PROCOPIO di Cesarea
Storiografo del tempo di Giustiniano. Nella letteratura bizantina P. occupa un posto eminente, non solo per l'importanza della sua opera, ma anche per le sue qualità di scrittore. Poche notizie sicure si hanno intorno alla sua origine e ai casi della sua vita. Sappiamo solo che egli nacque in Cesarea di Palestina verso la fine del sec. V (l'anno preciso non ci è noto); che, compiuti gli studî di diritto, nel 527 era già in Costantinopoli, addetto, in qualità di consigliere per gli affari giuridici e di segretario, alla persona di Belisario; che seguì il famoso generale nelle sue spedizioni militari in Asia, in Africa, in Italia fino al 540, e che passò il restante della sua vita a scrivere la storia del suo tempo. Se, oltre alla carica di consigliere su ricordata, avesse altri uffici nella corte imperiale o nell'amministrazione, come farebbe supporre il titolo di illustris di cui, secondo Niceforo e Suida, fu insignito, non sappiamo; ma è certo che il Procopio titolare della prefettura urbana nel 562 ricordato nelle fonti non è lui, ma un suo omonimo. Generalmente si ritiene che morisse nel 562 o 563; ma poiché nel proemio della Storia segreta egli scrive di non aver potuto riferire prima nelle sue precedenti opere i fatti che si accingeva allora a narrare contro Giustiniano, Teodora e altri, perché sarebbe stato pericoloso il farlo "mentre erano ancora in vita coloro che li avevano operati", ammettendo come autentica l'opera, bisogna anche ammettere che morisse dopo Giustiniano, cioè dopo il 565.
P. scrisse tre opere: 1. la Storia delle guerre (Οἱ ὑπὲρ τῶν πολέμων λόγοι); 2. un trattato Degli Edifici (Περὶ κτισμάτων); 3. la Storia segreta (Historia arcana) conosciuta anche sotto il nome di Anecdota (Τὰ καλούμενα 'Ανέκδοτα, Suida). Di queste la più importante è la prima. Consta di otto libri. Nei primi sette, cominciati a scrivere intorno al 543 e pubblicati nel 550 o nell'anno seguente, sono narrate le guerre dei Bizantini contro i Persiani (lib. 1, 2), contro i Vandali (lib. 3-4) e contro i Goti (libri 5-6-7) dagl'inizî del regno di Giustino I fino al 550; nell'ottavo, pubblicato alcuni anni dopo, è dato un sommario degli avvenimenti accaduti dal 550 al 554. Per la varietà e l'esattezza delle informazioni, l'opera si può considerare come una storia generale del regno di Giustiniano. P. infatti non si limita alla narrazione delle imprese militari. Seguendo l'esempio dei grandi storici antichi e specialmente di Tucidide e di Erodoto, che egli cita e spesso imita ripetendone frasi e sentenze, dei popoli dei quali parla dà diffuse notizie intorno al loro passato, ai loro costumi e alle loro condizioni attuali; disegna con mano sicura il ritratto morale dei principali attori sulla scena politica; intercala nel racconto discorsi per avere l'opportunità di esporre le sue osservazioni intorno agli avvenimenti narrati. Il tono generale dell'opera è piuttosto laudativo verso Giustiniano e Belisario, ma, nel complesso, si può affermare che P. non tradì mai il suo ufficio di storico imparziale, e, pur non dicendo tutto, non alterò mai in questa sua opera la verità. Le indagini critiche degli studiosi moderni e il raffronto della sua narrazione con le notizie provenienti da altre fonti confermano quanto di lui diceva il suo contemporaneo Agazia che cioè egli avesse raccontato "con grande esattezza la maggior parte dei fatti avvenuti al tempo di Giustiniano". Quanto al valore puramente letterario si può osservare che P. mostra una predilezione per le forme antiche, desumendole dai suoi modelli, e per il periodare complicato; ma il suo stile, nonostante i suoi arcaismi, è sempre vivo, lucido e vigoroso e ben si addice alla severità della storia, diverso in ciò dal manierismo e dalla sciatteria, pressoché generale, degli altri scrittori bizantini.
Il trattato Degli Edifici fu scritto intorno al 560 con ogni probabilità a richiesta di Giustiniano. E un elenco, fatto con enfasi retorica e con animo piattamente servile, delle costruzioni ordinate dal sovrano in tutto l'impero. Nonostante questo suo carattere, esso presenta un grande interesse come fonte storica per le notizie di carattere geografico, artistico e finanziario che contiene.
Totalmente diversa, per contenuto e per spirito, è la Storia segreta. Se nelle due opere precedenti Giustiniano è rappresentato come un sovrano giusto e serio, in questa è interpretato come un essere perverso e accusato di essere la causa di tutti i mali che nel suo tempo afflissero l'impero. A piene mani è gettato il fango sulla sua vita pubblica e privata come su quella di Belisario, già esaltato nelle storie come un puro eroe, dell'imperatrice Teodora e di Antonina, moglie di Belisario, descritte come donne intriganti, perfide e profondamente viziose. Il contrasto non potrebbe essere più stridente e si comprende bene come non pochi studiosi, sin da quando, per la prima volta, nel 1623, l'opera fu pubblicata dall'Alamanni, che l'aveva trovata nella Biblioteca vaticana, ne abbiano negato l'autenticità. Certo sembra inverosimile che la Storia segreta sia stata scritta dallo stesso individuo che aveva composto i libri delle guerre e il trattato degli edifici; ma nonostante ciò e nonostante che sia assodato come la versione di alcuni fatti data nei libri delle guerre risulti dal confronto con altre fonti esatta, mentre quella della Storia segreta è certamente erronea, l'opinione ormai prevalente fra gli studiosi è che l'opera in questione sia proprio di P. Rimane tuttavia da spiegare perché mai P. abbia scritto tale opera, che certamente è un odioso libello, nel quale è tendenziosamente alterata la verità storica, e come mai essa rimanesse del tutto ignota per alcuni secoli agli eruditi bizantini. Ammettendone l'autenticità, due cose si devono ritenere certe, contrariamente a quanto viene generalmente affermato: 1. che l'opera non fu scritta prima del 565 come risulta dal proemio; 2. che essa non fu compiuta e rimase per la morte dell'autore in uno stato informe. È del tutto arbitraria, infine, l'opinione di D. Comparetti che ha considerato la Storia segreta come nono libro della Storia delle guerre.
La prima edizione completa delle opere di P. è quella del Corpus hist. byz. di Parigi curata dal gesuita Maltretus (voll. 2, 1662-1663). L'edizione della collezione di Bonn fu curata dal Dindorf (voll. 3, 1833-1838) ma non rappresenta un miglioramento del testo rispetto alle precedenti. Le migliori edizioni critiche sono, per la guerra gotica, quella curata da D. Comparetti, con introduzione critica, note e versione italiana in tre volumi (Fonti per la storia d'Italia dell'Istituto storico italiano, n. 23-25) e per tutte le opere quella curata dal Haury per la Bibliotheca Teubneriana di Lipsia in tre volumi (vol. I e II: De Bellis, Lipsia 1905; vol. III Historia quae dicitur arcana - VI libri Περὶ κτισμάτων, ivi 1913). Di recente l'Istituto storico italiano ha pubblicato a cura di D. Bassi l'edizione della Storia segreta preparata dal Comparetti con studio critico, versione italiana e note sotto il titolo Le inedite, libro nono delle istorie (Roma 1928); ma questa edizione non segna un progresso rispetto a quella del Haury (vedine la recensione del Sykutris in Byz. Zeitschr. del 1933, p. 363 segg.).
Bibl.: F. Dahn, Procopius von Cäsarea, Berlino 1865; J. Haury, Procopiana, Augusta 1892; id., Zur Beurteilung des Geschichtsschreibers Procopius von Cäsarea, Monaco 1896; Bruckner, Zur Beurteilung Procopius von Cäsarea, Ansbach 1896; K. Krumbacher, Gesch. d. byz. Litteratur, 2ª ed., Monaco 1897, p. 230 segg.; J. B. Bury, History of the later Rom. Empire, II, Londra 1923, p. 417 e segg.; Ch. Diehl, Justinien, introduzione pp. XII-XIX; e per la Storia segreta lo studio introduttivo di D. Comparetti nella citata edizione dell'Istituto storico italiano. Si veda anche la breve nota di P. Bonfante, Il movente della Storia arcana di Procopio, in Rendiconti R. Acc. Lincei, Cl. sc. morali, VIII, t. 6°, Roma 1932.