PRITANI (οἱ πρυτάνεις, prytánes)
Col nome di pritani si designavano in Atene, dopo le riforme di Clistene, i 50 buleuti in carica. Ricordiamo infatti che la βουλή o consiglio dei cinquecento si componeva di dieci sezioni, una per tribù, e che ogni sezione per una decima parte dell'anno (v. pritania) sedeva in permanenza. I 50 buleuti in carica che, come è ovvio, venivano ad avere rispetto agli altri 450 una posizione di preminenza, erano da questi distinti col nome di pritani.
I pritani dovevano essere sempre pronti per qualsiasi evenienza, e perciò nella loro sede (un edificio pubblico, che dalla forma rotonda e a cupola desumeva il nome di ϑόλος) almeno un terzo di essi, una trittia, doveva sedere in permanenza. Nella ϑόλος tutti i pritani si riunivano molto spesso, e persino prendevano in comune i loro pasti. I pritani erano presieduti da uno d'essi medesimi, epistate, designato dalla sorte. La durata in carica dell'epistate era di sole ventiquattr'ore, da un tramonto al tramonto seguente; ma per quella notte e per quel giorno il cittadino ateniese che fosse epistate era davvero il capo dello stato. Spettava infatti all'epistate di presiedere il consiglio dei cinquecento e l'assemblea popolare, se la convocazione fosse capitata nel giorno della sua carica; inoltre l'epistate era depositario del sigillo di stato e della chiave dei templi dove si conservava il tesoro pubblico. All'altissimo potere dell'epistate poneva dunque freno, nell'Atene democratica del secolo V, la durata minima della carica e la non rieleggibilità. E tutto il sistema era combinato in modo che alla presidenza dello stato in pratica potesse arrivare press'a poco ogni cittadino ateniese, fosse appena di media cultura e di buona volontà.
Nel sec. IV però la presidenza dell'assemblea e del consiglio fu sottratta all'epistate dei pritani, e affidata invece a nove proedri sorteggiati dall'epistate fra i buleuti delle nove trivù, che in quel momento non tenessero la pritania. Tale istituzione meglio guarentiva la libertà di discussione, e limitava di molto la possibilità di accordi e di corruzione. Tuttavia anche allora l'epistate dei pritani continuò ad essere depositario del sigillo di stato e delle chiavi dei templi; anche allora i pritani convocarono le adunanze dell'assemblea e del consiglio, e ne fissarono i rispettivi ordini del giorno (προγράμματα). Continuarono anche a celebrare i sacrifizî propiziatorî, ed esercitarono la sorveglianza sui convenuti, acciocché il buon ordine non fosse turbato, coadiuvati in ciò dai sei lessiarchi e dai trenta συλλογεῖς.
I pritani costituivano l'organo mediante il quale il consiglio entrava in relazione con il mondo esterno; vale a dire con l'assemblea, con i magistrati, con i semplici cittadini, e ancora con gli ambasciatori o con gli araldi forestieri. Introducevano al consiglio quei personaggi che il popolo avesse giudicati o che essi stessi giudicassero degni di essere ascoltati. Ond'è che al comitato dei pritani si presentavano di solito tutti coloro che recassero lettere o comunicazioni d'interesse pubblico; e il comitato dei pritani a sua volta, se il caso fosse particolarmente grave, convocava d'urgenza il consiglio o l'assemblea o gli strateghi.
Competenza dei pritani era inoltre, non solo vigilare sul buon ordine delle adunanze, ma anche procedere ad arresti nel caso di delitti flagranti di pericolo pubblico; disponevano perciò di speciali corpi di polizia (τοξόται), che per un certo tempo s'arrolarono tra i membri di una determinata tribù, e che più tardi si scelsero invece fra gli efebi. I pritani dovevano anche deferire ai tribunali gli strateghi che si fossero resi colpevoli di gravi mancanze; e curare la restituzione di somme prese a prestito dallo stato.
L'ufficio di pritane implicava dunque responsabilità altissime. Perciò la tribù che esercitava la pritania era chiamata a rispondere non solo delle deliberazioni generali del consiglio, ma anche d'ogni deliberazione o atto proprio; analogamente i singoli pritani conservavano la responsabilità personale delle proprie azioni e dei proprî consigli. Ma perciò anche, nel sec. IV, divenne consuetudine che a quella tribù, che nel corso dell'anno si fosse distinta per il buon governo, con solenne decreto del consiglio e dell'assemblea venisse assegnata una corona onorifica d'oro.
Pritani vi furono non solo in Atene, ma in molte altre città della Grecia propria; nelle quali, come in Atene, essi costituirono di solito un comitato del consiglio. Un unico pritane, presidente del consiglio, e vero capo della repubblica, fornito di potere esecutivo, troviamo invece abituale in Asia Minore, eccezionale nella Grecia propria (Corinto).
Bibl.: K. F. Hermann e V. Thumser, Lehrbuch der griechischen Staatsaltertümer, I, ii, 6ª ed., Friburgo in B. 1892, p. 488 segg. e passim; G. De Sanctis, Atthis, 2ª ed., Torino 1912, p. 352 segg.; G. Busolt e H. Swoboda, Griechische Staatskunde, Monaco 1926, p. 1028 segg. e passim; V. Costanzi, Le costituzioni di Atene e di Sparta, Bari 1927, p. 38 segg.; G. Glotz, La cité grecque, Parigi 1927, p. 219 segg. e passim.