratore; che il procuratore non può, senza giusto motivo, rifiutare il suo ufficio, ed è, al pari dell'avvocato, obbligato, in conformità alle norme della legge sul patrocinio gratuito, ad assumere gratuitamente la difesa dei poveri; e che tanto l'uno quanto l'altro non possono essere obbligati a deporre nei giudizî di qualunque specie su ciò che sia stato loro confidato o sia venuto a loro conoscenza per ragione del proprio ufficio; che non possano essere cessionarî delle liti, ragioni e azioni litigiose di competenza del tribunale nella cui giurisdizione esercitano le loro funzioni; né stabilire, direttamente o per interposta persona, con i clienti alcun patto (pactum de quota litis; v. patto: Patto di quota lite), né stipulare con i medesimi contratto alcuno di vendita, donazione o permuta o altro simile, sulle cose comprese nelle cause nelle quali prestano il loro patrocinio, sotto pena di nullità, dei danni e delle spese (v. anche avvocatura; onorario).