PRIMITIVO
. In varî rami delle matematiche questo vocabolo assume significati diversi, di cui qui si ricorderanno i principali.
Radici primitive di un numero primo. - Dato un numero primo p, si può in più modi determinare un intero g tale che le potenze g, g2, ..., gp-1, divise per p, diano, all'infuori dell'ordine, i resti 1, 2, ..., p − 1. Ogni intero g siffatto si dice radice primitiva del numero primo p (v. aritmetica: Aritmetica superiore, n. 6).
Radici primitive dell'unità. - Nel campo complesso (v. immaginario; radice) le n radici nme dell'unità sono le radici dell'equazione binomia xn − 1 = 0, e sono date da:
Delle n − 1 radici complesse ε1, ε2, ..., εn-1, si dicono primitive quelle che non soddisfano un'equazione binomia xm − 1 = 0 di grado m 〈 n, cioè non sono radici dell'unità di indice minore di n.
Tale è, qualunque sia n, la
e in ogni caso il numero delle radici nme primitive dell'unità è uguale al numero ϕ (n) degl'interi non superiori ad n e primi con esso (v. aritmetica: Aritmetica superiore, n. 4). Se ε è una radice nma primitiva dell'unità le sue successive potenze εo, ε, ε2, ..., εn-1 dànno tutte le radici nme dell'unità. Le ϕ (n) radici nme primitive dell'unità sono le radici di una certa equazione algebrica di grado ϕ (n), a coefficienti interi, che è irriducibile nel campo di razionalità assoluto (L. Kronecker, 1854).
Primitiva di una funzione. - Nell'analisi integrale si dicono primitive di una funzione f (x) le funzioni che ammettono la f (x) come derivata. Se Φ (x) è una di esse, tutte le altre sono date da Φ (x) + c, dove c indica una costante arbitraria; e quest'ultima espressione si chiama "integrale indefinito della f (x)" e si denota con
Per ogni primitiva Φ (x) della f (x) vale la formula fondamentale (Torricelli-Barrow)
V. integrale: calcolo, n. 4.
Gruppi primitivi e imprimitivi. - È questa una ripartizione dei gruppi transitivi, che nella teoria dei gruppi ha un ufficio essenziale (v. gruppo).
Un gruppo transitivo di ordine finito, che si può sempre supporre rappresentato da un gruppo di sostituzioni su di un certo numero n di elementi, si dice imprimitivo, quando codesti n elementi si possono ripartire in sistemi (detti d'imprimitività), contenenti ciascuno un ugual numero di elementi e tali che ogni singola trasformazione del gruppo o lasci ciascun elemento nel suo sistema oppure porti simultaneamente gli elementi di ogni sistema in quelli di un altro (presi in un ordine opportuno). Il gruppo si dice invece primitivo, quando non è possibile una tale ripartizione degli elementi su cui opera.
Un gruppo transitivo continuo (finito o infinito), operante nel piano, si dice imprimitivo, se esiste un sistema (detto d'imprimitività) costituito da ∞1 curve tali, che ogni trasformazione del gruppo o trasformi in sé ciascuna di codeste curve oppure le trasformi le une nelle altre. Il gruppo si dice invece primitivo, se non esiste una tale famiglia di curve.
In modo analogo si definiscono la primitività e l'imprimitività di un gruppo continuo transitivo dello spazio ordinario o anche di uno spazio a un qualsiasi numero n di dimensioni. Ma nello spazio ordinario il sistema d'imprimitività può essere costituito o da ∞2 curve o da ∞1 superficie, ed è pur possibile che si abbiano simultaneamente sistemi d'imprimitività delle due specie. Così in uno spazio a n dimensioni si possono presentare sistemi d'imprimitività di n − 1 specie diverse (che possono anche coesistere), costituiti da ∞n - r varietà Vr a r dimensioni, per r = 1, 2, ..., n − 1. Sulla retta e nello spazio ordinario i gruppi continui primitivi finiti sono stati determinati da S. Lie e nello spazio a cinque dimensioni da G. Kowalewski; mentre nel caso dei gruppi continui infiniti sono stati determinati da E. Cartan tutti i tipi primitivi in ogni spazio a quante si vogliano dimensioni.