Nobile spagnolo. È il più significativo rappresentante di un movimento ascetico sorto in Spagna verso la fine del sec. IV e che diede luogo a un clamoroso processo conclusosi con la condanna a morte dei principali aderenti della setta.
Iniziatore (370 circa) in Spagna, principalmente nelle regioni di Mérida e di Cordova, di un movimento ascetico-gnostico. Di famiglia nobile, ricco, educato da una donna, Agape, e dal retore Elpidio, uditori di un leggendario Marco Egiziano venuto in Spagna da Menfi, riuscì presto ad attrarre intorno a sé molti nobili e anche gente del popolo e, soprattutto, a schiere, donne dalla fede ondeggiante. I suoi seguaci affermavano di essere gli eletti della Chiesa, sostenevano che il battesimo doveva significare evasione da tutti i valori di questo mondo, interpretavano la Scrittura avvalendosi di uno speciale dono dell'intelligenza spirituale che essi dicevano di possedere. Tra i seguaci di P. si segnalavano due vescovi: Instanzio (secondo alcuni autore dei trattatelli priscillianisti) e Salviano, che conferirono a P. il presbiterato, consacrandolo poi vescovo di Ávila. Il priscillianesimo si estese pure in Gallia, ma qui l'episcopato reagì violentemente; allora i priscillianisti, già condannati al Concilio di Saragozza (380), vennero in Italia: male accolti da papa Damaso e da s. Ambrogio, poterono far ritorno alle loro sedi per l'appoggio del potere civile. Dopo il colpo di stato che diede il potere delle Gallie a Massimo, questi ordinò che i priscillianisti fossero sottoposti al giudizio di un concilio, che si svolse a Bordeaux. P. presentò allora ricorso al tribunale civile dell'imperatore: ma il processo tenutosi a Treviri (385) si concluse con la condanna a morte di sette priscillianisti (P., Felicissimo, Armenio, Latroniano, Eucrozia, Asarivo, Aurelio), che furono decapitati. Il fatto destò però grande scalpore e scandalo in tutta la cristianità e la decisa reazione degli stessi s. Martino di Tours e s. Ambrogio, e giovò indubbiamente alla diffusione, in Spagna e nella Gallia meridionale, del movimento che, favorito anche dall'invasione vandalica, si trascinò fino al sec. 6º (sinodo di Braga del 563). Il problema dell'individuazione della personalità e del reale pensiero di P. è tuttora aperto anche per i caratteri di autoapologia che hanno gli scritti a lui attribuiti.