PRIENE (Πριήνη, Priene)
Città ionica dell'Asia Minore. Il suo nome, evidentemente connesso con quello della città cretese Priansos, costituisce uno dei tanti indizî del collegamento preistorico fra Asia Minore e Creta, che si lascia interpretare in varî modi: anche le notizie di una primitiva occupazione da parte di Carî, Lelegi, ecc., non significano altro per noi se non la preesistenza di popolazioni pregreche. Accanto agli Ioni invasori (almeno sec. XII a. C.) si lasciano dimostrare a Priene, come in altre città ioniche, infiltrazioni beotiche: donde il nome di Cadme, che, secondo alcune notizie, la città avrebbe avuto, e la tradizione che uno dei sette savî, Biante di Priene, fosse di origine tebana. Priene partecipò quasi certo sin dall'origine alla lega ionica; con un gruppo di città ioniche nel sec. VIII circa cooperò alla distruzione della città consorella di Melia, sul cui territorio, spartito fra i vincitori, fu eretto il santuario panionico di Posidone Eliconio. Dalla spartizione derivarono contese, soprattutto fra Priene e Samo, che si prolungarono fino nell'età ellenistica: ci restano appunto alcuni documenti di arbitrato al riguardo. Nel secolo VII ebbe gravemente a soffrire delle irruzioni dei Cimmerî e passò sotto il dominio lidico e più tardi sotto quello persiano. È notevole che essa non abbia mai svolto attività colonizzatrice e che nemmeno ci sia nota come città commerciale: tuttavia è da postularsi il solito passaggio da un regime monarchico, che si riconnetta alla mitica figura di Neleo (v.), a un regime di aristocrazia terriera e commerciale. All'insofferenza di quest'aristocrazia per il dominio persiano va riportata la partecipazione di Priene alla ribellione delle città ioniche a cui essa contribuì con una flotta di 12 navi. La fine della ribellione (494) provocò la quasi totale distruzione della città. Dopo la liberazione della Ionia in seguito alla vittoria greca di Micale (479), Priene lentamente risorse, ma restò fino all'età ellenistica una cittadina insignificante: nella lega delioattica, a cui aderì, pagava un tributo molto lieve. La ricostruzione della città, che prese più intenso ritmo nel sec. IV, poco prima di Alessandro Magno, non coincide, com'è noto, con l'antica sede, la quale è rimasta ignota anche dopo gli scavi moderni.
Per l'influenza ateniese, perdurata anche dopo che, nella seconda fase della guerra del Peloponneso, Priene ricadde sotto il predominio persiano, esplicitamente riconosciuto poi dalla pace di Antalcida (386), è da ricordare che le antiche tribù ioniche furono sostituite in Priene dalle tribù clisteniche. Priene conservò una certa autonomia anche durante il dominio persiano: la riebbe finalmente intera da Alessandro (334), che favorì la città in molti modi. Durante il periodo ellenistico, pur restando città libera, passò sotto il predominio di Antigono Monoftalmo e Demetrio Poliorcete, poi di Lisimaco di Tracia e dei Seleucidi, con qualche interruzione di predominio tolemaico. Dopo la pace di Apamea (188) Priene rimase alleata dei Romani, di fatto sottoposta al controllo del vicino regno pergameno. Nel 133 entrava a far parte della provincia romana di Asia. È incerto se abbia perduto la libertà dopo che l'insurrezione antiromana dell'Asia Minore capitanata da Mitridate Eupatore fu domata (85 a. C.). Tutto ciò che noi conosciamo della vita interna di Priene nel periodo ellenistico e romano per merito degli scavi veramente rivelatori (Priene è una delle città meglio conosciute dell'Asia) ci lascia cogliere la modesta vita provinciale economicamente prospera, soprattutto nei primi due secoli dell'Impero, animata dalla generosità e dal forte senso civico dei cittadini più ricchi, fortemente interessata all'attività religiosamente superficiale e politicamente insignificante della lega ionica restaurata da Alessandro: Priene forniva i sacerdoti del tempio di Posidone Eliconio, finché esso fu il santuario federale ionico, e anzi da una famiglia di Priene si traeva il cosiddetto "re degli Ioni". Anche con la decadenza, che si accentua dal sec. III d. C. in poi, Priene continuò ad avere una qualche importanza come centro cristiano.
Topografia. - Il sito di Priene, visitato dalla spedizione dei dilettanti inglesi del 1765 e da R. P. Pullan per conto della stessa società nel 1869, che ne cavarono epigrafi e sculture, fu rovistato con gravi danni negli anni seguenti, quando fra le fondazioni della statua di Atena furono trovate monete d'argento d'Oroferne e laminette auree, ed ebbe inizio una furiosa distruzione delle rovine da parte degli abitanti del vicino villaggio turco di Kelebesh. I francesi O. Rayet e A. Thomas nel 1873, nella loro esplorazione del golfo Latmico, trovarono le rovine in condizioni pietose. Ricerche sistematiche, iniziate da C. Humann nel 1895, furono continuate sino al 1898 da T. Wiegand e da H. Schrader, assistiti dagli architetti R. Heyne e G. Wilberg, a cura del museo di Berlino. Esse costituiscono, anche per la pubblicazione che ne è stata fatta in modo rapido e perfetto, un caposaldo delle nostre conoscenze sul mondo ellenistico.
Priene primitiva sorgeva probabilmente nella pianura, che i detriti d'alluvione del Meandro hanno gradualmente ricoperto. Ma con la ricostruzione ateniese della metà del sec. IV, la città si sposta sul pendio del colle di Micale, che, con le ripide pareti ricadenti da ogni lato, offriva sito adatto per un'acropoli. Benché la configurazione della costa fosse nell'antichità profondamente diversa dall'attuale, variata per gl'interramenti del Meandro, il mare, pur restando assai più prossimo alla città, non la raggiungeva, e il porto di Nauloco si trovava a una certa distanza, sulla riva settentrionale della grande laguna (Gaisonis Limne). È questo il teatro della battaglia di Micale (v.). Costruita ex novo dagli Ateniesi e continuata sul medesimo piano da Alessandro (334) e da Attalo II di Pergamo, fu, per ciò stesso, possibile fondare l'organizzazione urbana di Priene su criterî unitarî, mentre il pendio sul quale veniva a sorgere imponeva il prevalere di motivi scenografici. Da ciò deriva la particolare importanza di P. nella storia dell'urbanistica, in cui essa rappresenta, se non il più antico, certo il più noto esempio di un piano regolatore elaborato e sistematico. Sul terreno, sistemato a terrazze mediante potenti muraglioni, s'innalzano le case, il ginnasio, il mercato, il tempio di Atena, il santuario di Demetra; su di essi domina, dalla roccia aguzza, l'alta acropoli detta Teloneion. Si suole confrontare l'aspetto d'insieme che doveva offrire Priene con quello di Assisi; ma più preciso riscontro ci offre la città di Noto, in Sicilia, sorta anch'essa ex novo su di un colle, per essersi spostata dal suo antico sito dopo il terremoto del 1693, ed essersi sviluppata, per un felice incontro di criterî-base e di circostanze di fatto, su di un piano di vie rettilinee svolte secondo il pendio, e di sistemazioni a terrazze con effetti di prospettiva.
Interrotta a forma di sega nella parte inferiore, nella superiore rinforzata da torri, la cinta di mura di Priene, che è di uno spessore variabile dai 2 ai 6 m., ha un circuito di 2 km. e mezzo. Essa corre rettilinea a S., sale a sinistra e a destra al monte, mancando qua e là sul suo aspro pendio, e forma sulla cima del colle un quadrangolo, l'Acropoli, che in periodo bizantino fu rimaneggiato e allargato. A metà del sentiero a scala che reca sull'Acropoli era un santuario ricavato dalla roccia, che nondimeno non s'identifica con l'herčon dell'eroe Telon che dava il nome alla fortezza.
La città inferiore era divisa, da strade che si tagliano ad angolo retto, in un'ottantina di rettangoli di circa m. 35 × 47. Per le maggiori costruzioni furono riuniti varî di questi rettangoli. Le 8 strade principali, che corrono da O. a E., sono larghe m. 5-6. Due di esse conducono alle porte principali di O. ed E., una alla porta secondaria, che era posta di fronte a una fontana. Le 16 strade secondarie in direzione N.-S. misurano circa m. 3,50 di larghezza. Tutte hanno un lastricato di breccia, un canale e tubi per la conduttura delle acque. Imponente è il complesso degli spianamenti di roccia e dei bastioni di sostegno. Il grandioso mercato o agorà costituisce il centro della città; esso è a forma rettangolare (m. 128 × 95), circondato su tre lati da sale a colonne doriche e sul quarto da un grandioso portico sacro, lungo m. 161, elevato su sette gradini con colonne doriche e ioniche; esso fu fondato da Oroferne a metà del secolo II a. C. Nel centro sorgeva l'altare di Zeus, e all'intorno statue onorarie, le cui basi costituivano spesso esedre rotonde o rettangolari. Le pareti interne del portico sacro erano coperte d'iscrizioni, che ci offrono dati sui movimenti politici del secolo II-I a. C. La parete O. è ricostruita nel museo di Pergamo a Berlino. Dietro al portico è una serie di vani, che servivano come uffici, Ecclesiasterio o Buleuerio (v.) e il Pritaneo.
Il Pritaneo è trasformato da riadattamenti romani. Consta di una corte con passaggi laterali; nella corte è una tavola marmorea con bacino per l'acqua, e in uno dei lati un focolare, che è forse quello che custodiva il fuoco perpetuo della città.
A oriente del mercato era il tempio di Asclepio, prostilo tetrastilo ionico, senza fregio, davanti al quale era un altare. Più in alto del Pritaneo e dell'Ecclesiasterio si trova il santuario principale, dedicato, secondo una iscrizione, nel 334 da Alessandro ad Atena Poliade. Era un perittero ionico di 6 × 11 colonne, senza fregio sull'architrave, costruito da Pitea, l'architetto del mausoleo d'Alicarnasso. Oroferne dedicò la statua di culto di quasi m. 7 d'altezza, imitata dalla Parthenos fidiaca. Davanti era un grande altare (m. 7 × 13) con figure in altorilievo fra semicolonne ioniche. Sono poco lungi il ginnasio, ricostruito in periodo romano, il recinto d'Iside e delle divinità egizie, con piccolo propileo a NO., un colonnato nella parte O. e un altare, e il teatro. Del teatro si conservano otto gradini; aveva un diazoma, 5 kerkides e sei scale. I sedili sono divisi dall'orchestra da un canale; più tardi 5 sedili ornati di zampe di leone furono destinati alla proedria e in mezzo fu posto un altare. La scena, lunga circa m. 18, constava originariamente di tre vani, la cui parete posteriore dava sulla strada; essa ha offerto larga messe di osservazioni per il noto problema della scena del teatro ellenistico. Presso il teatro è la chiesa principale d'età bizantina; un'altra chiesa più piccola, con quattro absidi, è prossima al tempio di Atena. Pochissimo avanza di un tempio di Demetra e Kore, in antis, di forma singolare, che era coperto con tegole lignee; in esso si trovava un podio, in cui erano due tavole per i sacri banchetti; vi furono rinvenute statuette votive di terracotta.
Molto importanti sono le case private, specialmente sulla via principale; da esse soltanto conosciamo l'abitazione del periodo classico, che si differenzia dal tipo pompeiano. I locali inferiori si aprivano sulle strade ed erano destinati a negozî e laboratorî. La pianta di queste case offre molte varietà: comune a tutte è una corte rettangolare, priva generalmente del peristilio pompeiano, ma con un colonnato parziale sulla quale s'apriva un'anticamera (οἶκος), e posteriormente un vano, un'esedra, una stanza da pranzo; la cucina si faceva probabilmente nell'anticamera, su fornelli mobili a carbone; stanze da letto e camere si aggruppavano variamente intorno. Un secondo piano talvolta s'innalza, per lo più come abitazione per le donne, su di una parte soltanto del pianterreno. Mancano le finestre. Le decorazioni delle pareti, costruite in bei blocchi rustici o a schegge, e che si sono salvate generalmente per uno o due metri di altezza, vanno considerate il prototipo del cosiddetto primo stile della pittura pompeiana, con incrostazioni di marmi a colore e stucchi che li imitano. Dentelli, fregi dorizzanti, colonne ioniche avanzano della decorazione architettonica, in cui era fatta parte a figure in terracotta, eroti, vittorie, maschere e teste d'animali.
Tavole e bacini per acqua su alti piedi, come a Pompei, e del pari avanzi di letti, lampade, vasi di bronzo e ferro, sedili per bagno e macine di pietra completano all'interno il quadro di queste abitazioni.
Nella terrazza inferiore presso le mura S., nel sec. II a. C. fu aggiunto uno stadio, lungo m. 190, che, con aderenze al terreno declive, ha solo a N. dei sedili sormontati da peristilio. Qui è il ginnasio più recente, con parecchie sale e in centro l'efebeo, nelle cui pareti sono iscritti innumerevoli nomi; nell'angolo esiste un bel lavatoio con bacino, in cui l'acqua scendeva da teste leonine.
Sono infine da ricordare i bacini di raccolta dell'acqua, che in buona quantità veniva per gli usi cittadini dalle più alte pendici sovrastanti del Micale (m. 800), e veniva da qui distribuita. Questi bacini sorgono a O., presso una torre della cinta. (V. tavv. LXV e LXVI).
Bibl.: Th. Lenschau, De rebus Prienensium, in Leipziger Studien zur klassischen Philologie, XII (1890), p. 111 segg.; U. v. Wilamowitz-Möllendorff, Panionion, in Sitzungsb. berl. Akad., 1906, p. 38 segg.; F. Hiller von Gärtringen, Inschriften v Priene, Berlino 1906; Th. Wiegand, Priene, in Neue Jahrbücher f. das klass. Altertum, 1910, p. 545 segg.; E. Ziebarth, Kulturbilder aus greichischen Städten, 3ª ed., Lipsia e Berlino 1919, p. 37 segg.; Th. Wiegand e H. Schrader, Priene, 1895-98, Berlino 1904; G. Cultrera, Architettura Ippodanea, in Mem. dell'Accad. dei Lincei, s. 5ª, XVII (1924), p. 52 segg.; Ad. Michaelis, Un secolo di scoperte archeologiche, trad. ital., Bari 1912, p. 200 segg.