Procedimento. Art. 10 bis l. n. 241/1990
La comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza continua a dividere la giurisprudenza amministrativa con riferimento a vari profili problematici. Nel confronto giurisprudenziale dell’ultimo anno la pronuncia più significativa e innovativa ha riconosciuto l’impugnabilità dell’atto di preavviso di rigetto al ricorrere di particolari condizioni, discostandosi così dal pregresso orientamento che riteneva inammissibile il ricorso proposto per l’annullamento dell’atto con cui era stata comunicata, ai sensi dell’art. 10 bis, la sussistenza di motivi ostativi all’accoglimento di una data istanza.
Nel 2011 il giudice amministrativo è tornato a più riprese sull’art. 10 bis della l. 7.8.1990, n. 241. Come è noto, la disposizione ha introdotto nei procedimenti ad istanza di parte l’istituto della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza da parte del responsabile del procedimento oppure dell’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo. L’istituto continua a dividere la giurisprudenza amministrativa con riferimento a vari profili, tra cui quello relativo al suo ambito di applicazione oppure quello concernente le conseguenze derivanti dalla sua violazione. Ma la principale novità giurisprudenziale in materia riguarda il profilo dell’impugnabilità dell’atto di comunicazione dei motivi ostativi. Fino ad oggi appariva consolidato e pacifico l’orientamento che negava la possibilità di impugnare il preavviso di rigetto e che conseguentemente riteneva inammissibile il ricorso proposto per l’annullamento dell’atto con cui era stata comunicata, ai sensi dell’art. 10 bis, la sussistenza di motivi ostativi all’accoglimento di una data istanza. Questa monolitica posizione si fondava essenzialmente sulla natura del preavviso di rigetto, inteso come atto endoprocedimentale e pertanto non lesivo in via autonoma, nonché sulla funzione garantista dell’istituto, finalizzato ad accrescere le possibilità di difesa del cittadino. È però ora intervenuta la sentenza 13.6.2011, n. 3554, della VI sezione del Consiglio di Stato. Il pronunciamento condivide in astratto la tesi della non impugnabilità del preavviso di rigetto, ma ha tuttavia affermato che ad opposte conclusioni deve pervenirsi «quando a detto preavviso non solo non abbia fatto seguito, in tempi ragionevoli, l’emanazione di alcun provvedimento formale sull’istanza presentata, ma sia anche ravvisabile una sostanziale sospensione a tempo indeterminato del procedimento ». In tal caso infatti si realizzerebbe «una lesione attuale dell’interesse pretensivo del privato». con «conseguente applicabilità dei principi, pacificamente riconosciuti dalla giurisprudenza, in materia di impugnazione degli atti soprassessori».
Dal punto di vista logico, la questione relativa all’impugnabilità della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento di un’istanza presentata dal privato si lega strettamente alla questione relativa alla natura e alla funzione di tale comunicazione. Il preavviso di rigetto dell’istanza, introdotto nell’impianto originario della l. 7.8.1990, n. 241 dalla l. 11.2.2005, n. 15, interviene nell’istruttoria procedimentale e presuppone che sia già stato delineato un progetto provvisorio di provvedimento amministrativo finale. Questo elemento è importante, dal momento che consente di attribuire alla comunicazione dei motivi ostativi non soltanto un indubbio valore partecipativo, bensì una ulteriore capacità di incidere sull’esito del procedimento e, dunque, sul contenuto dispositivo del provvedimento finale, realizzando una vera e propria «partecipazione influente»1. Il preavviso di rigetto consente infatti al soggetto che ha fatto domanda sia di presentare me morie e documenti dimostrativi dell’infondatezza o dell’inconsistenza dei motivi di rigetto addotti dall’amministrazione sia anche di modificare la propria domanda originaria, eliminando da essa quegli elementi che paiano in contrasto con le esigenze evidenziate dall’amministrazione, allo scopo di giungere a una conclusione positiva del procedimento. Infatti ai sensi dell’art. 10 bis i soggetti destinatari della comunicazione, entro il termine di dieci giorni dal suo ricevimento, hanno «il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti». L’istituto assolve così il duplice scopo di porre il destinatario del provvedimento in condizione di far valere in tempo utile le sue ragioni e, al tempo stesso, di consentire all’amministrazione di compiere una completa valutazione e comparazione degli interessi coinvolti2. In altri termini, la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza è finalizzata a realizzare un compiuto ed effettivo contraddittorio, attuando così i principi nazionali ed europei del giusto procedimento. Più volte la giurisprudenza ha affermato che la disposizione di cui all’art. 10 bis ha portata generale, essendo espressamente esclusi dal suo campo di applicazione solo i procedimenti concorsuali e i procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali. Evidenti sono le ragioni alla base di tali esclusioni normativamente contemplate dal medesimo art. 10 bis: da un lato, i motivi ostativi all’accoglimento delle domande dei soggetti non risultati vincitori coincidono con le ragioni della scelta del vincitore, dall’altro, l’alto numero dei procedimenti previdenziali e assistenziali avrebbe reso difficilmente gestibile la concreta applicazione dell’istituto in questione3. Del resto, come ha osservato la giurisprudenza, in queste fattispecie predeterminate dal legislatore «le garanzie di ragionevolezza, imparzialità, buon andamento e tutela sono apprestate dalle norme specialmente disciplinanti i procedimenti enumerati»4. Proprio prendendo le mosse dalla portata generale dell’istituto e dal conseguente carattere eccezionale e tassativo della deroga introdotta dallo stesso art. 10 bis, non suscettibile di estensione analogica, la giurisprudenza ha sostenuto che i procedimenti per l’assegnazione di agevolazioni finanziarie non rientrano tra le esclusioni all’obbligo di previa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza del ricorrente, essendo applicabile al caso del diniego di agevolazione finanziaria il principio generale per cui l’adozione dei provvedimenti negativi deve essere preceduta dall’avviso di previo rigetto. L’esclusione non può operare nell’ipotesi di procedimento a istanza di parte avente ad oggetto la concessione di agevolazione finanziaria, «in cui la platea degli aspiranti è aperta a tutti gli interessati i quali sono chiamati a presentare una domanda di contributo a fondo perduto, diversamente dal caso di procedura concorsuale, cioè di una gara fra più soggetti aspiranti ad una posizione limitata nel numero»5. All’interno di questo quadro generale la soluzione della questione dell’impugnabilità o meno del preavviso di rigetto deve rapportarsi con due altre disposizioni sempre contenute nell’art. 10 bis. Da un lato, la comunicazione di rigetto dei motivi ostativi «interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di dieci giorni dalla sua presentazione»; dall’altro lato, «dell’eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale». Dal loro combinato disposto parrebbe emergere che il preavviso di rigetto presenta natura meramente endoprocedimentale, mentre solo l’eventuale atto di diniego con cui si chiude il procedimento amministrativo è atto amministrativo lesivo. Deve essere comunque osservato che non è del tutto risolto il rapporto tra preavviso di rigetto e provvedimento finale. La giurisprudenza, allo scopo di rafforzare l’importanza e l’effettività del preavviso di rigetto, non ritiene ammissibile che l’amministrazione procedente introduca successivamente al preavviso ulteriori motivi ostativi, sottratti al contraddittorio. È da ritenersi illegittimo per violazione dell’art. 10 bis il provvedimento di diniego la cui motivazione sia arricchita di ragioni giustificative diverse e ulteriori rispetto a quelle preventivamente sottoposte al contraddittorio procedimentale attraverso la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza del privato6. Vero è che non vi deve essere una corrispondenza totale e integrale tra il contenuto del preavviso di diniego e il successivo diniego provvedimentale, ben potendo l’Amministrazione precisare meglio le proprie posizioni nell’atto di diniego che è l’unico atto lesivo impugnabile7. Tuttavia deve ritenersi precluso all’amministrazione di fondare il suo diniego definitivo su motivi del tutto nuovi, non enucleabili dalla motivazione dell’atto endoprocedimentale, per evitare di frustrare la funzione partecipativa che la legge assegna all’istituto8. Non si dimentichi poi che a detta di parte della dottrina quello che può bastare secondo i criteri ordinari che valgono in tema di motivazione potrebbe essere insufficiente per quella particolare motivazione che è richiesta dall’art. 10 bis, «proprio perché essa deve dare risposta alle obiezioni dell’interessato in un modo che sia esauriente in relazione alle obiezioni stesse, in sé e per sé considerate». In particolare, se il destinatario del preavviso oppone obiezioni irrilevanti, è l’irrilevanza delle obiezioni che segnala la necessità del chiarimento, attraverso una motivazione esplicita che eviti un inutile contenzioso9. Detto questo sulla particolare relazione di tipo sostanziale tra preavviso di rigetto e provvedimento finale, se si ritiene che il preavviso di rigetto presenti natura endoprocedimentale, inammissibile risulta il ricorso proposto per l’annullamento dell’atto con cui era stata comunicata, ai sensi dell’art. 10 bis, la sussistenza di motivi ostativi all’accoglimento di una data istanza. E difatti costante è la giurisprudenza in tal senso orientata. L’indirizzo in questione trae origine da una pronuncia del 2007 della sez. IV del Consiglio di Stato, che, però, aveva a oggetto una fattispecie del tutto particolare, concernente l’applicabilità o meno alla denuncia di inizio attività del preavviso di diniego ex art. 10 bis. Mentre il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso sulla base della violazione dell’art. 10 bis, in quanto l’atto impugnato non era stato preceduto dalla comunicazione contenente i motivi che asseritamente ostavano all’accoglimento della richiesta/dichiarazione della parte ricorrente10, il giudice d’appello aveva riformato la sentenza del TAR11. La fattispecie non riguardava quindi la questione dell’impugnativa diretta del preavviso di rigetto, bensì la diversa questione relativa all’applicabilità o meno del preavviso di rigetto alla diffida a non eseguire i lavori a seguito di presentazione di denunzia di inizio di attività in materia edilizia. Infatti l’appello era stato ritenuto fondato sulla base, da una parte, del campo di applicazione dell’istituto del preavviso di rigetto, dall’altra, della natura dell’atto di diffida, che non era atto negativo nel senso voluto dalla norma: «l’ordine-diffida di non iniziare i lavori non corrisponde all’atto di diniego di una istanza di parte di provvedimento favorevole e quindi non deve essere preceduto da preavviso di rigetto» e inoltre «il preavviso per l’ordine di non eseguire costituirebbe una non giustificata duplicazione del medesimo, incompatibile con il termine ristretto entro il quale l’amministrazione deve provvedere, non essendo fra l’altro previste parentesi procedimentali produttive di sospensione del termine stesso». Il riconoscimento dell’inapplicabilità alla d.i.a. (ora s.ci.a.) dell’art. 10 bis non ha poi impedito al Consiglio di Stato di compiere altre affermazioni con riguardo alla comunicazione dei motivi ostativi. Si era così voluta precisare la ratio dell’istituto: «tale norma impone all’amministrazione, prima di adottare un provvedimento sfavorevole nei confronti del richiedente, di comunicargli le ragioni ostative all’accoglimento della sua istanza, sì da rendere possibile l’instaurazione di un vero e proprio contraddittorio endo-procedimentale, a carattere necessario, ed aumentare così le ‘chances’ del cittadino di ottenere dalla stessa p.a. ciò che gli interessa». La ratio del preavviso di rigetto attribuisce alla predetta comunicazione natura di «atto endoprocedimentale», con la conseguenza che «l’atto non è immediatamente lesivo della sfera giuridica dei destinatari e, quindi, non è autonomamente ed immediatamente impugnabile». Questa importante affermazione, che non costituiva affatto la ragione del decidere della pronuncia, è stata poi ripresa più volte dalla giurisprudenza successiva e utilizzata al diverso fine di negare l’impugnabilità in via autonoma del preavviso di rigetto e di emettere una pronuncia di inammissibilità del ricorso che abbia impugnato tale preavviso. In particolare, le pronunce d’inammissibilità si fondavano sul fatto che il preavviso di rigetto è mero atto endoprocedimentale, privo di contenuto e di effetti provvedimentali, e quindi privo di diretta e immediata efficacia lesiva, anzi finalizzato ad accrescere le possibilità di difesa del cittadino, e come tale non impugnabile12. La non impugnabilità del preavviso di rigetto era stata affermata in via generale, non venendo a patire eccezioni di alcun genere. Così la giurisprudenza riteneva inammissibile il ricorso avverso la comunicazione dei motivi ostativi anche nel caso in cui il procedimento fosse stato definito con apposito atto conclusivo conforme nel contenuto al preavviso di diniego anche «a distanza di molto tempo e, significativamente, solo dopo la proposizione del ricorso giurisdizionale da parte della Società interessata »13. Ma a poco a poco in seno alla giurisprudenza di primo grado hanno iniziato a delinearsi posizioni maggiormente articolate. Alcuni TAR, pur riconoscendo che il preavviso di diniego non è di per sé un atto autonomamente lesivo, tuttavia ritengono che esso possa essere ugualmente impugnato dal destinatario qualora ricorrano specifiche circostanze. In particolare, la comunicazione dei motivi ostativi risulta impugnabile in via autonoma nelle ipotesi in cui essa sia «suscettibile di determinare un arresto procedimentale», che è «di per sé idoneo a recare danni al soggetto istante»14. Gli effetti autonomamente lesivi dell’atto non sono inerenti evidentemente al contenuto del provvedimento finale, quanto piuttosto al blocco del procedimento amministrativo. Si chiarisce poi che resta in ogni caso fermo l’onere di tempestiva impugnativa del provvedimento definitivo di diniego eventualmente adottato nelle more del giudizio, a pena d’inammissibilità del ricorso iniziale15. Invero quest’orientamento stentava ad affermarsi, come mostrano sentenze volte a ribadire la non impugnabilità del preavviso di rigetto anche nelle ipotesi di arresto procedimentale, con la precisazione che l’eventuale inerzia dell’amministrazione successiva alla presentazione delle controdeduzioni al preavviso di diniego «può e deve essere semmai censurata mediante l’impugnativa del silenzio, senza che la pronuncia in rito incida sul dovere dell’amministrazione di concludere il procedimento»16. Ora è intervenuto sul punto il Consiglio di Stato con sentenza 13.6.2011, n. 3554, che ha sì ribadito che in astratto la tesi della non impugnabilità del preavviso di rigetto è condivisibile, ma solamente «in astratto». Infatti la posizione rigidamente negativa non è accettabile di fronte a patologie procedimentali. Nello specifico il preavviso di diniego è impugnabile qualora a esso non abbia fatto seguito l’emanazione di alcun provvedimento formale entro «tempi ragionevoli» e sia ravvisabile «una sostanziale sospensione a tempo indeterminato del procedimento ». Così nel caso di specie è stata annullata la sentenza di primo grado dichiarativa dell’inammissibilità del ricorso proposto per l’annullamento dell’atto con cui era stata comunicata la sussistenza di motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di proroga di una concessione demaniale marittima. Dal momento che l’amministrazione aveva comunicato ai sensi dell’art. 10 bis che gli aspiranti concessionari avrebbero potuto presentare idonee istanze di concessione demaniale marittima solo dopo la formalizzazione di una nuova disciplina circa gli spazi assegnabili, l’atto in questione aveva incidenza lesiva sull’interesse dei privati concessionari, che non solo aspirassero al rinnovo del proprio titolo, ma lo ritenessero già prorogato ex lege o tacitamente assentito. L’impugnabilità immediata del preavviso di diniego poggia sul fatto che l’arresto procedimentale è in grado di arrecare una «lesione attuale dell’interesse pretensivo del privato», con «conseguente applicabilità dei principi, pacificamente riconosciuti dalla giurisprudenza, in materia di impugnazione degli atti soprassessori». In base a quest’ultima giurisprudenza la regola secondo la quale l’atto endoprocedimentale non è autonomamente impugnabile, giacché la lesione della sfera giuridica del soggetto destinatario dello stesso è da imputarsi all’atto che conclude il procedimento, incontra una precisa eccezione allorché si tratti di «atto soprassessorio»; tale atto «rinviando ad un accadimento futuro ed incerto nell’an e nel quando il soddisfacimento dell’interesse pretensivo fatto valere dal privato, determina un arresto a tempo indeterminato del procedimento che lo stesso privato ha attivato con la sua istanza, e, in tal modo, assume un’immediata capacità lesiva della posizione giuridica dell’interessato»17.
La sentenza del Consiglio di Stato è sicuramente da condividere nella misura in cui evita che uno strumento introdotto a fini di tutela procedimentale del privato tradisca la sua ratio garantista e venga svuotato di contenuto. Già l’interpretazione cd. sostanzialistica dell’istituto ad opera della giurisprudenza in merito alle conseguenze derivanti dalla violazione da parte dell’amministrazione procedente dell’art. 10 bis ha contribuito a rendere debole la protezione del soggetto istante e a erodere l’efficacia della valenza garantista del preavviso di rigetto. Infatti è maggioritario l’orientamento in base al quale la violazione dell’articolo in questione non produce di per sé l’illegittimità del provvedimento finale, o, meglio, non determina comunque l’annullabilità del provvedimento18. La disposizione sul preavviso di rigetto viene interpretata alla luce dell’art. 21 octies, co. 2, prima parte, sempre della l. n. 241, ai sensi del quale non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento «qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato». L’art. 21 octies impone quindi al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e di non annullarlo «nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo». Conseguentemente, nel caso in cui il provvedimento finale abbia natura vincolata, la mancanza del preavviso di rigetto non comporta l’annullamento del provvedimento stesso, dal momento che l’amministrazione non si sarebbe potuta determinare diversamente, e la censura relativa al mancato invio della comunicazione ex art. 10 bis assume una valenza meramente formale, in contrasto con il disposto del già citato art. 21 octies19. Il dibattito in materia presenta notevoli assonanze con l’analoga discussione giurisprudenziale relativa alle conseguenze derivanti dalla violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990. Anche nel caso di comunicazione di avvio del procedimento la giurisprudenza maggioritaria ritiene che essa sia «superflua» quando l’adozione del provvedimento finale è vincolata per l’amministrazione, argomentando da quanto in via generale previsto per la violazione di regole procedimentali dall’art. 21 octies, co. 2, primo periodo, della l. n. 241/199020. Se l’omissione del preavviso di rigetto non rende sempre illegittimo il provvedimento finale adottato, sorge concreto il rischio che le amministrazioni siano indotte a non rispettare le regole procedimentali. In questo particolare contesto va quindi salutato con favore l’indirizzo giurisprudenziale propenso a riconoscere l’immediata e autonoma impugnabilità del preavviso di rigetto nelle ipotesi in cui l’amministrazione risulti scarsamente rispettosa di altre regole procedimentali, quali quelle relative alla tempistica del procedimento amministrativo. Tuttavia il riconoscimento dell’impugnabilità del preavviso di rigetto deve valere solo nelle ipotesi del tutto patologiche di arresto del procedimento, perché solo in tali casi l’atto possiede una capacità lesiva immediata e diretta dell’interesse pretensivo del privato. Ammettere o, peggio, pretendere l’impugnativa del preavviso di rigetto da parte del soggetto istante significa snaturare completamente la funzione dell’istituto. Infatti, come è stato giustamente osservato dalla giurisprudenza21, pretendere l’impugnativa del preavviso di rigetto significherebbe «mettere formalmente l’amministrazione procedente nella posizione di difendersi (così tralasciando di esaminare le memorie procedimentali, che, a ben vedere, dovrebbero essere considerate con occhio imparziale e tenuto conto delle osservazioni della parte)». Ma soprattutto significherebbe gravare il ricorso giurisdizionale di una sicura impugnativa per motivi aggiunti, essendo comunque il ricorrente tenuto a impugnare, una volta emesso, il provvedimento definitivo se negativo. Senza contare che in caso di esito favorevole del provvedimento, alla luce delle osservazioni presentate, il ricorso proposto avverso il preavviso cesserebbe per sopravvenuta carenza di interesse, o, comunque, non sarebbe più coltivato, con inutile aggravio di spese a carico della parte.
1 Bottino, La comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di parte: considerazioni su di una prima applicazione giurisprudenziale del nuovo art. 10 bis, l. n. 241 del 1990, in Foro amm. - TAR, 2005, 1554.
2 In questo senso TAR Puglia, Bari, sez. II, 14.1.2010, n. 53, in Red. Amm. TAR, 2010, 1.
3 Vaiano , sub art. 10 bis, in Codice dell’azione amministrativa, a cura di Sandulli, Milano, 2010, 549 ss.; Ferrari, sub art. 10 bis, in Codice dell’azione amministrativa e delle responsabilità, a cura di Bartolini-Fantini- Ferrari, Roma, 2010, 278. ss.
4 TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 23.3.2011, n. 518, in Foro amm.-TAR, 2011, 3, 1014.
5 Così TAR Liguria, Genova, sez. II, 2.3.2011, n. 346, in Foro amm.-TAR, 2011, 3, 790; nel medesimo senso cfr. TAR Sicilia, sez. II, 23.3.2011, n. 518, cit.; contra però TAR Campania, Napoli, sez. III, 1.2.2011, n. 629, in Foro amm.-TAR, 2011, 2, 547.
6 TAR Toscana, Firenze, sez. II, 13.1.2011, n. 54, in Foro amm.-TAR, 2011, 73.
7 Tra le tante cfr. Cons. St., sez. IV, 10.12.2007, n. 6325, in Foro amm.-Cons. St., 2007, 12, 1, 3389.
8 TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 13.8.2007, n.1783
9 Trimarchi Banfi, L’istruttoria procedimentale dopo l’articolo 10-bis della legge sul procedimento amministrativo, in Dir.amm., 2011, 353 ss., 358.
10 TAR Veneto, 19.6.2006, n. 1879
11 Cons. St., sez. IV, 12.9.2007, n. 4828, in Giur. it., 2007, 2855; su questa sentenza cfr. Vacca, Denuncia di inizio attività in materia edilizia e preavviso di diniego ex art. 10-bis l. n. 241 del 1990, in Riv. giur.ed., 2007, 1572; Interlandi, Sull’incompatibilità tra d.i.a. e preavviso di rigetto. Nota a sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV del 12 settembre 2007, n. 4828, in Riv.giur.ed., 2008, 1384.
12 TAR Lazio, Roma, 20.7.2009, n. 7147, in Foro amm. - TAR, 2009, 2141; TAR Toscana, Firenze, sez. I, 8.2.2010, n. 204, in Foro amm. - TAR, 2010, 415.
13 TAR Lazio, Roma, sez. II, 1.7.2010, n. 22079, in Foro amm. - TAR, 2010, 2459.
14 TAR Lazio, Latina, sez. I, 13.1.2009, n. 19, in Red. Giuffrè, 2009; TAR Sicilia, Palermo, 11.1.2010, n. 270, in Red. Amm. TAR, 2010, 1, ma cfr. anche TAR Puglia, Lecce, sez. II, 7.11.2006, n. 5192, in Foro amm. - TAR, 2006, 3653.
15 Ancora TAR Lazio, Latina, n. 19/2009, cit.
16 TAR Puglia, Bari, 5.9.2007, n. 2096, in Foro amm. - TAR, 2007, 9, 2868.
17 Cfr., tra le tante, Cons. St., 11.3.1997, n. 226, in Foro amm., 1997, 762.
18 Tra le più risalenti cfr. Cons. St., 10.12.2007, n. 6325, cit.
19 Cons. St., sez. VI, 18.3.2011, n. 1673; TAR Piemonte, Torino, 14.1.2011, n. 16, in Foro amm.- TAR, 2011, 1, 1; TAR Lazio, Roma, 18.1.2011, n. 371, inDir. giust., 2011; TAR Lazio, Roma, 14.3.2011, n. 2253, in Foro amm.-TAR, 2011, 3, 886; TAR Sicilia, Palermo, 23.3.2011, n. 541, in Foro amm.-TAR, 2011, 3, 1008; TAR Lazio, Roma, 2.5.2011, n. 3716, in Foro amm.-TAR, 2011, 5, 1611; TAR Lazio, Roma, 10.5.2011, n. 4013, in Foro amm.-TAR, 2011, 5, 1588; contra TAR Lazio, Roma, 10.1.2011, n. 69, in Foro amm.-TAR, 2011, 1, 87; TAR Puglia, Bari, 9.6.2011, n. 850, in Red. Amm. TAR 2011, 6; notevole interesse presenta altresì Cons. St., sez. VI, 17.1.2011, n. 256, in Dir. giust., 2011.
20 Cons. St., sez. VI, 2.3.2011, n. 1302, in Foro amm.-Cons.St., 2011, 3, 941; TAR Campania, Napoli, 1.4.2011, n. 1902, in Foro amm.-TAR, 2011, 4, 1321.
21 TAR Sicilia, Palermo, 11.1.2010, n. 270, cit.