PRIMAVERA SACRA
. Era un voto pubblico (ver sacrum vovere) che il magistrato, a nome del popolo romano, faceva agli dei di consacrare ad essi tutti i nati della ventura primavera, vegetali, animali e uomini. I vegetali venivano offerti e gli animali sacrificati da ciascun cittadino nel fondo dove erano nati. I neonati umani non venivano uccisi, almeno in epoca storica, ma, divenuti adulti, erano come votati alla divinità e perciò non più appartenenti alla comunità; banditi dai confini della patria, andavano a fondare altrove una colonia. La formula di questo voto, che Tito Livio (XXII, 10) ci ha conservata, era minuziosamente circostanziata e prevedeva, per sanarli in radice, tutti i casi d'inadempienza non dipendenti dal buon volere: la premorienza o il furto degli animali, il sacrificio di essi compiuto fuori del tempo o delle circostanze volute.
Questo rito antichissimo, che L. Pigorini ricollega all'orientazione primaverile delle terremare, si ritrova anche nel mito delle origini picene, in quanto i Piceni sarebbero Sabini sciamati dal paese nativo per voto di una primavera sacra e guidati da un picchio fino alla regione picena (Plin., Nat. Hist., III, 18).