SICONE, principe di Benevento
SICONE, principe di Benevento. – Nato probabilmente nel 772, non ne conosciamo i genitori.
Sicone era di origini sicuramente non beneventane, ma sulla prima fase della sua esistenza e della sua attività politica la tradizione è molto incerta. Il suo epitaffio, dal quale può ricavarsi la data di nascita (Poetae latini aevi Carolini, a cura di E. Dümmler, 1884, pp. 649-651), lo dice giunto a Benevento ancora bambino, subito dopo la conquista franca di Pavia, e allevato da Arechi II presso la sua corte; Giovanni diacono (Gesta Episcoporum Neapolitanorum, a cura di G. Waitz, 1878, p. 428) concorda su un suo arrivo in giovanissima età e accenna anche a una sua provenienza friulana. Secondo i racconti più tardi, ma più distesi, di Erchemperto e soprattutto del Chronicon Salernitanum, che lo dice spoletino, Sicone arrivò invece a Benevento sotto il regno di Grimoaldo IV, principe dall’806, acquisendo rapidamente potenza per il favore dimostratogli dal principe, da cui fu designato gastaldo di Acerenza.
In ogni caso il rapporto con Grimoaldo si deteriorò presto: Sicone fu assediato in Acerenza dallo stesso principe e dal conte di Conza, Radechi, prima di una temporanea pacificazione, che dovette precedere di poco la morte di Grimoaldo, avvenuta a fine maggio o nel luglio dell’817. Non è chiaro se Sicone sia stato egli stesso protagonista attivo nella congiura che eliminò il principe; egli fu invece con ogni probabilità scelto come punto di equilibrio fra due fazioni della nobiltà beneventana fra loro inizialmente avverse, ma entrambe ostili a Grimoaldo, capeggiate da Radechi di Conza e da Rofrid, figlio del potente Dauferio, detto il Profeta. Rinnovato subito (818) il patto che già regolava i rapporti con i Franchi, Sicone fu sostenuto nel primo periodo del suo regno dagli stessi alleati interni che ne avevano permesso l’ascesa al trono, Radechi e Rofrid.
Definito suo fidelis, Radechi compariva come intercessore, con il titolo di gastaldo, già nel primo diploma emanato da Sicone e ritornava nello stesso ruolo nell’821 con il più prestigioso titolo di referendario; Rofrid, anch’egli attivo nel ruolo di intercessore, ricopriva la carica di tesoriere (Chronicon Sanctae Sophiae, a cura di J.-M. Martin, 2000, II 21, I 26, III 8: il primo dell’817 e i secondi due dell’821). Successivamente il quadro delle alleanze si articolò, mutando in parte di segno: rimase saldo il rapporto con Rofrid, mentre si ruppe quello con Radechi, che si salvò ritirandosi a Montecassino.
Il principe sposò inoltre le tre figlie a nobili beneventani, due dei quali, Orso e Radelmondo, divennero poi conti di Conza e di Acerenza; una terza figlia, di nome Sichelenda, sposò Azzone. Sicone provvide anche a dotarsi di un patrimonio personale, come testimoniato dalle proprietà comuni con il ricchissimo gastaldo Potone, nel territorio di Canosa.
I destinatari dei pochi diplomi noti di Sicone confermano la forte attenzione per l’ambiente urbano e in particolare per la tradizione risalente al fondatore del principato, Arechi II: accanto ad alcuni membri di mediocre rilievo della corte, troviamo una figlia di Arechi, Adelgisa, e il monastero di S. Sofia, fondato da Arechi stesso; l’unica eccezione in questo quadro di beneficiari ristretto a Benevento è un diploma perduto per Montecassino.
La pace con i Franchi e il radicamento nel tessuto aristocratico furono le premesse per azioni incisive nel contesto più ampio del Mezzogiorno, note però solo in modo frammentario. Sicone strinse i rapporti con il potente e autonomo gastaldo di Capua Landolfo (Chronicon Salernitanum, a cura di U. Westerbergh, 1956, p. 58), che fondò una nuova città presso il fiume Volturno, nominandola Sicopoli in onore del principe.
L’intesa dovette essere solida, perché Landolfo rimase nei turbolenti anni successivi alleato dei figli di Sicone: Sicardo, che gli succedette nel principato beneventano, e Siconolfo, poi principe di Salerno (v. le rispettive voci in questo Dizionario).
Sicone attaccò inoltre più volte e duramente Napoli, a partire dall’822, provocando anche un intervento franco in favore dei napoletani. L’ultima offensiva risale probabilmente all’estate dell’831; in questa occasione Sicone sottrasse a Napoli e traslò a Benevento le reliquie di s. Gennaro. La guerra fu conclusa con un patto scritto, con clausole molto favorevoli alle attività dei mercanti beneventani: oltre che al pagamento annuale di un tributo, i napoletani si impegnarono infatti a permettere la circolazione nella loro città della moneta di Benevento.
Sicone morì nel settembre dell’832.
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