Principessa Zaffiro
L’eroina del manga
Creata dal fumettista giapponese Osamu Tezuka, la Principessa Zaffiro inaugura la versione al femminile del genere manga. Il tratto del disegno s’ingentilisce e le storie si muovono tra il romantico e il drammatico, pervase da uno spirito fiabesco e sognatore
Principessa Zaffiro (titolo originale Ribon no kishi ovvero «Il cavaliere col fiocco») è - con Astro Boy e Kimba il leone bianco - tra i fumetti più famosi del celebratissimo autore giapponese Osamu Tezuka, che si colloca fra le supreme figure di riferimento del genere manga. Sebbene considerata dai suoi critici un’opera minore dal punto di vista dei contenuti, a detta di molti la Principessa Zaffiro, che compare per la prima volta nel 1954 sulla rivista Shojo club, può considerarsi il primo shojo manga della storia. Vale a dire, che è l’antesignana dei tanti, successivi manga al femminile, in cui il tratto del disegno si fa più fine, delicato e nella trama prevalgono le situazioni drammatiche e romantiche, in cui il sentimento ha sovente la priorità sulla ragione.
Principessina in cui, al momento della nascita, lo spiritoso angelo Tink ha per scherzo impiantato due cuori, uno femminile e l’altro maschile, Zaffiro è l’unica figlia del re di Silverland. Poiché la legge impedisce che a regnare sia una donna, per non perdere il diritto dinastico i genitori l’allevano in pubblico come fosse un ragazzo, permettendole di indossare abiti da fanciulla solo nel segreto delle sue stanze.
Mentre il granduca Duralmin, allo scopo di trasferire il trono nelle mani dell’incapace figlio Plastic, trama con l’appoggio del malvagio Sir Nylon, cercando di provare la vera e inadeguata identità dell’erede, Dio ingiunge all’angelo Tink di tornare sulla Terra per rimediare al guaio del doppio cuore e, di conseguenza, rendere Zaffiro una ragazza a ogni effetto. Mentre Tink studia come fare, a una festa di Carnevale dove si reca mascherata, la principessa Zaffiro conosce il principe Franz Charming, a capo del vicino regno di Goldland, del quale s’innamora. Anch’egli rimane colpito e ammaliato dalla misteriosa giovane, che dopo il ballo cerca in ogni modo di ritrovare.
Di qui si dipana una lunga serie di avventure affollate di equivoci, navi fantasma, mostri, folletti, demoni, animali magici. In queste avventure compaiono anche il Diavolo e, come abbiamo accennato, finanche il Padreterno, immaginato con le sembianze di un vecchietto simpatico, messo però a convivere con un gran numero di divinità greche, eroi e altre figure mitologiche, in un’olimpica confusione. Di continuo messi a strenua prova, i protagonisti dovranno superare con coraggio circostanze estreme e spesso senza apparente via d’uscita, con un gran dispendio di gesta eroiche per raggiungere in salvo il lieto fine.
Dopo la prima uscita, Principessa Zaffiro fu riveduta e riscritta da cima a fondo dal suo autore e pubblicata in forma di serie su Nakayoshi fra il 1963 e il 1966. La versione definitiva dell’opera, ritenuta un classico del genere, è raccolta in tre volumi per un totale di oltre seicento pagine e ha ispirato l’omonimo cartone animato, di notevole successo.
Tezuka realizzò quindi anche un seguito, un po’ meno noto, centrato sulle imprese dei figli di Zaffiro e Franz e intitolato Futago no kishi («I cavalieri gemelli»).
Le vignette, ricche di decorazioni, sfumature, accurati particolari, e lo spirito sognatore e fiabesco che pervade la saga hanno contribuito in larga misura a rendere Osamu Tezuka popolare in tutto il mondo. In Giappone, dove morì nel 1989 a 61 anni suscitando una sorta di lutto nazionale, lo era già; c’era chi lo definiva «il dio dei manga» e nella casa di Takarazuka, luogo della sua giovinezza, ha sede da tempo il Museo Tezuka.