Hilbert, problemi di
Hilbert, problemi di lista di problemi (23 in tutto), all’epoca irrisolti, esposti in parte da D. Hilbert nel 1900, in occasione del secondo Congresso internazionale dei matematici a Parigi, e successivamente pubblicati negli atti con il titolo Sur les problèmes futurs des mathématiques (Sui problemi futuri dei matematici). Hilbert coglieva l’occasione del nuovo secolo per enunciare quei problemi e quei temi che, a suo avviso, sarebbero stati determinanti per lo sviluppo della matematica nel secolo a venire. In effetti, molti di tali problemi, oltre a rappresentare sfide per i matematici del Novecento, si sono rivelati importanti nodi di sviluppo della matematica del secolo scorso.
La loro ampiezza e il grado di precisione della loro formulazione sono molto disomogenei, ma ciò era ben chiaro a Hilbert stesso. Nella introduzione, egli si sofferma infatti su due questioni: il teorema di Fermat (→ Fermat, ultimo teorema di) e il problema dei tre corpi, riguardante la stabilità di tre masse in reciproca attrazione, che in particolare si pone per le orbite dei pianeti e le interazioni tra Sole, Terra e Luna. Su questo egli nota: «I due ultimi problemi citati – quello di Fermat e il problema dei tre corpi – ci sembrano quasi stare ai poli opposti: il primo una libera invenzione della ragione pura, appartenendo alla regione astratta della teoria dei numeri, l’altro proposto dall’astronomia e necessario per la comprensione dei più semplici e fondamentali fenomeni della natura. Ma accade spesso che uno stesso problema particolare trovi applicazione nelle più diverse branche della conoscenza matematica. Così, per esempio, il problema delle linee più brevi (→ geodetiche) gioca un ruolo importante nella fondazione della geometria, nella teoria delle curve e delle superfici, in meccanica e nel calcolo delle variazioni». Hilbert aveva chiaro che in matematica un problema è considerato risolto sia quando se ne trovino le effettive soluzioni o dimostrazioni, sia quando se ne dimostra l’impossibilità (come nel caso delle soluzioni per radicali delle equazioni algebriche di grado superiore al quarto; → Abel-Ruffini, teorema di). Nel primo caso si può dire che il problema è risolto in senso positivo, nel secondo in senso negativo. Egli era convinto che comunque, nell’uno o nell’altro senso, ogni problema matematico potesse essere risolto. Così scriveva: «Questa convinzione della possibilità di risolvere ogni problema matematico è un potente incentivo al lavoro. Noi sentiamo sempre risuonare dentro di noi l’invito: “Ecco il problema, cercane la soluzione. Tu puoi trovarla con il solo ragionamento, perché in matematica non esiste l’ignorabimus”». Questa fiducia razionalista circa la risolubilità di ogni problema matematico avrebbe ricevuto un duro colpo solo pochi anni dopo (→ Gödel, teorema di) e alcuni dei problemi di Hilbert (in particolare il primo e il decimo) si sarebbero rivelati indecidibili.
I titoli dei problemi qui esposti sono la traduzione degli originali titoli di Hilbert.
Tra la cardinalità del numerabile e quella del continuo esistono cardinalità intermedie? G. Cantor aveva congetturato che non ve ne fossero (→ continuo, ipotesi del) e K. Gödel nel 1938 dimostrò che tale ipotesi era compatibile con gli assiomi della teoria degli insiemi. Nel 1963, tuttavia, P. Cohen dimostrò l’indipendenza di questo asserto nel sistema di assiomi di → Zermelo-Fraenkel. Il problema non è quindi decidibile, nel senso che è possibile costruire sia matematiche in cui l’ipotesi è accettata sia matematiche in cui l’ipotesi è rifiutata. Il problema è considerato perciò risolto, anche se non nel senso ipotizzato da Hilbert.
Poiché l’aritmetica è alla base della matematica, viene posta la questione di dimostrare che gli assiomi dell’aritmetica non presentino contraddizioni, giacché, qualora se ne trovassero, crollerebbe l’intero edificio deduttivo. Il problema è considerato risolto, ma non nel senso ipotizzato da Hilbert. Il teorema di incompletezza di Gödel (1931) afferma infatti che se un sistema di assiomi per l’aritmetica è consistente (non contiene cioè contraddizioni), allora non è completo (esistono cioè al suo interno proposizioni indecidibili, di cui non si può dimostrare né la verita né la falsità). L’esigenza della compatibilità, che per Hilbert è sinonimo di coerenza, si paga perciò con l’incompletezza: nessuna teoria formale può dimostrare, con i suoi mezzi, la propria completezza (→ Gödel, teorema di).
Il problema riguarda la possibilità che anche nella geometria solida, come avviene nella geometria piana, l’equiestensione − cioè, nel piano, l’uguaglianza delle aree e, nello spazio, l’uguaglianza dei volumi di due solidi − coincida con l’equiscomponibilità. Dati due solidi di uguale volume, è cioè possibile scomporli in un numero finito di solidi tra loro congruenti? Il problema è stato risolto da M. Dehn, nel 1902, che ne ha dimostrato l’impossibilità (→ Dehn, teorema di).
Hilbert si chiede se si possano costruire altre geometrie che, come quella di Riemann o di Lobačevskij, vadano oltre la geometria euclidea, ma non per la negazione dell’assioma della parallela, quanto per la negazione del fatto che la retta sia la linea più breve tra quelle che congiungono due punti. Il problema può anche essere formulato come la richiesta di caratterizzare tutte le geometrie metriche in cui le geodetiche siano le linee rette di un ordinario spazio proiettivo ed è stato risolto, anche se in forma non generale, dal matematico A.V. Pogorelov.
La questione aveva interesse per la possibilità di utilizzare lo strumento algebrico introdotto da S. Lie per risolvere equazioni funzionali le cui soluzioni siano rappresentate da funzioni non differenziabili. In sostanza, si poneva la questione di svincolare un problema algebrico (lo strumento dei gruppi di Lie) da un problema di natura analitica (la differenziabilità delle trasformazioni che li definiscono), dotando così lo strumento algebrico di maggiori flessibilità e potenzialità.
Il problema è stato risolto da J. von Neumann (1930) e successivamente da altri, nel senso che sono state trovate particolari classi di gruppi di Lie per le quali non è necessaria la differenziabilità.
Hilbert, che aveva spiccati interessi in fisica, esprimeva l’auspicio che le parti della fisica in cui la matematica gioca un ruolo importante ricevessero una sistemazione assiomatica rigorosa, quale per esempio aveva ricevuto la geometria, anche grazie al suo contributo. In particolare, Hilbert si riferiva alla teoria della probabilità e al suo ruolo nella teoria cinetica dei gas e nella meccanica. Così come formulato, questo più che un problema era un programma di ricerca che non poteva ricevere una risposta univoca; tuttavia, la definizione dei postulati della meccanica quantistica, avvenuta nella prima metà del xx secolo, ha risposto in parte alla questione sollevata da Hilbert, sempre però tenendo conto delle limitazioni intrinseche a ogni sistema assiomatico, evidenziate dai teoremi di Gödel.
Hilbert chiedeva di indagare sulle condizioni sotto le quali una funzione trascendente di un numero irrazionale algebrico possa restituire un numero algebrico. In particolare, egli pone due sottoproblemi di esempio, di difficile risoluzione, nonostante l’accessibile formulazione:
• se, in un triangolo isoscele, il rapporto tra l’angolo di base e l’angolo al vertice è un numero irrazionale algebrico, il rapporto tra la base e il lato del triangolo è sempre un numero trascendente?
• l’espressione αβ avente come base un numero irrazionale algebrico (diverso da 0 o 1) e come esponente un numero irrazionale (per esempio 2√(2)) quale tipo di numero rappresenta (irrazionale algebrico, trascendente)?
In questa seconda formulazione il problema è stato parzialmente risolto nel 1934 dal matematico russo A. Gelfond, che ha stabilito che se l’esponente β è irrazionale algebrico la potenza αβ è sempre trascendente. A oggi (2013) nulla si sa della algebricità o trascendenza della potenza αβ nel caso generale (per esempio, sono algebrici o trascendenti ee oppure ππ?).
Si pone il problema della possibilità di individuare una legge relativa alla distribuzione dei numeri primi (→ Riemann, ipotesi di). Il problema è di notevole rilevanza sia teorica sia applicativa, giacché una legge, anche di natura probabilistica, relativa alla distribuzione dei numeri primi avrebbe implicazioni notevoli sui sistemi di crittografia. Il problema è tuttora aperto (2013).
Il problema di generalizzare la legge di reciprocità (→ reciprocità quadratica, legge di) a ogni campo numerico è stato parzialmente risolto nel 1927 dal matematico austriaco E. Artin.
Ci si chiede se, data una qualunque equazione diofantea (cioè a coefficienti interi), con un qualunque numero di incognite, esista un algoritmo, cioè una procedura generale che, in un numero finito di passi, determini se essa abbia o no soluzioni intere. Il problema è stato risolto nel 1970 dal matematico russo J. Matijasevič che ha dimostrato che il problema è indecidibile.
Si richiede sostanzialmente di classificare le forme quadratiche con un numero qualunque di variabili e definite sopra un campo di numeri algebrici. Il problema è stato parzialmente risolto utilizzando il → principio locale-globale di H. Hasse.
Il problema riguarda la possibilità di estendere il teorema di → Kronecker-Weber sulle estensioni abeliane dell’insieme dei numeri razionali Q ad altri campi numerici ed, eventualmente, sotto quali limitazioni. A tutt’oggi (2013) il problema è considerato non risolto.
La formulazione del problema non è chiara e ha ricevuto diverse interpretazioni. Inteso come specifico problema riguardante le equazioni di settimo grado rimane irrisolto. Inteso come ricerca di funzioni continue, il problema è stato risolto dal matematico ucraino V.I. Arnol’d e da A.N. Kolmogorov nel 1957: ogni funzione continua di n variabili può essere scritta come composizione di funzioni continue di due variabili. La questione diventa più complessa ed è irrisolta se si richiedono condizioni di differenziabilità e analiticità.
Il problema, riguardante la caratterizzazione degli invarianti, può essere precisato in questo modo: un campo K contenente un campo k e contenuto nel campo dei polinomi in n variabili k [x1, …, xn] è finitamente generato da k? Oppure: l’anello degli invarianti di un gruppo algebrico che agisce su un anello di polinomi è sempre finitamente generato? Il problema è stato risolto in senso negativo nel 1959 dal matematico giapponese M. Nagata, che ha fornito un controesempio.
L’attenzione di Hilbert, di fronte ai risultati della ricerca matematica dell’epoca, da lui giudicati interessanti e proficui, era concentrata sui problemi di fondazione e coerenza. Egli poneva perciò il problema di dare un fondamento rigoroso alla cosiddetta geometria enumerativa, da poco introdotta dal matematico tedesco C.H. Schubert, e che sostanzialmente studia il numero di intersezioni tra due superfici che rimane invariante per trasformazioni topologiche. Anche se sono state studiate numerose situazioni con interessanti risultati parziali, il problema della definizione generale di una tale teoria, cui aspirava Schubert, è rimasto sostanzialmente aperto, forse anche perché non sufficientemente precisato.
Il problema si divide in due questioni. La prima riguarda la topologia delle varietà algebriche reali: per esempio, una curva algebrica reale nel piano proiettivo si divide in un certo numero di ovali e il problema che si pone è quello di quali configurazioni siano possibili. La seconda riguarda i cicli-limite dei sistemi dinamici (→ sistema differenziale, stabilità di un), la loro finitezza e il loro numero. Ambedue le questioni sono state risolte, ma soltanto per alcuni casi particolari.
La domanda che caratterizza questo problema può essere così formulata: può un polinomio in più variabili che assume valori reali non negativi essere rappresentato come somma di quadrati di funzioni razionali? La risposta affermativa è stata data da E. Artin che, in un articolo del 1927 dal titolo Über die Zerlegung definiter Funktionen in Quadrate (Sulla riduzione in quadrati di funzioni definite), ha dimostrato che ogni funzione razionale definita positiva è somma di quadrati. Tuttavia il metodo di Artin non era costruttivo e non dava nessuna stima del numero dei quadrati di funzioni razionali che occorrevano; per questo lo studio del problema è stato ripreso negli anni Sessanta-Settanta del secolo scorso, in particolare da A. Pfister (1967), che ha mostrato che una forma semidefinita (positivamente) in n variabili può essere espressa come somma di 2n quadrati.
Se ci si limita alle tre dimensioni il problema può essere riformulato considerando sfere anziché poliedri: in quale modo devono essere disposte delle sfere congruenti in un dato spazio in modo che si raggiunga la massima densità, essendo la densità il rapporto tra il volume complessivo delle sfere e quello dello spazio a disposizione? Il problema è di antica data e già nel xvii secolo J. Keplero formulò l’ipotesi, detta congettura di → Keplero, che afferma che la densità massima raggiungibile è uguale a π/√(18). Il problema è stato risolto nel 1998 dal matematico statunitense Th.C. Hales, che con una dimostrazione per esaustione, assistita da un gigantesco programma di calcolo, ha confermato la congettura di Keplero. Il problema, noto anche come problema di impacchettamento delle sfere (sphere packing), è estensibile a qualunque dimensione ed è considerato risolto fino alla dimensione 8, ma non si ha una soluzione generale, anche perché è suscettibile di diverse varianti e generalizzazioni: sfere di diverso raggio, spazi non euclidei ecc.
Il problema è stato risolto in senso positivo da E. De Giorgi nel 1956.
Tutti i problemi variazionali con determinate condizioni al contorno hanno soluzione? Tale problema era stato appena posto nella sua generalità all’epoca di Hilbert. Lo sviluppo delle ricerche successive e il concetto di → distribuzione, intesa come funzione generalizzata, hanno contribuito a dissolvere il problema, più che a risolverlo, nel senso di frammentarlo in molti altri problemi.
Il problema consiste nel dimostrare che esiste sempre una equazione differenziale lineare appartenente a una particolare classe, detta classe di Fuchs, con dati punti singolari e gruppo monodromico. La classe di queste equazioni è stata caratterizzata dal matematico tedesco L.I. Fuchs, che si pose il problema di quali condizioni occorra porre alle funzioni complesse, coefficienti di una equazione differenziale lineare di ordine n, affinché tutte le soluzioni abbiano delle proprietà prestabilite. Ciò lo ha portato a caratterizzare una particolare classe di equazioni differenziali aventi come coefficienti funzioni analitiche e le cui singolarità, se esistenti, sono poli di ordine 1. Un gruppo monodromico è un gruppo che caratterizza un sistema di equazioni differenziali lineari omogenee
essendo ajk, per ogni j = 1, …, n funzioni analitiche complesse di x in un dato dominio complesso. Il problema è considerato risolto in senso positivo o negativo a seconda di quali punti di singolarità siano ammessi.
Il problema richiede di rappresentare una varietà algebrica o analitica in forma parametrica attraverso funzioni automorfiche, cioè → funzioni analitiche che siano invarianti rispetto a un gruppo di trasformazioni lineari del dominio in cui sono definite. Nel caso di dimensione 1 il problema è stato risolto nel 1907 da H. Poincaré e dal matematico tedesco P. Koebe. Per dimensioni più elevate il problema è aperto, ma soprattutto si è ramificato in una serie di problemi di uniformazione via via più generali.
Questo non è un problema quanto un appello. Hilbert si lamenta del fatto che, da parte dei matematici suoi contemporanei, ci sia una debole attenzione rispetto ai metodi del calcolo delle variazioni nonostante le potenzialità da lui intraviste in questo settore di studi. Ponendo tale questione del tutto generale, Hilbert si mostra consapevole della sua influenza nel determinare indirizzi di ricerca e rende evidente quanto la lista dei suoi problemi non rappresenti soltanto una intrigante esposizione di singole questioni aperte quanto un vero e proprio programma di indirizzo per la ricerca matematica nel suo complesso. In effetti, il calcolo delle variazioni ebbe successivamente un ampio sviluppo divenendo un’autonoma branca disciplinare.