primavera
Nel Convivio il sostantivo indica la prima delle quattro stagioni in cui si suddivide l'anno: queste parti si fanno simigliantemente ne l'anno, in primavera, in estate, in autunno e in inverno (IV XXIII 14); corrisponde dunque all'aurora e all'età giovanile dell'uomo.
In p. la terra è disposta a ricevere in sé la informazione de l'erbe e de li fiori (II 7) più che in ogni altra parte dell'anno; perciò la p. è la stagione; del perenne rinnovarsi della natura. Essa è anche il tempo in cui arrivano le rondini; ma una rondine non fa primavera (I IX 9), come afferma Aristotele: " una enim hirundo non facit ver " (Eth. Nic. I 6, 1098a 18-19); frase divenuta proverbiale.
Nel Paradiso terrestre la p. può estendersi a tutto l'anno: qui primavera sempre e ogne frutto (Pg XXVIII 143); il passo è ispirato a Ovidio Met. I 107-109, dove si favoleggia dell'età dell'oro. Questa eterna p. dell'Eden va interpretata come simbolo della condizione d'innocenza precedente al peccato originale: " lo stato della innocenzia... è in perpetua primavera; non è molestato né dal caldo dell'eccessiva cupidità, né dal freddo dello excessivo... timore " (Landino).
Con un ovvio traslato (Pd XXVIII 116 L'altro ternaro, che così germoglia / in questa primavera sempiterna / che notturno Arïete non dispoglia) p. viene a significare la " beatitudine " (Buti) delle anime e la " perpetua gloria " (Vellutello) del Paradiso: " in caelo... est sempiterna viriditas " (Benvenuto). E se l'Empireo è una p., gli angeli sono gli alberi che in essa germogliano, i fiori che vi sbocciano: " l'immagine riesce alquanto inattesa e non sgorga necessariamente dal contesto... e tuttavia non è ridondante, poiché ad un tratto codesti particolari si confondono coll'insieme, facendo lampeggiare d'un riso primaverile tutta la scena " (Parodi, Lingua 213).
Un'altra evidente ispirazione ovidiana si ha in Pg XXVIII 51 mi fai rimembrar... qual era / Proserpina nel tempo che perdette / la madre lei, ed ella primavera; i commenti ricordano Met. V 385-408, ma divergono nell'interpretazione di ciò che Proserpina, rapita da Plutone presso Enna, perdette. Per suggestione del passo ovidiano (cfr. in particolare il v. 399 " collecti flores tunicis cecidere remissis ") p. viene spiegata come equivalente a " li fiuri ch'ella cogliva " (Lana), " flores quos legerat et in gremio habebat " (Serravalle). Ma già il Buti interpreta p. in .senso più vasto: " lo prato e la verdura, nella quale ella era a cogliere fiori ", cioè " la perduta amena regione onde fu rapita " (Lombardi). Più debole una terza interpretazione: " il fiore della verginità " (" flos temporis " di Sap. 2, 7). La prima interpretazione è confermata da Pd XXX 63 vidi lume informa di rivera / fulvido di fulgore, intra due rive / dipinte di mirabil primavera. D. vuol dare l'immagine di " fiori mirabili a vedersi per il numero grande e per la vivezza dei colori ", così belli che in confronto " scolorisce la primavera ammirata a destra e a sinistra della sponda del Lete, pallida immagine di questa divina fiumana " (Pietrobono). L'immagine della p. porta come conseguenza che i beati sono visti come fiori(v. 65) e gli angeli come faville (v. 64) che vi s'immergono, inebriate da li odori (v. 67) a somiglianza di api.
V. la voce seguente.