Vedi Processo di primo grado dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2018
Processo di primo grado
Un anno di giurisprudenza delle Corti Superiori sul processo civile di primo grado (in lento ma costante miglioramento, posto che le pendenze sono scese anche negli ultimi dodici mesi, ed a marzo 2017 erano a 3.761.613, con un ulteriore decremento del 1,2% rispetto al precedente rilevamento) da condensare in due pagine.
Impresa forse impossibile, sia per l’enorme numero delle pronunce della Corte di cassazione civile, stabilmente sopra il tetto delle trentamila annue, sia comunque per i limiti di chi scrive.
Vale la pena di provarci comunque, operando una tripartizione tra pronunce della Corte di cassazione a sezioni unite, della Corte di cassazione a sezioni semplici, della Corte costituzionale.
Circa le pronunce delle Sezioni Unite a composizione del contrasto, la più nota è certamente Cass., S.U., 16.2.2017, n. 4090, la quale ha statuito che il divieto di frazionamento del credito rileva solo ove vi sia un unico rapporto obbligatorio, non anche ove vi sia una pluralità di crediti riferibili ad un unico rapporto di durata; che in tale ultimo caso, se i diritti di credito, oltre a far capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque fondati sul medesimo fatto costitutivo, le relative domande possono essere proposte in separati giudizi solo se risulta in capo al creditore agente un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata; che la sanzione per la violazione del divieto di infrazionabilità è quella della improponibilità di tutte le domande successive alla prima. Tra le pronunce della Corte a sezioni semplici, molto interessante è la decisione in cui si statuisce che, in caso di mancato rispetto del termine di comparizione, la costituzione del convenuto svolgendo difese di merito, sana la nullità della citazione anche se il convenuto chiede disporsi nuova udienza ex art. 164, co. 3, c.p.c., posto che l’effettuazione di difese di merito comprova la mancata lesione del diritto di difesa (così Cass., 27.4.2017, n. 10400, che disattende il precedente di Cass., 2.7.2014, n. 12129 e si conforma alla più recente Cass., 16.10.2014, n. 21910). Un principio di diritto rilevante è espresso anche da Cass., 28.6.2017, n. 16212, ove si evidenzia che, se al momento della decisione della causa risulta la mancanza di taluni atti da un fascicolo di parte, il giudice è tenuto a disporne la ricerca, o eventualmente la ricostruzione, solo se sussistano elementi per ritenere che la mancanza sia involontaria.
Importante è anche Cass., 20.3.2017, n. 7067, che ribadendo quanto statuito da Cass., 8.10.2015, n. 20180, ma disattendendo la nota Cass., 9.4.2015, n. 7086, ha ritenuto radicalmente nulla la sentenza resa prima dello spirare dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
In tema di produzioni documentali, si è chiarito che i documenti depositati nel corso di un procedimento cautelare instaurato in pendenza del giudizio di merito, sono utilizzabili anche in quest’ultimo processo, purché la relativa produzione sia avvenuta prima che in esso siano maturate le preclusioni istruttorie (Cass., 30.5.2017, n. 13631); e che i documenti allegati alla richiesta di decreto ingiuntivo e rimasti a disposizione della controparte, seppur non prodotti nuovamente nella fase di opposizione, rimangono nella sfera di cognizione del giudice di tale fase, in forza del principio di non dispersione della prova acquisita al processo (Cass., 13.2.2017, n. 3745). In materia di notifiche, si è deciso che la notificazione effettuata al domicilio eletto presso un difensore revocato e sostituito è inesistente, con conseguente impossibilità di rinnovazione ex art. 291 c.p.c. (Cass., 8.6.2017, n. 14303); e che anche per le notifiche telematiche vigono i princìpi generali di cui all’art. 156, co. 3, c.p.c., e pertanto l’irritualità della notificazione a mezzo p.e.c. non comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque raggiunto lo scopo con la conoscenza di controparte (Cass., 14.3.2017, n. 6518). Relativamente alle spese, è stato confermato che il giudice deve liquidare le spese di lite anche all’avvocato che si sia difeso da solo, poiché la difesa personale non incide sulla natura professionale dell’attività svolta (Cass., 9.1.2017, n. 189); e che, così come era già stato chiarito anche con riferimento al co. 1, la domanda di condanna ex art. 96, co. 3, c.p.c., non è proponibile autonomamente e successivamente, al di fuori del processo in cui la condotta generatrice della responsabilità aggravata si è manifestata (Cass., 16.5.2017, n. 12029).
In ambito processuale, si è puntualizzato che, ai fini della legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, non è sufficiente l’accertamento dell’irregolarità della notificazione del provvedimento, occorrendo invece la prova, da parte dell’opponente, della mancanza di una tempestiva conoscenza del decreto e dell’impossibilità di proporre opposizione tempestivamente (Cass., 28.6.2017, n. 16211); che il procuratore generale ad negotia, cui siano conferiti anche poteri di rappresentanza processuale, diviene titolare di una legittimazione processuale non esclusiva rispetto a quella originaria del rappresentato, il quale può subentrare e sostituirlo in qualunque momento del processo (Cass., 15.6.2017, n. 14894); che la domanda si intende estesa anche al risarcimento del danno che si produrrà nel corso del giudizio, a meno che non sia espressamente limitata al pregiudizio già verificatosi al momento della notifica della citazione, nel qual caso è ammissibile la richiesta in un nuovo giudizio del danno prodottosi successivamente, ciò non ponendosi in contrasto con il principio dell’infrazionabilità del credito (Cass., 12.5.2017, n. 11789); che l’omesso mutamento del rito non determina la nullità della sentenza, se la parte non deduce uno specifico pregiudizio processuale concretamente derivato (Cass., 19.1.2017, n. 1332).
Ribadendo princìpi generali talvolta obliterati dai giudici di merito, si è poi evidenziato che la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio, è elemento costitutivo della domanda e attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore allegarla a provarla; diversamente, il difetto di legitimatio ad causam, attenendo alla verifica, secondo la prospettazione dell’attore, della regolarità processuale del contraddittorio, è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (Cass., 17.1.2017, n. 943). Sempre a sezioni semplici, opportunamente dando continuità nomofilattica a precedenti insegnamenti, si è poi ribadito che, nel caso di chiamata in giudizio di più convenuti, il termine per la costituzione dell’attore ex art. 165, co. 1, c.p.c., si consuma con il decorso dei dieci giorni dal perfezionamento della prima notificazione (cfr. Cass., 4.1.2017, n. 89, confermando un principio consolidatosi a partire da Cass., S.U., 18.5.2011, n. 10864); che la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.c. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi di petitum o causa petendi, se la domanda così modificata risulta comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e se non si determina la compromissione delle facoltà difensive di controparte o l’allungamento dei tempi processuali (Cass., 17.1.2017, n. 974, sulla stessa linea di Cass., S.U., 15.6.2015, n. 12310); che in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c. (Cass., 21.4.2017, n. 10076, ribadendo il dictum di Cass., S.U., 15.7.2016, n. 14594); che quando viene declinata la competenza con l’ordinanza di cui all’art. 279, co. 1, c.p.c., il giudice deve provvedere sulle spese giudiziali, in quanto la decisione chiude il processo davanti a lui (Cass., 17.3.2017, n. 7010, convalidando il precedente di Cass., 18.10.2011, n. 21565); che in caso di omessa pronuncia sull’istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore, il rimedio esperibile è la correzione di errore materiale, non l’impugnazione (Cass., 17.5.2017, n. 12437, ricalcando Cass., S.U., 7.7.2010, n. 16037); che le controversie per i compensi di avvocato vanno trattate nelle forme del rito sommario, previsto dall’art. 14 d.lgs. 1.9.2011, n. 150, anche nell’ipotesi che la domanda riguardi l’an della pretesa (Cass., 22.5.2017, n. 12847, che reitera la conclusione di Cass., 29.2.2016, n. 4002).
Relativamente infine alle sentenze della Corte costituzionale, si è rigettato il dubbio di legittimità della normativa sulla responsabilità civile dei magistrati a seguito della cancellazione della delibazione preliminare dell’ammissibilità della domanda risarcitoria contro lo Stato, non trattandosi di uno strumento indefettibile di protezione dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura (C. cost., 12.7.2017, n. 164); e si è statuito che, secondo il diritto vivente, il coniuge resistente nel giudizio di separazione o divorzio, che compaia assistito da difensore nella fase presidenziale depositando uno scritto difensivo con il quale formuli anche domande riconvenzionali, deve considerarsi costituito in giudizio sin da tale momento con riconvenzionali ritualmente proposte, senza che ne occorra la riproposizione nella successiva fase innanzi al giudice istruttore (C. cost., 4.5.2017, n. 97).