PROCACCINI, Ercole, detto Ercole il Giovane
PROCACCINI, Ercole, detto Ercole il Giovane. – Figlio di Carlo Antonio e di sua moglie Ippolita, fu battezzato a Milano il 6 agosto 1605 nella parrocchia di S. Giovanni in Laterano, dove risiedette tutta la vita. Formatosi inizialmente con lo zio Giulio Cesare, risulta iscritto nel 1621 all’Accademia Ambrosiana, dove l’insegnamento di pittura era affidato a Giovanni Battista Crespi, detto il Cerano. Una delle sue opere più precoci è la S. Apollonia del Duomo di Milano, databile intorno al 1623 (Arslan, 1960), alla quale va avvicinata la Caduta di s. Paolo della Pinacoteca Malaspina di Pavia: se questi dipinti rivelano influenze della maniera di Giulio Cesare, ma anche un notevole impaccio dal punto di vista compositivo, paiono invece un poco più maturi la Flora dell’Accademia Carrara di Bergamo (Morandotti, 2005) e Venere e Amore entro una ghirlanda di fiori in collezione privata (Crispo, 2003), eseguiti insieme al padre, al quale spettano le parti di natura morta, poco prima del 1630, poiché Carlo Antonio morì verosimilmente durante la peste di quell’anno.
Nel 1633 Ercole risulta sposato con Anna Maria Taveggia, dalla quale ebbe, tra il 1634 e il 1654, undici figli (Abelli, 1992), ma poi si perdono le tracce della sua attività, che riprendono solo intorno al 1640. A questi anni dovrebbero risalire sia gli affreschi già nel primo sacello a sinistra in S. Ambrogio a Milano, dei quali si conserva solo il frammento con un profeta e un angelo (ibid.), sia le tele con lo Sposalizio della Vergine e la Morte di s. Giuseppe nella prima cappella di sinistra in S. Vittore al Corpo a Milano. Queste ultime prove sono già contraddistinte da figure ingigantite e da pose enfatiche e forzate, oltre che da una tavolozza giocata prevalentemente su toni cupi, tutte caratteristiche ricorrenti in maniera pressoché uniforme nella copiosa produzione di Procaccini. Dello stesso clima risentono, infatti, anche la Cena in casa del fariseo con s. Carlo e Federico Borromeo all’arcivescovado di Milano, il Cristo morto e le quattro Marie del 1650 (ora Milano, Azienda di servizi alla persona Golgi-Redaelli; Frangi, 2001) e il S. Giuseppe, s. Bernardo e santi in S. Giovanni in Laterano a Milano (Farina, 2007). A queste tele si possono legare anche le più riuscite Strage degli innocenti e Adorazione dei Magi in S. Vittore a Varese (Frangi, 1992).
Agli inizi degli anni Cinquanta l’artista prese parte a imprese di rilievo, tra le quali gli affreschi che ornano alcuni ambienti di palazzo Durini a Milano, in particolare il Trionfo di Eros al piano terreno e le Storie di Ercole al piano nobile, e la decorazione della cappella di S. Giuseppe alla certosa di Pavia (1652). Poco successivi sono invece il Ritrovamento del corpo del beato Laccioli in S. Maria Incoronata a Milano (1652-54) e la collaborazione alla cappella del Crocefisso della chiesa di S. Marco a Milano, nella quale gli spettano le Storie della Passione sull’arcone di ingresso e la tela con Cristo e la Veronica.
Nelle prove richiamate, le composizioni risultano più ariose e la tavolozza si schiarisce, probabilmente grazie al contatto con la pittura del genovese Giovan Battista Carlone, attivo a Milano e alla certosa di Pavia, e con la maniera rubensiana del pittore svizzero Johann Christoph Storer, accolto nella bottega di Ercole al suo arrivo nella capitale del ducato.
Nonostante questi aggiornamenti, è bene rilevare che Procaccini non giunse mai ad affrancarsi dai modelli offerti dalla sua tradizione familiare, che gli garantirono però un costante successo nel contesto milanese e numerose commissioni da esponenti di primo piano nella Lombardia spagnola, tra i quali anche Luis de Benavides Carrillo, marchese di Caracena, governatore di Milano in carica tra il 1648 e il 1656, che condusse in Spagna sue opere tuttora non rintracciate (Malvasia, 1678, 1841).
Intorno alla metà degli anni Cinquanta l’artista eseguì probabilmente la Negazione di Pietro e la Caduta di Simon Mago in S. Pietro ad Abbiategrasso, nell’ambito di una serie di dipinti cui presero parte anche altri protagonisti della scena cittadina di quel periodo, come, per esempio, Giovanni Stefano Montalto e Giovan Battista Discepoli, detto lo Zoppo da Lugano (Cavalieri, 1999), mentre sono datati 1657 gli affreschi nella chiesa dei Ss. Pietro e Paolo ai Tre Rocchetti a Milano (Papa, 2004).
Al 1659 risale invece la decorazione della volta della basilica di S. Vittore al Corpo a Milano. L’anno successivo Ercole portò a termine la tela con il S. Cristoforo ora nella parrocchiale di Ossona, ma già in S. Cristoforo a Lodi (Baini, 1989), alla quale possono essere avvicinati il Giudizio di Salomone (deposito della Pinacoteca di Brera) e Salomone davanti a Davide alla Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano.
Nel 1661 Procaccini è attestato a Torino insieme ad Antonio Busca, suo allievo, per opere perdute nella Vigna di Madama Reale, e in tempi poco successivi dovrebbe situarsi il suo intervento in alcuni ambienti in palazzo Ferrero Fieschi a Masserano, nel Biellese, dove il maestro affiancò i fratelli Carlo Francesco e Giuseppe Nuvolone e la loro bottega (Natale, 2004).
Nel 1663 Ercole affrescò alcune Scene dell’Antico Testamento sulla parete sinistra del presbiterio del Duomo di Monza, e i fabbricieri di quello di Milano lo incaricarono di fornire i disegni per una statua di profeta da porre nella cappella della Madonna dell’Albero (Annali, 1883), mentre l’anno seguente dipinse le ante d’organo della cattedrale di Lodi, con il Passaggio del Mar Rosso.
A indicare la sua costante fortuna, nello stesso periodo Procaccini ricevette significativi incarichi da Bartolomeo III Arese, presidente del Senato milanese, partecipando con affreschi e tele (queste ultime oggi in gran parte in collezione Borromeo a Isola Bella) alla decorazione del suo palazzo a Cesano Maderno (Spiriti, 1999) e collaborando, intorno al 1665, insieme a Giovanni Stefano Montalto, Antonio Busca, Carlo Cornara e Giuseppe Nuvolone al ciclo di dipinti che ornavano la sala dei Senatori in Palazzo Ducale a Milano (Coppa, 2013), per il quale eseguì il Cristo inchiodato sulla croce (Pinacoteca di Brera, in deposito nella chiesa dei Ss. Nazaro e Celso alla Barona di Milano).
Alla metà del settimo decennio del Seicento risale, con ogni verosimiglianza, anche l’Adorazione del Bambino con s. Antonio da Padova nella cappella dei Visconti di San Vito in S. Agnese a Somma Lombardo (Frangi, 2006), e intorno al 1668 si data l’affresco con La Fama che porta in trionfo la Gloria in palazzo Visconti a Brignano di Gera d’Adda (D’Albo, 2011).
L’anno precedente il pittore aveva ricevuto nella sua bottega Carlo Cesare Malvasia (Arfelli, 1961), alla ricerca di informazioni sul padre, sugli zii Camillo e Giulio Cesare e sul nonno, Ercole il Vecchio, per le biografie che sarebbero apparse in seguito nella Felsina pittrice. Lo storiografo testimonia che il maestro teneva un’accademia di nudo presso cui accorrevano numerosi giovani artisti, tra i quali Busca e Federico Bianchi, il quale ultimo nel 1660 aveva sposato sua figlia Bianca Margherita (Caprara, 1977). Di questa attività di formazione sembra rendere conto la produzione grafica di Procaccini, ancora poco indagata e nota soprattutto attraverso alcuni disegni della Biblioteca Ambrosiana di Milano (Modena, 1959). La testimonianza di Malvasia offre inoltre un utile termine ante quem per alcune imprese del maestro, tra le quali il poco noto Martirio di s. Ippolito oggi nella sagrestia di S. Lorenzo a Milano (Spiriti, 1991).
Malgrado la notorietà di Procaccini sulla scena cittadina, alla riapertura dell’Accademia Ambrosiana, nel 1668, per l’insegnamento di pittura gli fu preferito il più giovane Busca, segno evidente di una decisa volontà di affrancamento di quell’istituzione dalla tradizione rappresentata da Ercole, che, seppure autorevole, era ormai avvertita come decisamente attardata.
Nonostante questo episodio, il pittore, sempre grazie all’appoggio di Bartolomeo III Arese, eseguì prima del 1674 la Decollazione del Battista (oggi nella chiesa parrocchiale di Castelmarte, nel Comasco), parte della serie dedicata al Precursore già nell’oratorio segreto della chiesa di S. Giovanni alle Case Rotte a Milano (Coppa, 2003), una prova farraginosa alla quale vanno probabilmente avvicinati la Crocifissione e santi a Motta Visconti (Cavalieri, 1999) e il Giudizio universale a Caprino Bergamasco (Abelli, 1992).
Tra il 1670 e il 1677 Procaccini dipinse, insieme a Montalto, un ciclo di affreschi e tele con le Storie di Maria Maddalena e Marta nella chiesa di S. Marta a Porlezza, sul lago di Como (Magni, 1986), mentre ad anni di poco successivi al 1673 dovrebbe risalire la pala con la Nascita della Vergine nell’oratorio di villa Mirabello a Monza, dei conti Durini (Coppa, 1995).
Attestato ancora nell’agosto del 1677, quando insieme a Montalto inoltrava una richiesta di pagamento delle opere di Porlezza (Magni, 1986), Ercole morì, verosimilmente fuori Milano, entro il 1680 (Caprara, 1977).
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