PROCLO (Πρόκλος, Proclus)
Nulla sappiamo di questo grammatico, autore di un'opera che nel naufragio della poesia greca acquista per noi notevole importanza, la Crestomazia (χρηστομάϑεια). Si è a lungo disputato se egli debba essere identificato con P. di Costantinopoli (v.). La cosa sembra poco verosimile; assai più probabile è che si tratti di persona diversa, vissuta non nel V ma nel sec. II d. C. Della Crestomazia non possediamo la redazione originale, ma un estratto di Fozio (Biblioteca, cod. 239), che riguarda solo una parte dell'opera (i primi due libri).
P. volle scrivere una vera e propria "introduzione alla letteratura"; pertanto, cominciò ab ovo con la spiegazione della parola γράμμα. Si fermava poi sulla differenza fra prosa e poesia, sui varî stili, ed enunciava la definizione di poesia e poeta, seguendo per la prima la bipartizione aristotelica, non la tripartizione platonica. P. procedeva, in forma concisa e chiara, tenendo conto delle varie opinioni, a un'accurata trattazione delle varie forme epiche e liriche; e di ciascuna ricordava l'inventore, l'origine del nome, le caratteristiche e i maggiori rappresentanti. Dei poemi del cosiddetto ciclo epico P. dà anche indicazioni del contenuto; così leggiamo i riassunti, talora abbastanza ampî, delle Ciprie, dell'Etiopide di Arctino, della Piccola Iliade di Lesche, dell'Iliuperside di Arctino, dei Nostoi di Agia, della Telegonia di Eugammone. Le sue indicazioni, che concordano spesso col racconto della Biblioteca di Apollodoro, sarebbero ancora più importanti, se si potesse dimostrare che P. ebbe presenti i poemi originali. Invece è quasi sicuro che al sec. II essi erano già perduti; comunque, P. seguì un riassunto degno di fede, per il contenuto se non per l'esatta partizione della materia tra i singoli poemi, proveniente forse dalla scuola aristotelica. Notevole è la testimonianza di P. relativa all'esametro, usato, come egli riferisce, per la prima volta da Femonoe, sacerdotessa di Apollo, per gli oracoli delfici (onde il nome di metro pizio). Passando poi alla lirica, P. distingue innanzi tutto l'elegia e il giambo, forme che già nell'età alessandrina erano soltanto recitate, dalla melica, che era cantata; e di quest'ultima enumera le varie specie: anzi, l'unica vera classificazione antica delle forme meliche a noi nota è proprio questa procliana. Si distinguono tre categorie generali, secondo che il carme è rivolto agli dei o agli uomini oppure tanto agli dei quanto agli uomini; vi sono poi poesie che si riferiscono ad avvenimenti casuali. Alla prima categoria appartengono l'inno propriamente detto, il prosodio, il peana, il ditirambo, il nomo, l'adonidio, l'iobacco, l'iporchema; alla seconda l'encomio, l'epinicio, lo scolio, il carme erotico, l'epitalamio, l'imeneo, il sillo, il treno, l'epicedio; alla terza il partenio, il dafneforico, l'oscoforico, i canti invocatorî; ma non è escluso, ci sembra, che queste ultime tre specie fossero comprese fra i canti occasionali. Di ognuna di queste forme P. dà notizia, e ne spiega talvolta il nome (per es., quelli di prosodio, ditirambo, scolio), o l'origine (per es., del nomo). Lumeggia anche la differenza che intercede fra l'imeneo e l'epitalamio e fra il treno e l'epicedio. Di notevole importanza è per noi la trattazione relativa all'origine e al significato delle due feste, le dafneforie e le oscoforie. Non sappiamo se l'opera di P. si dividesse in 4 (Fozio) o in 3 libri (Suida), né se comprendesse anche la poesia drammatica e la prosa. Circa la drammatica si può rispondere con tutta probabilità affermativamente, e forse includere anche la poesia bucolica; per la prosa l'incertezza è maggiore: in caso affermativo, P. trattava dell'oratoria e della storia, ma escludeva la filosofia. P. si giovò specialmente dell'opera di Didimo Sui poeti lirici e fors'anche della Storia musicale di Elio Dionisio. La Crestomazia fu assai nota ai grammatici posteriori, specialmente agli scoliasti di Platone, Pindaro, Dionisio Trace, ecc., e, direttamente oppure indirettamente, a Giovanni Tzetzes e a Michele Italico.
Ediz.: T. Gaisford, Hephaistion, Oxford 1855; R. Westphal, Scriptores metrici graeci, I, Lipsia 1866, p. 227 segg. I riassunti dei poemi ciclici anche in Kinkel, Epicorum graecorum fragmenta, Lipsia 1877, e in Wagner, Mythographi Graeci, I, ivi, 2ª ed. 1926.
Bibl.: E. Bethe, Theban. Heldenlieder, Lipsia 1891, p. 33 segg., e in Hermes, XXVI (1891), p. 593 segg.; O. Immisch, in Festschrift für Th. Gomperz, p. 254 segg.; E. Romangoli, in Studi ital. di filol. class., IX (1901), p. 35 segg.; W. Georgii, Über den Verfasser der gramm. Chrestomathie, Kaiserslautern 1899; F. Stein, De Procli Chrest. Gramm. quaestiones selectae, Bonn 1907.