PRIAPO (Πρίαπος, Priāpus)
Divinità degli antichi Greci, simbolo dell'istinto sessuale e della forza generativa del maschio e, secondariamente, anche della virtù generativa degli animali e della fecondità della natura.
Sede principale del più antico culto di questo dio fu la città di Lampsaco; ma non v'è dubbio ch'esso era ugualmente indigeno in tutto il territorio dell'Ellesponto e della Propontide, come nelle città di Pario, Priapo, Cizico, nelle quali era in special modo noto e venerato. Da questa regione il culto di P. si diffuse prima nella Lidia, a Lesbo e a Taso; poi nel resto della Grecia, ove lo troviamo, qua e là, fin dal sec. VI a. C., ma dove fiorì specialmente in età ellenistica; infine in Italia e a Roma. Sull'etimologia e il significato del nome non sono concordi i moderni; è probabile però che esso non possa ritenersi indo-europeo: in tal caso, l'origine di questa figura divina è da farsi risalire alla popolazione prearia della Troade.
Come genio della generazione e della fecondità, veniva venerato nei campi, nelle vigne, nei giardini; ma era anche riguardato come protettore della pastorizia e della pesca, e, nei misteri dionisiaci, lo si invocava come simbolo della natura che inesauribilmente crea e rigenera le infinite forme di vita; e, in questo significato, la sua immagine si collocava anche sulle tombe.
Benché in Lampsaco si riguardasse il suo nome come un epiteto di Dioniso, nella mitologia P. passava per figlio di Dioniso e di Afrodite, con la quale divideva specialmente la protezione dei giardini. Lo si considerava anche molto affine ad Eros, inteso nel suo aspetto fisico, e a Sileno, e, del pari che a questo, gli era sacro l'asino, che gli veniva ordinariamente sacrificato.
A Roma e in Italia la religione di Priapo fiorì specialmente dall'età di Augusto in poi; ma è certo ch'esso vi era noto anche prima. Al più tardi, si può pensare che si sia avuta in Italia notizia di Priapo e del suo culto quando il regno di Pergamo passò in dominio dei Romani; ma è probabile che ciò sia avvenuto anche prima, dato che in ogni parte della Grecia esso era venerato dopo il sec. III a. C.
Nelle religioni italiche, fu affidata a P. specie la tutela dei giardini: come divinità itifallica, si reputa da alcuni ch'esso abbia preso, a Roma, il posto dell'antico e ormai obliterato Mutinus Tutinus.
Priapo veniva rappresentato sotto diverse immagini, secondo che era posto nei giardini, a protezione contro gli uccelli e i ladri, oppure nei luoghi di culto. La sua immagine cultuale era quella di un vecchio barbato e lascivo, vestito alla foggia asiatica, di un berretto e di un cappotto colorato. Come hortorum custos, era rappresentato per lo più nudo o sommariamente vestito, con accentuato carattere fallico - per stornare il malocchio degl'invidiosi -, con in mano una roncola o una marra e con in testa una canna che, mossa dal vento, spaventava gli uccelli.
Bibl.: C. Bötticher, Der Baumkultus der Hellenen, Berlino 1856; O. Crusius, Beiträge zur griech. Mythologie und Religionsgeschichte, prog., Lipsia 1886; F. Cumont, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités, IV, 645 segg.; O. Jessen, in Roscher, Lexikon der griech. und röm. Mythologie, III, ii, 2967 segg.; L. Preller e C. Robert, Griech. Mythologie, 4ª ed., Berlino 1887, p. 735 segg.; H. Herter, De Priapo, Giessen 1932.