PROCLE
. Si vuole riconoscere in questo nome, che si legge su un tetradramma di Catania e su un didramma di Nasso di Sicilia, la firma di un artista incisore della fine del sec. V, che ivi appunto fiorì producendo opere di eccellente fattura, ma che non si possono annoverare fra le migliori produzioni monetarie degli artisti siciliani di quel periodo, come si è ripetuto sino ad oggi.
Il pezzo di Catania reca al dritto l'effige coronata di Apollo a sinistra, circondata da un pesce, un'aragosta, una foglia di lauro con bacca, e la leggenda ΚΑΤΑΝΑΙΩΝ. Sotto il collo in minute lettere è la firma ΠΡΟΚΛΗΣ. Al rovescio è la quadriga in moto veloce a sinistra, con l'auriga incoronato da una piccola vittoria. Il tipo apollineo è una rielaborazione e una variante del tipo di Aretusa di Eveneto, che qui assume una morbidezza di linee più che femminee. Lo stesso tipo, con più marcate queste caratteristiche, appare al dritto del didramma di Nasso, onde è verosimile supporre che qui l'artista lo abbia introdotto in un secondo tempo, sostituendolo a quello che fino ad allora era stato il tipo di Nasso, Dioniso. Donde ancora la conseguenza che l'artista abbia prima lavorato a Catania e poi a Nasso, città della quale si vuole, senza apparenza di ragione, sia oriundo.
Sulla moneta di Nasso l'artista apporta ancora una variante al tipo silenico del rovescio, il quale non appare qui più seduto pesantemente a terra col grosso corpo sgraziato, gli arti scimmieschi e il volto satiresco ma quasi inginocchiato, su una base iscritta col nome dell'artista tutto di fronte, con testa esageratamente grossa sul corpo tozzo, in una sproporzione cui dovette l'artista ricorrere per renderne ben visibili le forme.
Dalla rarità dei pezzi delle due zecche resta a desumersi sia la transitorietà in esse delle funzioni di Procle, sia la loro coincidenza con l'ultimo periodo di attività delle zecche stesse, Catania e Nasso essendo state distrutte da Dionisio nel 404 a. C.
Bibl.: V. cimone; euclida.