MAZZOLARI, Primo
– Nacque a Boschetto, frazione di Cremona, il 13 genn. 1890, da Luigi e Grazia Bolli.
Il padre, un contadino piccolo affittuario, per mantenere la numerosa famiglia (il M. era primogenito di cinque figli: dopo di lui nacquero Colombina, Giuseppe o Peppino, Pierina e Giuseppina), nel 1900 si trasferì a Verolanuova, piccolo centro vicino Brescia. Nell’autunno 1902, concluse le elementari, il M., secondo una diffusa consuetudine del mondo contadino «bianco» (cattolico), entrò in seminario, per poter proseguire gli studi, oltre che per assecondare una precoce e convinta vocazione religiosa. La famiglia optò per il seminario minore della diocesi di Cremona – dove risiedevano ancora i nonni paterni – nel quale fu ammesso, dopo un brillante esame, direttamente alla terza ginnasiale.
Il seminario di Cremona, fornito di una ottima biblioteca, offriva un programma di studi ricco e innovativo, comprendente, oltre alle materie tradizionali, anche insegnamenti di agraria, igiene ed economia. Vescovo della città era, dal 1871, monsignor G. Bonomelli, personalità autorevole e controversa nella Chiesa italiana, per le sue coraggiose posizioni sulla questione romana, nonché su emergenti temi sociali, quali l’emigrazione. Nei confronti di Bonomelli per tutta la vita il M. avrebbe dichiarato una figliolanza spirituale.
Il M. completò i suoi studi in seminario nell’agosto 1912.
Nelle pagine del suo Diario giovanile, che copre gli anni 1905-26, si colgono informazioni e suggestioni sul suo percorso di studio e di fede, nonché sulla più generale temperie culturale e religiosa di quel decennio di pontificato di Pio X, contraddistinto dalla forte e diffusa diffidenza e repressione nei confronti del modernismo; tra i suoi insegnanti il barnabita P. Gazzola, lì confinato da Milano con l’accusa di modernismo, lo aiutò a superare una profonda crisi vocazionale.
Il 24 ag. 1912, nella chiesa parrocchiale di Verolanuova, il M. fu ordinato sacerdote dal vescovo di Brescia, G. Gaggia. Seguì un breve ma intenso periodo d’impegno pastorale: per un anno fu vicario cooperatore a Spinadesco, paese di 1500 anime, in provincia di Cremona; quindi venne nominato curato della parrocchia natale di S. Maria del Boschetto.
Nell’autunno del 1913 il M. fu chiamato a insegnare lettere nel ginnasio del seminario di Cremona, svolgendo, durante il periodo delle vacanze estive per conto dell’Opera Bonomelli, il delicato incarico, a lui più congeniale, di curare il rientro degli emigrati italiani in Germania, dopo l’inizio della conflagrazione bellica, e di assistere quelli residenti in Svizzera.
Nella primavera del 1915, durante i mesi caratterizzati dall’aspro dibattito tra interventisti e neutralisti, che divise anche il mondo cattolico, il M. condivise e sostenne le posizioni dei giovani interventisti democratici cattolici che interpretavano la guerra già iniziata come un’occasione importante non solo per recuperare le «terre irredente» del Trentino e della Venezia Giulia, ma anche per sconfiggere l’autoritarismo e il militarismo tedesco e inserire pienamente l’Italia nella comunità degli Stati democratici e parlamentari.
Entrò in particolare sintonia con E. Cacciaguerra, fondatore della Lega democratica cristiana, e collaborò, dal 1914 al 1917, con L’Azione di Cesena, da questo diretta, con diversi articoli, polemizzando persino con G. Miglioli, sostenitore di un radicale neutralismo, a partire dalla sua esperienza d’animatore delle leghe bianche delle campagne padane.
Nel novembre del 1915 si arruolò come soldato semplice.
Fu impiegato nei servizi di sanità militare, prima a Genova e in seguito, come caporale, a Cremona. La morte sul Sabotino del fratello Giuseppe (Peppino), cui era molto legato, e l’esperienza terribile della trincea, vissuta da tanti giovani contadini, lo spinse, proprio mentre cominciava a germinare in lui un sentimento e un convincimento pacifista, a chiedere di essere inviato al fronte, per condividere i drammi e i rischi dei soldati e non vivere la propria condizione di sacerdote come privilegio di «imboscato». Nel 1918, per nove mesi, fu cappellano militare dei reparti dell’Esercito italiano inviati in Francia sul fronte franco-tedesco, nella drammatica fase finale del cedimento del Reich. Dopo il rientro in Italia, nel 1919, non venne ancora congedato, perché i reparti cui apparteneva furono incaricati di riorganizzare i territori italiani di confine, sconvolti da anni di bombardamenti. Il M. fu particolarmente segnato dall’esperienza del recupero dei corpi di tanti soldati rimasti senza sepoltura. Nel 1920, per sei mesi, fu ancora cappellano militare delle truppe italiane inviate nell’Alta Slesia per garantire il passaggio della regione dalla Germania sconfitta al nuovo Stato polacco.
Conclusa questa prima intensa esperienza di guerra, il M., smobilitato nell’agosto 1920, chiese e ottenne dal suo vescovo, G. Cazzani (successore di Bonomelli), di avere un incarico pastorale: dall’ottobre 1920 al dicembre 1921 a Bozzolo fu delegato vescovile nella seconda parrocchia della Ss. Trinità; dal 1921 sino al luglio del 1932 parroco a Cicognara, entrambi Comuni della provincia di Mantova ma dipendenti dalla diocesi di Cremona.
Il decennio di Cicognara, centro collocato quasi sulle rive del Po, fu fondamentale nell’esperienza del M. parroco, ma anche scrittore, come emerge dalle novelle Tra l’argine e il bosco (Brescia 1938) e dal romanzo La pieve sull’argine (Milano 1952), scritti sulla base di appunti e schemi del periodo in questione. Di là delle vicende narrate di Cicognara, s’intravede una storia epico-religiosa degli umili, con la parrocchia che diviene il segno della presenza familiare di Cristo tra i poveri e il parroco punto di convergenza dei buoni cristiani, ma anche dei «lontani».
Nella gestione della parrocchia il M. curò con particolare attenzione la predicazione, divenendo un maestro dell’arte omiletica, come si constata nei tanti documenti manoscritti, da lui gelosamente conservati. Conoscitore ed estimatore della cultura popolare contadina, organizzò in parrocchia la festa del grano e dell’uva e non trascurò mai la commemorazione dei caduti in guerra. Istituì una biblioteca parrocchiale e animò, nei mesi invernali, una scuola serale per i contadini.
Nei confronti del fascismo, pur senza manifestare posizioni d’aperta rottura, fu, fin dal suo avvento, diffidente e ostile, specialmente per quanto concerneva l’uso della violenza e l’esaltazione della guerra, anche con gesti d’indubbio valore simbolico.
Nel novembre 1925 rifiutò di cantare il Te Deum dopo il mancato attentato a B. Mussolini da parte di T. Zaniboni e, nel 1929, non mostrò particolare entusiasmo per la conciliazione, non recandosi neppure a votare il plebiscito per la firma già avvenuta dei patti del Laterano. Si mostrò anche restio a fare dell’associazionismo cattolico il soggetto privilegiato delle attività della parrocchia, casa comune e aperta di tutti i parrocchiani. Dalle autorità fasciste locali pervennero a lui diverse ammonizioni, mentre furono segnalati ripetutamente alla curia di Cremona discorsi e gesti ritenuti ostili al regime, com’è documentato nelle carte dell’Archivio segreto Vaticano relative al pontificato di Pio XI. Il 5 ag. 1931 furono esplosi colpi di pistola contro la finestra della sua canonica.
Il M. continuò ad avere stima e protezione dal vescovo Cazzani: nell’estate del 1932 fu nominato arciprete di Bozzolo dove erano state da poco unificate le due preesistenti parrocchie. Ai nuovi parrocchiani il M. si presentò con un opuscolo, Il mio parroco. Confidenze di un povero prete di campagna (Brescia 1932), con cui inaugurava una nuova stagione, per tutti gli anni Trenta, nella quale l’attività pastorale si accompagnò, ma anche si sostanziò, con un’intensa attività pubblicistica.
Emblematico fu al riguardo il libro La più bella avventura. Sulla traccia del «prodigo» (ibid. 1934) – incentrato su un’originale interpretazione letteraria e pastorale della parabola del figliol prodigo, in cui sono evidenziati anche i torti del figlio maggiore – il quale, nonostante l’imprimatur ecclesiastico, provocò, nel 1935, un provvedimento di censura del S. Uffizio, con ingiunzione di ritiro dal commercio e divieto di ristampa e traduzione. È già presente, in questa prima compiuta impresa letteraria, un’idea forte del M.: la Chiesa non è solo e tanto la societas perfecta, quanto un’istituzione e una comunità con limiti, debolezze e inadempienze, «peccati», che occorre «confessare» e superare per poter con coerenza trasmettere il messaggio evangelico anche ai «lontani». È già presente pure un’altra idea forte del M.: la necessità e l’urgenza storica e religiosa di una rifondazione della società civile sulla base dei valori della giustizia e della fratellanza, a partire da una forte attenzione ai poveri.
Un suo articolo, I cattolici italiani e il comunismo, pubblicato nel marzo 1937 ne La Vita cattolica di Cremona nel contesto del dibattito suscitato dall’emanazione dell’enciclica Divini Redemptoris contro il comunismo ateo, provocò il sequestro prefettizio del settimanale; il libro Tempo di credere (Brescia 1941) non ottenne il visto della censura ecclesiastica e, nel marzo 1941, fu sequestrato per ordine del ministero della Cultura popolare. Anche agli opuscoli Anch’io voglio bene al Papa (ibid. 1942) e Della fede (scritto nel 1943, ma pubbl. postumo a Vicenza nel 1961) fu rifiutato l’imprimatur ecclesiastico, mentre il più significativo, Impegno con Cristo (Pisa 1943), denunciato al S. Uffizio, fu censurato. Nell’estate del 1943, nel contesto della tragedia della seconda guerra mondiale e della successione di eventi che cambiarono radicalmente il quadro politico italiano, il M., che per le sue idee aveva già rischiato il confino e aveva intessuto rapporti stretti con il Movimento guelfo di P. Malvestiti, fu partecipe del movimento di Resistenza nel Mantovano e nel Cremonese e, dopo un pesante avvertimento delle autorità della Repubblica sociale italiana (RSI), il 31 luglio 1944 fu arrestato, tradotto a Milano e successivamente rilasciato, vivendo fino alla Liberazione in clandestinità. Costituiscono una non enfatica testimonianza di questa fase della sua vita i libri Diario di una primavera (Vicenza 1961) e Rivoluzione cristiana (ibid. 1967), pubblicati postumi.
Pur continuando a svolgere intensamente il lavoro pastorale in parrocchia a Bozzolo, il M. negli anni del secondo dopoguerra, pieni di tensioni, ma anche di fermenti e speranze, fu animatore e partecipe del ricco dibattito culturale, politico e religioso.
Pur nel periodo di diffuso conformismo e di chiusura del tardo pontificato di Pio XII, tenne stretti rapporti con personalità libere e critiche del cattolicesimo italiano: con don Z. Saltini, fondatore di Nomadelfia, con D.M. Turoldo della Corsia dei Servi di Milano, con G. La Pira, sindaco di Firenze, con L. Santucci e con molti altri.
Sul piano più propriamente politico, pur avendo appoggiato la Democrazia cristiana (DC) nelle elezioni del 18 apr. 1948, anche dopo la scomunica del 1949 il M. non interruppe il dialogo con i comunisti, a partire da un pubblico confronto con il conterraneo G. Miglioli, già esponente di punta della Sinistra popolare e del cosiddetto bolscevismo bianco.
Collaborò attivamente al settimanale della DC lombarda Democrazia e, nel 1949, fondò, insieme con il francescano Placido da Pavullo e i sacerdoti G. Barra e L. Bedeschi, il quindicinale Adesso, destinato in breve tempo a divenire laboratorio e luogo di confronto e incontro sul terreno della cultura politica e religiosa e palestra per giovani, laici e religiosi, da P. Scoppola a don L. Milani.
La fondazione del combattivo quindicinale era finalizzata alla messa in campo di uno strumento di analisi e di proposta su diversi temi, già presenti nelle pregresse riflessioni del M., divenuti di grande e stringente attualità: il rinnovamento della Chiesa, la difesa dei poveri e la denuncia delle ingiustizie sociali, il dialogo con i «lontani», il problema del comunismo, la promozione della pace in un’epoca di grandi tensioni internazionali e di guerra fredda, la messa al bando della bomba atomica. Erano temi controversi, per le indubbie implicazioni pastorali, oltre che politiche e, nonostante intorno al giornale si fosse formato un combattivo movimento di sostegno, anche all’interno del mondo ecclesiale, il 14 febbr. 1951 al M. giunse da Roma un provvedimento con la proibizione di scrivere su Adesso e in altre sedi senza un’appropriata revisione ecclesiastica e di predicare fuori della sua diocesi. Adesso, dopo una sospensione di molti mesi, nell’autunno dello stesso anno riprese le pubblicazioni con una redazione composta da laici e con la direzione di G. Vaggi. Il M. continuò a collaborare al suo quindicinale di impegno cristiano scrivendo, sotto pseudonimo, specie sul tema della pace. Ne conseguirono nuove indagini e provvedimenti disciplinari (della rivista esiste una ristampa anastatica: Adesso, Bologna 1979).
Nel giugno 1954 gli fu fatto nuovamente divieto di predicare fuori del territorio della propria parrocchia e di scrivere articoli su «materie sociali». Pur all’interno di una condizione di forte personale sofferenza, il M. fu, con grande coerenza, fermo nel suo proposito di «ubbidire in piedi», sottomettendosi sempre all’autorità ecclesiastica, senza perdere la propria dignità e senza mai rinnegare le proprie convinzioni. In questi anni pubblicò diversi libri: Il segno dei chiodi (Milano 1954), La parola che non passa (Vicenza 1954), Tu non uccidere (ibid. 1955), La parrocchia (ibid. 1957), I preti sanno morire (Padova 1958).
Negli ultimi due anni di vita al M. fu concesso di uscire dal lungo periodo di isolamento e di emarginazione ecclesiastica: nel novembre del 1957 l’allora arcivescovo di Milano G.B. Montini lo chiamò a predicare all’interno di un’iniziativa straordinaria di interventi pastorali, la «Missione di Milano»; il 2 febbr. 1959 fu ricevuto in udienza da Giovanni XXIII.
Il M. morì a Cremona il 12 apr. 1959.
Delle opere del M. si ricordano i diari e gli epistolari: Diario d’una primavera, Brescia 1961; Lettera a una suora, Vicenza 1962; Diario, I, 1905-1926 e Lettere a Vittoria Fabrizi De Biani, Bologna 1974; Diario, II, 1926-1934, ibid. 1984; Diario (1934-1937), ibid. 2000; Diario (1938 - 25 apr. 1945), ibid. 2006; Lettere al mio parroco, Bologna 1974; Quasi una vita. Lettere a Guido Astori (1908-1958), ibid. 1974; Obbedientissimo in Cristo. Lettere di don P. Mazzolari al suo vescovo, 1917-1959, Milano 1974; Lettere alla signora Maria [Maria Nardi], Bozzolo 1994; Con tutta l’amicizia. Carteggio tra don P. Mazzolari e Luigi Santucci, 1942-1959, Cinisello Balsamo 2001. Oltre a quelle citate nel testo si veda ancora fra le opere del M.: Lettera sulla parrocchia. Invito alla discussione, Brescia 1937; Il samaritano. Elevazioni per gli uomini del nostro tempo, ibid. 1938; I lontani. Motivi di apostolato avventuroso, ibid. 1938; La Via Crucis del povero, ibid. 1938; Dietro la Croce, Pisa 1942; La Samaritana, Alba 1944; Il compagno Cristo. Vangelo del reduce, Milano 1945; Impegni cristiani istanze comuniste, ibid. 1945; S. Antonio Abate, Bozzolo 1945; Cara Terra, Pisa 1946; Accettiamo la battaglia, Milano 1946; Con Cristo. Dibattito fra Miglioli e Mazzolari, ibid. 1947; La grande prova, Mantova 1949; Ho visto il Delta, Bologna 1952. Postumi sono usciti: La parola ai poveri, Vicenza 1960; Zaccheo, ibid. 1960; Della tolleranza, ibid. 1961; Viaggio in Sicilia, ibid. 1961; Il Vangelo del contadino, Bozzolo 1961; Il Natale, Vicenza 1963; La Pasqua, ibid. 1964; Charles De Foucauld, ibid. 1965; La Resistenza dei cristiani, ibid. 1965; Cattolici e comunisti, ibid. 1966; Preti così, Brescia 1966; La Chiesa, il fascismo, la guerra, Firenze 1966; La Chiesa del Padre. Nostro fratello Giuda, Vicenza 1967; I giovani e la guerra, ibid. 1968; I miracoli secondo Matteo, ibid. 1969; Ricchi e poveri, ibid. 1971; Segni dei tempi, ibid. 1975; La nostra speranza, ibid. 1975; Ai preti, ibid. 1977; Discorsi, Bologna 1978; Il coraggio del «confronto» e del «dialogo», ibid. 1979; La carità del papa. Pio XII e la ricostruzione dell’Italia (1943-1953), Cinisello Balsamo 1991; Il Padre nostro commentato…, ibid. 1996.
Fonti e Bibl.: Carte del e sul M. sono presso l’Archivio-Biblioteca della Fondazione don Primo Mazzolari a Bozzolo; vedi anche: Arch. segr. Vaticano, Affari ecclesiastici straordinari, Italia, 812, f. 440-441, Corrispondenza col vescovo di Cremona relativa al rev. P. M. di Bozzolo; G. Barra, Un profeta obbediente, Torino 1966; A. Bergamaschi, M. e lo «scandalo» di Adesso, Torino 1967; N. Fabbretti, Don M. - don Milani. I «disobbedienti», Milano 1972; P. Scoppola - B. Zaccagnini, La testimonianza di don M., Roma 1976; C. Bellò, P. M.: biografia e documenti, Brescia 1978; C. Bo, Don M. e altri preti, Vicenza 1979; M. Allegri et al., Attualità di M., Roma 1981; A. Bergamaschi, Presenza di M. Un contestatore per tutte le stagioni, Bologna 1986; G. Campanini, Don P. M. fra religione e politica, Bologna 1989; L. Bedeschi, L’ultima battaglia di don M., «Adesso» 1949-1959, Brescia 1990; M. Maraviglia, Chiesa e storia in «Adesso», Bologna 1991; G. Sigismondi, La Chiesa: «un focolare che non conosce assenze». Studio del pensiero ecclesiologico di don P. M. (1890-1959), Assisi 1993; P. Guizzetti, Io sarò la tua voce. Don M. prete di frontiera, Milano 1995; G. Lupo, M. oggi, Torino 1996; M. e «Adesso». Cinquant’anni dopo. Atti del Convegno… 1999, a cura di G. Campanini - M. Truffelli, Brescia 2000; M. Maraviglia, P. M. nella storia del Novecento, Roma 2001; M. e la spiritualità del prete diocesano. Atti del Convegno…, Cremona… 2002, a cura di M. Guasco - S. Rasello, Brescia 2004; M., la Chiesa del Novecento e l’universo femminile, a cura di G. Vecchio, Brescia 2006.