Abstract
Si esamina lo stato dell’arte dell’impervio percorso di informatizzazione della giustizia in Italia, che ha vissuto nel corso dell’anno 2014 un momento cruciale. L’uso delle tecnologie digitali e della telematica, a lungo percepito come una chimera dagli operatori del diritto, è ormai una realtà applicativa per il processo civile ed è regolato da fonti di vario rango, che disciplinano nuove forme di comunicazione tra ufficio giudiziario e avvocati, mediante l’uso di strumenti informatici.
Il processo telematico non è un nuovo modello di processo.
Semplicemente, consiste in un sistema di gestione, attraverso strumenti informatici e telematici, dei flussi di dati tra i soggetti che operano nel processo.
L’imponente, articolata e disomogenea stratificazione normativa che costituisce l’insieme di regole disciplinanti il processo telematico ha la funzione di adattare le norme del processo (civile, amministrativo, tributario e, de lege ferenda, penale), così come contenute nelle disposizioni dei codici di procedura e nella normativa complementare extra codicem, alle nuove forme della comunicazione tra parti (rectius, avvocati), cancelleria e giudici.
Eppure, in origine, l’idea pionieristica contenuta nella l. 15.3.1997, n. 39 (cd. legge Bassanini 1), poi sviluppata con il d.P.R. 13.2.2001, n. 123 (regolamento recante disciplina sull’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti) era di realizzare un nuovo disegno dell’organizzazione giudiziaria, mediante una diversa allocazione delle risorse umane e delle competenze professionali, e di utilizzare la tecnologia per favorire l’individuazione e la conoscibilità di interpretazioni e prassi; in pratica il sistema informativo del processo ambiva, prevalentemente, alla costruzione di banche dati capaci di rendere immediatamente conoscibili gli orientamenti assunti della giurisprudenza e degli operatori pratici, innescando modalità di gestione del processo (case management) e degli uffici (court management) «alimentate dall’affidabilità dei dati prodotti dai sistemi informativi» (v. Brescia, S.-Liccardo, P., Processo telematico, in Enc. giur. Treccani, Roma, 2005, 2; Costantino, G., Il processo civile tra riforme ordinamentali, organizzazione e prassi degli uffici (una questione di metodo ), in Riv. trim. dir. proc. civ., 1999, 77 ss.).
Nonostante la legislazione «di rottura», inaugurata a partire dal 2009, con il d.l. 29.12.2009, n. 193, convertito in legge dalla l. 28.1.2009, n. 2 (su cui v. il parere del Consiglio superiore della magistratura 11.1.2010, in Foro it., 2010, III, 103, con note di De Santis, A.D. e Panizza, S.) e che, inter alia, ha dato il via all’abbandono del progetto originario di Processo civile telematico (di seguito PCT) concepito come sistema ‘chiuso’ o ‘ambiente protetto’ riservato agli operatori del diritto e ne ha iniziato la configurazione come semplice strumento di supporto alle comunicazioni telematiche di documenti informatici tra parti e uffici giudiziari, si impone un atteggiamento di fiducia nell’innesco di un fecondo scambio di esperienze tra magistrati, personale di cancelleria e avvocati (De Santis, A.D.-Poli, G.G., Il processo civile telematico alla prova dell’obbligatorietà: lo stato dell’arte agli inizi del 2013, in Foro it., 2013, V, 110).
Il punto di partenza del percorso di informatizzazione della giustizia è costituito dal processo civile, nell’ambito del quale la fase di sperimentazione ha ormai ceduto il passo all’uso obbligatorio di informatica e telematica (seppur con alcuni distinguo di cui si dirà infra, § 2.4; cfr. i dati sull’applicazione del PCT al 31.10.2014, pubblicati nel portale servizi telematici del Ministero della giustizia) e si è estesa al processo amministrativo, nonché a quello tributario e penale (su cui v. infra, § 4).
Se, come da più parti evidenziato, è vero che l’architettura del processo telematico è mutata nel corso del tempo tanto da metterne a repentaglio la stabilità (v. Consolandi, E., Processo telematico, in Libro dell’anno del diritto 2012, Roma, 2012, 645 ss.), è però necessario individuare i pilastri su cui, alla fine del 2014, si fonda.
Essi sono costituiti dalla disciplina del documento informatico e della sua sottoscrizione e validazione temporale, dalle regole che hanno istituto il sistema di posta elettronica certificata, dalle norme in tema di comunicazioni e notificazioni telematiche e dalle disposizioni relative al deposito cd. telematico degli atti di parte.
Il funzionamento del processo telematico non può prescindere dalla dematerializzazione degli atti, che comporterà, a regime, un sensibile risparmio di costi, nonché un incremento di efficienza nella gestione del fascicolo informatico per avvocati, magistrati e personale di cancelleria.
L’atto dematerializzato, per poter essere portato a conoscenza degli altri soggetti del processo (tramite deposito, comunicazione o notificazione, a seconda dei casi), deve rispondere a determinati requisiti previsti dagli artt. 11 e 12 delle regole tecniche (d.m. 21.1.2011, n. 44), che sul punto rinviano, per la disciplina di dettaglio, agli artt. 12 e 13 delle specifiche tecniche adottate con provvedimento del 16.4.2014 del responsabile del DGSIA (Dipartimento generale per i sistemi informativi automatizzati).
Gli atti, al pari degli altri documenti, quali, ad esempio, le prove da produrre in giudizio, devono consistere in file elettronici (se del caso previa trasformazione del documento cartaceo in documento informatico).
La normativa di riferimento per la validità, l’efficacia, la sottoscrizione e la validazione temporale di atti e documenti informatici è contenuta negli artt. 20 e ss., d.lgs. 7.3.2005, n. 82, codice dell’amministrazione digitale (c.a.d.), nonché nell’art. 71, che rinvia alle regole tecniche ministeriali per la formazione, trasmissione, conservazione, copia, duplicazione, riproduzione, validazione temporale dei documenti informatici e per quelle in materia di generazione, apposizione e verifica di qualsiasi tipo di firma elettronica avanzata.
Se tradizionalmente il documento giuridico è una «res rappresentativa di un fatto giuridicamente rilevante» (Carnelutti, F., La prova civile, Padova, 1915, 184), la nozione di documento informatico contenuta nel c.a.d. si differenzia sotto tre punti di vista: segna la scomparsa del riferimento alla res, qualifica la rappresentazione come ‘informatica’ ed infine amplia l’oggetto della rappresentazione, non limitato ai soli fatti ma esteso anche ad atti e dati giuridicamente rilevanti.
Pur dovendo in questa sede prescindere dalle molte e rilevanti questioni poste dalla disciplina del documento informatico (su cui v., esemplificativamente, Di Benedetto, G., Scrittura privata e documento informatico, Milano, 2009, e più di recente, Battelli, E., Il valore legale dei documenti informatici, Napoli, 2012; Navone, G., Instrumentum digitale. Teoria e disciplina del documento informatico, Milano, 2012) non pare secondario evidenziare come essa rappresenti il primo e fondamentale mattone sul quale è costruito l’edificio del processo telematico.
La PEC, ad oggi, è l’unico strumento di trasmissione di atti e documenti informatici tra i soggetti del processo telematico.
Il d.P.R. 11.2.2005, n. 68 (regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata) definisce la PEC come «ogni sistema di posta elettronica, nel quale è fornita al mittente documentazione attestante l’invio e la consegna di documenti informatici» (v. art. 1, lett. g); si tratta di uno standard tecnologico non in uso in paesi diversi dall’Italia.
La PEC consente «l’invio di messaggi la cui trasmissione è valida agli effetti di legge» (art. 4) e ha fatto il suo esordio nel processo civile con l’art. 4 d.l. 29.12.2009, n. 193, convertito in legge dalla l. 22.2.2010, n. 24, il quale disponeva che tutte le notificazioni e comunicazioni nel processo civile (nonché nei procedimenti previsti dalla legge fallimentare) dovessero effettuarsi a mezzo di PEC, con rinvio dell’efficacia di tale disposizione alla data di entrata in vigore del decreto recante le regole tecniche per il processo telematico.
L’adozione della PEC per il trasferimento telematico di documenti informatici nell’ambito del PCT è seguita all’abbandono del già collaudato sistema della cd. CPECPT (Casella di posta elettronica certificata del processo telematico), disciplinato dalle regole tecniche di cui al d.m. 17.7.2008, che forniva maggiori garanzie di affidabilità nel rilascio e gestione degli indirizzi elettronici ed assicurava migliori standard di sicurezza, grazie allo scambio degli atti nell’ambito chiuso del Dominio Giustizia, a garanzia di impermeabilità alle intrusioni esterne (cfr. De Santis, A.D., Le novità per il processo civile (l. 18 giugno 2009 n. 69). Notificazioni e comunicazioni, in Foro it., 2009, V, 278 ss.).
Con specifico riguardo all’obbligo di dotarsi della PEC, l’art. 16, co. 7, d.l. 29.11.2008, n. 185 aveva previsto a carico dei «professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato» l’obbligo di comunicare ai rispettivi ordini o collegi il proprio indirizzo, entro un anno dalla sua entrata in vigore.
L’art. 45 bis d.l. 24.6.2014, n. 90, convertito in legge dalla l. 11.8.2014, n. 114, ha eliminato dall’art. 125 c.p.c. la previsione dell’obbligo per l’avvocato di indicare nell’atto di parte la propria PEC (introdotto dalla l. 12.11.2011, n. 183), lasciando l’onere di indicazione del numero di fax (corrispondentemente, l’art. 45 bis ha eliminato dall’art. 13, co. 3-bis, d.P.R. 30.5.2002, n. 115 la previsione della sanzione pecuniaria a carico dell’avvocato che ometta l’indicazione del proprio indirizzo di PEC); si tratta di una scelta razionale, considerando che l’indirizzo di PEC del difensore risulta dall’elenco (cd. INI-PEC) di cui all’art. 6 bis c.a.d., nonché dal registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della giustizia (cd. ReGIndE) (cfr. Poli, G.G., Processo civile telematico: le novità del d.l. n. 90/2014, in www.treccani.it) e che la l. 24.12.2012, n. 228, ha aggiunto l’art. 16 ter al d.l. 18.10.2012, n. 179, convertito in legge dalla l. 17.12.2012, n. 221, ai sensi del quale «a decorrere dal 15 dicembre 2013» si intendono per pubblici elenchi il registro INI-PEC, gli albi professionali e il registro delle imprese, oltre al ReGIndE.
Il terzo pilastro dell’architettura del processo telematico è dato dalle regole in materia di comunicazioni e notificazioni telematiche, che consentono la trasmissione di atti e provvedimenti informatici tramite PEC.
Anche in questo caso, si deve dare atto dell’andamento schizofrenico del legislatore che nel corso degli ultimi anni è parso molto indeciso, affastellando normativa di rango primario a disposizioni regolamentari e ha prodotto significative incertezze tra gli operatori del diritto e nella giurisprudenza.
Il tentativo di descrivere la situazione alla fine del 2014 deve partire dalla distinzione tra la disciplina delle comunicazioni e notificazioni telematiche effettuate dagli uffici giudiziari e quella delle notificazioni telematiche dirette tra avvocati.
Con riguardo alla prima, resta formalmente immutato l’impianto delle norme contenute negli artt. 136-151 c.p.c. (con la specifica previsione dell’art. 136, co. 2, relativa alle comunicazioni tramite PEC, dell’art. 137, co. 3, e dell’art. 149 bis, che regola la notificazione tramite PEC da parte dell’ufficiale giudiziario) nonché delle disposizioni contenute nella l. 20.11.1982, n. 890 per le notificazioni a mezzo del servizio postale.
In realtà, però, l’art. 16 d.l. n. 179/2012 dispone che «nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni» (analoga previsione ricorre con riguardo al processo penale, per le notificazioni a persona diversa dall’imputato, di cui agli artt. 148, co. 2-bis, 149, 150 e 151, co. 2, c.p.p.); che le notificazioni a soggetti privi di PEC, pur dovendone essere provvisti, si effettuino mediante deposito in cancelleria; che nei procedimenti civili in cui la parte sta in giudizio personalmente ma non ha un indirizzo di PEC risultante da pubblici registri, questa possa indicare l’indirizzo al quale vuole ricevere comunicazioni e notificazioni; che quando non sia possibile eseguire notificazioni e comunicazioni tramite PEC, si applichino gli artt. 136, co. 3, e 137 e ss. c.p.c. (nonché, per il processo penale, gli artt. 148 e ss. c.p.p.).
L’art. 16 ter individua i pubblici elenchi dai quali estrarre gli indirizzi di PEC, con la precisazione, contenuta nel co. 1-bis (introdotto dal d.l. n. 90/2014) che gli stessi elenchi «si applicano anche alla giustizia amministrativa».
L’art. 16 sexies (anch’esso introdotto dal d.l. n. 90/2014) dispone che la notificazione degli atti processuali, ad istanza di parte, deve essere fatta prioritariamente all’indirizzo di PEC del difensore destinatario, risultante dai pubblici elenchi e che solo in via residuale, quando non sia possibile effettuare la notifica presso l’indirizzo di PEC del difensore, per causa a questi imputabile, questa possa essere legittimamente eseguita presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario (la scelta, come sottolineato da Poli, G.G., Processo civile telematico, cit., recepisce le indicazioni della giurisprudenza di legittimità e in particolare di Cass., S.U., 20.6.2012, n. 10143).
Infine, ai sensi dell’art. 16 septies, l’art. 147 c.p.c. si applica anche alle notifiche telematiche, che, se effettuate dopo le ore 21, si considerano perfezionate alle ore 7 del giorno successivo.
Con riferimento alle notifiche dirette tra avvocati, disciplinate dalla l. 21.1.1994, n. 53, l’art. 16 quater d.l. n. 179/2012 ha abrogato l’art. 3, co. 3-bis, e ha dettato una nuova disciplina per la notificazione diretta, contenuta nell’art. 3 bis, da leggersi in combinato disposto con le aggiunte contenute negli artt. 8, co. 4-bis, 9, co. 1-bis, 10, co. 1, secondo periodo (su cui v. Poli, G.G., Sulle novità in tema di notifiche «in proprio» degli avvocati a mezzo Pec: riflessioni a prima lettura, in Foro it., 2013, V, 154).
Tra i molti aspetti innovativi e degni di nota della disciplina de qua (anch’essa oggetto, nel giro di due anni, di interventi modificativi, l’ultimo dei quali dovuto al d.l. n. 90/2014), è bene ricordare che la notifica diretta non avviene più solo tra avvocati, ma tra avvocati e soggetti i cui indirizzi PEC risultino da pubblici elenchi; che all’avvocato è consentito di estrarre una copia per immagine su supporto informatico (ad es., tramite scanner) da un atto originariamente redatto in cartaceo, in modo da provvedere alla notifica mediante allegazione dell’atto al messaggio di PEC (il che comporta l’estensione al difensore il potere di attestazione della conformità della copia digitale all’originale analogico); che l’art. 3 bis, co. 3, recepisce il principio della scissione del momento perfezionativo della notifica, sancito per tabulas dall’art. 149, co. 3, c.p.c. ma assurdamente escluso dall’art. 149 bis c.p.c. (quest’ultima è però disposizione di fatto inapplicata); che non è più necessaria la tenuta del registro cronologico né l’autorizzazione del consiglio dell’ordine di appartenenza.
L’architrave del PCT è costituito dalla disciplina del deposito telematico degli atti processuali.
L’art. 16 bis d.l. n. 179/2012 ne aveva previsto l’obbligatorietà «nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale» a far data dal 30.6.2014.
Il d.l. n. 90/2014 ha introdotto alcune disposizioni volte a garantire l’effettività del processo telematico, disponendo un percorso temporalmente più modulato che ha visto, per i procedimenti civili contenziosi e di volontaria giurisdizione, nonché per quelli esecutivi e per le procedure concorsuali, instaurati dinanzi al tribunale a partire dal 30.6.2014, il deposito in forma obbligatoriamente telematica degli atti endoprocessuali; per i procedimenti pendenti alla stessa data l’uso degli strumenti telematici, previsto come facoltativo sino al 31.12.2014, diverrà obbligatorio (per il deposito telematico degli atti introduttivi e di costituzione in giudizio l’art. 16 bis non ha innovato alcunché, dato che, come stabilito dalla circolare del Ministero della giustizia del 27.6.2014, occorre un provvedimento ministeriale che abiliti l’ufficio giudiziario alla ricezione; per i tribunali già abilitati ex art. 35 d.m. 44/2011 il deposito telematico resta comunque facoltativo).
Per il procedimento d’ingiunzione ex art. 633 c.p.c., l’art. 16 bis, co. 4, d.l. n. 179/2012 dispone che il deposito degli atti, documenti e provvedimenti della fase monitoria ha luogo dal 30.6.2014 in via necessariamente telematica, mentre la fase di opposizione è ricondotta alla regola generale dei procedimenti contenziosi.
Per i giudizi pendenti dinanzi alla corte di appello, l’obbligo di deposito telematico di atti e documenti per le parti «precedentemente costituite» entrerà in vigore solo dal 30.6.2015, sia per i giudizi pendenti che per quelli instaurati a partire da tale data.
Sono esclusi dall’obbligo di deposito telematico le parti che stanno in giudizio personalmente nonché «i dipendenti di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per stare in giudizio personalmente».
L’impatto delle novità sul corpus del codice di procedura civile ha riguardato alcune disposizioni, quali l’art. 111 disp. att. c.p.c., che ora esclude l’onere di depositare le copie in carta libera delle comparse quando queste sono depositate con modalità telematiche; l’art. 126, co. 2, c.p.c., che ora esclude la necessità di sottoscrizione del verbale ad opera delle parti o di altri soggetti intervenuti personalmente (mentre è rimasto immutato l’art. 88 disp. att. c.p.c., ai sensi del quale «la convenzione conclusa tra le parti per effetto della conciliazione davanti al giudice istruttore è raccolta in separato processo verbale, sottoscritto dalle parti stesse, dal giudice e dal cancelliere»); l’art. 133, co. 2, c.p.c., che prevede l’onere del cancelliere di dare notizia alle parti costituite dell’avvenuto deposito della sentenza, mediante biglietto contenente «il testo integrale della sentenza», e non più il solo «dispositivo» della stessa (in sede di conversione del d.l. n. 90/2014, è stato aggiunto alla fine dell’art. 133, co. 2, c.p.c. il periodo «la comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325»; sul punto, v. Cass., 5.11.2014, n. 23526).
Quanto al perfezionamento del deposito telematico, tale momento coincide ai sensi dell’art. 16 bis, co. 7, d.l. n. 179/2012, con quello in cui «viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del ministero della giustizia», a conferma dell’analogo principio previsto dall’art. 13, co. 3, primo cpv., delle regole tecniche del processo telematico (di cui al d.m. n. 44/2011) secondo cui detta ricevuta attesta l’avvenuto deposito presso l’ufficio giudiziario.
Il sistema, ad oggi, è congegnato in modo da prevedere il rilascio di ben quattro ricevute: quella di accettazione (Rac), che attesta l’invio del messaggio di PEC; quella di avvenuta consegna (Rdac), che è restituita dal gestore di PEC del Ministero della giustizia e fornisce la prova che il messaggio spedito dall’avvocato è pervenuto all’indirizzo del destinatario, oltre a certificare e indicare il momento (data e ora) nel quale si è perfezionato il deposito (tale ricevuta è restituita all’indirizzo del mittente «indipendentemente dall’avvenuta lettura da parte del soggetto destinatario» ed è emessa soltanto a fronte di una busta di trasporto – la cd. busta telematica in formato MIME – valida secondo le regole tecniche); la terza ricevuta, denominata «Esito controlli automatici», attesta le verifiche formali compiute dal gestore dei servizi telematici del Ministero della giustizia sul messaggio di PEC inviato dal depositante; la quarta ricevuta, denominata «Esito intervento cancelleria», conseguente all’apertura da parte del cancelliere del file «busta telematica» allegato al messaggio di PEC, attesta l’esito delle verifiche compiute sul contenuto degli atti depositati e, in caso positivo, l’intervento di accettazione compiuto dalla cancelleria o dalla segreteria.
Sotto il profilo temporale, l’art. 51, co. 2, d.l. n. 90/2014, aggiungendo un nuovo periodo all’art. 16 bis, co. 7, d.l. n. 179/2012, prevede che il deposito sia tempestivo «quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all’articolo 155, quarto e quinto comma, del codice di procedura civile» (cfr. Dalfino, D.,-Poli, G.G., Processo telematico: una partenza con “brivido” ma necessaria per un salto di qualità del sistema, in Guida dir., 2014, fasc. 26, 10 ss.).
Le modalità tecnico operative del deposito telematico sono disciplinate, oltre che dalle norme del d.l. n. 179/2012, come integrate, modificate e aggiunte dal d.l. n. 90/2014, anche dalle regole tecniche del d.m. 44/2011, nonché dalle specifiche tecniche del 16.4.2014 (emanate ex art. 34 d.m. n. 44/2011), oltre che dalla circolare 27.6.2014 e da quella del 28.10.2014.
Per effettuare un deposito telematico, l’avvocato deve predisporre l’atto mediante un comune programma di videoscrittura in formato «.doc», trasformare il file nel formato «.pdf», firmarlo digitalmente, corredarlo da un altro file in formato «.xml» denominato «DatiAtto.xml», anch’esso da sottoscrivere con firma digitale (o elettronica qualificata), contenente le informazioni essenziali per la corretta identificazione dell’atto; nel caso in cui si intendano depositare documenti contenuti su supporti cartacei, è sufficiente scansionarli, ricavarne il file di immagine e trasformarlo in file «.pdf»; se si intende depositare la procura ex art. 83 c.p.c., questa potrà essere costituita da un documento nativo digitale, se il conferente è munito di firma digitale, per poi essere autenticata dall’avvocato, ovvero essere costituita da un documento cartaceo sottoscritto dalla parte e, per autentica, dall’avvocato, per poi essere trasformato in file «.pdf» e ulteriormente firmato in via digitale dall’avvocato.
Il passaggio successivo consiste nel cd. imbustamento (art. 16 delle specifiche tecniche del 16.4.2014) tramite apposito software che genera un file formato MIME (le modalità possono variare a seconda del programma usato); il file generato «Atto.enc», da sottoscrivere digitalmente, contiene i documenti che si intendono depositare, mediante l’invio di un normale messaggio PEC, spedito all’indirizzo dell’ufficio giudiziario destinatario, reperibile su apposita sezione del portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia.
Tra i molteplici inconvenienti preconizzati in sede di primi commenti e già oggetto di pronunce giudiziali (per una rassegna, cfr. Mondini, A., Processo elettronico: senza testo unico l’àncora dei giudici, in Guida dir., 2014, fasc. 45, 12 ss.), si segnala il fatto che il rilascio della Rdac da parte del gestore di PEC ministeriale avviene di solito a distanza di pochi secondi dall’invio della PEC da parte del depositante, mentre l’atto depositato telematicamente diviene consultabile sul portale dei servizi telematici solo una volta ultimati con successo i controlli manuali da parte della cancelleria ed emessa la quarta ed ultima ricevuta di sistema, che può essere generata anche a distanza di qualche giorno dal perfezionamento del deposito (sul punto, la circolare del 28.10.2014 consiglia che «l’accettazione del deposito di atti e documenti provenienti dai soggetti abilitati all’invio telematico sia eseguita entro il giorno successivo a quello di ricezione da parte dei sistemi del dominio giustizia»).
Le prime applicazioni hanno fatto emergere numerose incertezze applicative (cfr. Poli, G.G., Profili teorico pratici del deposito degli atti nel processo civile telematico, in Foro it., 2014, V, 137; Id., Processo civile telematico, cit.), a fronte delle quali il Ministero della giustizia ha dovuto precisare che la soluzione delle questioni circa l’ammissibilità del deposito telematico sotto il profilo soggettivo (individuazione dei soggetti abilitati) e oggettivo (individuazione degli atti depositabili telematicamente) è rimessa al giudice, il che sottrae al cancelliere ogni valutazione (inizialmente attribuibile in via interpretativa) circa l’accettazione o il diniego del deposito telematico (cfr. circolare 28.10.2014).
Un ultimo aspetto degno di nota, connesso alla disciplina del deposito telematico, riguarda il potere del difensore (ma anche del consulente tecnico, del professionista delegato, del curatore e del commissario giudiziale) di estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti ed attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico (art. 16 bis, co. 9 bis, d.l. n. 179/2012).
Il d.l. 12.9.2014, n. 132, convertito in legge dalla l. 10.11.2014, n. 164 costituisce l’ultimo (in ordine di tempo) stadio dell’incessante opera di riforma cui è stata sottoposta negli ultimi lustri la giustizia civile.
Ai fini del presente scritto, si segnala la voluntas legis di incentivare l’uso degli strumenti informatici e telematici nel processo esecutivo.
Ne sono esempio l’art. 492 bis c.p.c., recante la disciplina per la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare (da leggere in combinato disposto con gli artt. 155 bis-155 sexies disp. att. c.p.c.); gli artt. 543, co. 2, n. 4, e 547 c.p.c., che prevedono per il terzo esecutato la possibilità di comunicare al creditore procedente la propria dichiarazione tramite PEC.
L’art. 18, co. 4, d.l. n. 132/2014, interpolando l’art. 16 bis, co. 2, d.l. n. 179/2012, ha previsto che il deposito della nota di iscrizione a ruolo (il cui contenuto è regolato dall’art. 159 bis disp. att. c.p.c.) debba essere effettuato con modalità telematiche a decorrere dal 31.3.2015 (la norma va letta in combinato disposto con il nuovo art. 557 c.p.c., che trasferisce all’avvocato le incombenze di ritirare il verbale, i titoli ed il precetto e procedere, entro i termini previsti a pena di inefficacia del pignoramento, con l’iscrizione a ruolo).
L’art. 16 bis, co. 2, prevede che, a decorrere dal 30.6.2014, debbano depositarsi in via telematica tutti gli atti successivi a quello con cui inizia l’esecuzione (limitatamente ai processi esecutivi iniziati dopo tale data).
Ne emerge un sistema di deposito atti a due velocità, uniformatosi a partire dal 31.3.2015.
Come anticipato (supra, § 2), l’architettura del processo telematico ruota attorno all’esperienza del processo civile, ma gli interventi del legislatore hanno riguardato anche il processo amministrativo.
Infatti, con il d.lgs. 14.9.2012, n. 160 è stata introdotta, all’art. 136, co. 2-bis, c.p.a., la possibilità di sottoscrivere con firma digitale tutti gli atti di parte e le sentenze, nonostante la mancanza delle regole tecniche del processo amministrativo telematico, la cui emanazione è prevista dall’art. 13 dell’allegato 2, del c.p.a.; l’art. 38 d.l. 24.6.2014, n. 90, come integrato dalla l. di conversione 11.8.2014, n. 114, prevede agli articoli 1 bis e 2 bis che, dal 1°.1.2015, tutti gli atti e i provvedimenti dovranno essere sottoscritti con firma digitale; ai sensi dell’art. 38, co. 1, d.l. n. 90/2014, le regole tecniche avrebbero dovuto essere adottate entro il 17.10.2014; da ultimo, l’art. 45 bis, co. 3, d.l. n. 90/2014, introdotto dalla l. di conversione, ha sostituito l’art. 136, co. 1, c.p.a. prevedendo un onere per le parti di indicazione del recapito fax nel primo atto difensivo, da utilizzare nel caso sia impossibile utilizzare l’indirizzo di PEC risultante dai pubblici elenchi.
Per il processo tributario si profila un percorso che, a regime, condurrà alla completa telematizzazione, le cui tappe sono indicate dal d.m. 3.12.2013, n. 163, (regolamento recante la disciplina dell’uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario in attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 39, co. 8, del d.l. 6.7.2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla l. 15.7.2011, n. 111) e che si basa sulla medesima architettura del processo civile, costituita dall’uso della PEC per comunicazioni e notificazioni e per la trasmissione e il deposito di atti e documenti presso le segreterie delle commissioni tributarie (si segnala la non secondaria previsione dell’obbligo per l’avvocato di indicazione del proprio indirizzo di PEC nel ricorso o nel primo atto difensivo, ai sensi dell’art. 16, co. 1-bis, d.lgs. 31.12.1992, n. 546; in caso di omissione, al contrario di quanto previsto per il processo civile, opera a carico dell’avvocato la sanzione pecuniaria di cui all’art. 13, co. 3-bis, d.P.R. n. 115/2002); marginali appaiono, sinora, gli interventi sul processo penale, nell’ambito del quale il d.l. 18.10.2012, n. 179 ha previsto, a partire dal 15.12.2014, l’uso della PEC per le comunicazioni da effettuarsi nei confronti di persone diverse dall’imputato, ai sensi degli artt. 148, co. 2-bis, 149, 150 e 151, co. 2, c.p.p. (v. Consolandi, E., Comunicazioni e notificazioni telematiche, in Libro dell’anno del diritto 2014, Roma, 2014, 506).
d.l. 12.9.2014, n. 132, convertito in legge dalla l. 10.11.2014, n. 164; d.l. 24.6.2014, n. 90, convertito in legge dalla l. 11.8.2014, n. 114; l. 24.12.2012, n. 228; d.l. 18.10.2012, n. 179, convertito in legge dalla l. 17.12.2012, n. 221; d.lgs. 14.9.2012, n. 160; l. 12.11.2011, n. 183; d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito in legge dalla l. 14 settembre 2011, n. 148. d.l. 6.7.2011, n. 98, convertito in legge dalla l. 15.7.2011, n. 111; d.lgs. 2.7.2010, n. 104; d.l. 29.12.2009, n. 193, convertito in legge dalla l. 28.1.2009, n. 2; l. 18.6.2009, n. 69; d. lgs. 7.3.2005, n. 82; l. 15.3.1997, n. 39; l. 21.1.1994, n. 53; d.lgs. 31.12.1992, n. 546; l. 20.11.1982, n. 890;
artt. 148-151 c.p.p.; artt. 83, 125, 133, 136-151, 492 bis, 543, 547, 557, 633 c.p.c.; artt. 88, 111, 155 bis-155sexies, 159 bis, disp. att. c.p.c.;
d.P.R. 11.2.2005, n. 68;d.P.R. 30.5.2002, n. 115; d.P.R. 13.2.2001, n. 123;d.m. 3.12.2013, n. 163;d.m. 21.1.2011, n. 44; d.m. 17.7.2008; circolare del Ministero della giustizia del 28.10.2014; circolare del Ministero della giustizia del 27.6.2014; provvedimento del 16.4.2014 del responsabile DGSIA (Dipartimento generale per i sistemi informativi automatizzati).
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