CONTI, Primo
Pittore, nato a Firenze il 16 ottobre 1900. Autodidatta. Dopo avere aderito al futurismo e al cubismo (1917-1919), il C. si formò uno stile in cui l'azione corrosiva e allucinante della luce trasfigurava violentemente la forma, ed esasperando in toni pieni e contrastati il colore suscitava un raro effetto drammatico. Il ritratto di Liung-Juk gli valse il Premio Ussi (1924) e improvvisa notorietà. Del medesimo periodo sono la Disputa nel tempio (1923), la Cantonese (Firenze, coll. Contini), il ritratto di D. Trentacoste (Firenze, Pitti), Siao Tai-Tai (Roma, Museo Mussolini), il Golgotha (1926; comune di Firenze); in questi, è spesso quasi seicentesco fino ad evocare lo spagnolo; per altro lato, nel colore lucido e grasso, affine ad alcuno dei Fauves. Presente dal 1914 in ogni esposizione (una prima mostra individuale alla 3ª Biennale romana, 1925) così in Italia come all'estero, premiato a Venezia (Biennale, 1924) e a Padova (Esposizione di arte sacra, 1932) riassunse con l'esposizione Ferroni (Firenze, 1932) tutta la sua opera fin dal 1911. Attualmente, preso da bisogno di chiarificazione e voltosi a Goya e quasi a Ingres, si studia di depurare il suo greve chiaroscuro in limpido colore. Altre sue opere agli Uffizî (Autoritratto), alla Banca Toscana di Firenze (La prima ondata), al Palazzo della Pace a L'Aia (ritratto di D. Anzilotti).
Bibl.: C. Pavolini, La pittura di P. C., Firenze 1919; id., in Cat. della 3ª Biennale romana, Roma 1925; id., in Dedalo, XII (1932), pp. 304-325; M. Tinti, in Cat. Primav. Fiorent., Firenze 1922; M. Sarfatti, Segni, colori e luci, Bologna 1925; L. Dami, Tre ritratti cinesi di P. C., in Dedalo, V (1924-25), pp. 723-28; R. Landau, Der unbestechliche Minos, Amburgo 1926, p. 150; V. Guzzi, Pittura ital. contemporanea, Milano 1931, p. 57 seg.; id., in Nuova Antologia, 1° marzo 1935; H. Weigelt, in Apollo, agosto 1933.