PREZZO
. È una delle nozioni più elementari dell'economia, in quanto si connette a ogni fenomeno di scambio, e al concetto di valore (di scambio) col quale è stato talora confuso. Il fatto originario dal quale dobbiamo partire per intendere il concetto di prezzo è quello di trasferimento o cambio volontario di proprietà di determinati beni economici fra due o più individui. Il prezzo non esiste nell'economia di Robinson isolato, che pure compie numerosi atti economici; presuppone uno scambio, cioè un doppio trasferimento volontario reciproco di ricchezza fra due proprietarî, ciascun trasferimento essendo in considerazione dell'altro. Del prezzo si sono date due definizioni. L'una lo considera una sottoforma del valore di scambio, cioè del rapporto, in generale, in cui una merce (o un bene qualsiasi) si scambia con un'altra: prezzo è il valore di un bene espresso in moneta: e poiché in qualunque paese civile la moneta è la sola misura usata per i valori, prezzo è divenuto sinonimo di valore (Ch. Gide). L'altra definizione, più rigorosa, e oramai prevalente nella teoria economica, inverte la relazione, considerando il prezzo come antecedente del concetto di valore. Valore di un bene A espresso in termini del bene B è il rapporto di scambio fra A e B, il numero di unità di B che si dà in cambio di un certo numero di unità di A. Ciò presuppone 1. che si adotti nei rapporti di scambio un'unità di misura per ciascuno dei beni scambiati; 2. che si moltiplichi il prezzo di A per il numero di unità oggetto dello scambio. Prezzo di A in termini di B è il numero di unità di B date in cambio dell'unità di misura di A. II "valore" non è che il prezzo moltiplicato per il numero di unità del bene di cui si esprime il valore, le quali sono oggetto di un determinato scambio.
Nel linguaggio pratico, poiché i beni economici si scambiano contro moneta, o comunque questa si assume come intermediario di ogni scambio, i prezzi s'intendono espressi in moneta, significandosi per prezzo il numero di unità (o frazioni) monetarie date in cambio dell'unità di misura del bene, merce o servizio, di cui si vuol esprimere il prezzo. Spesso il concetto si enuncia con frasi elittiche, riferendosi per convenzione tacita a un'unità di misura praticamente adottata in un dato genere di scambî. Es.: "oggi il prezzo del grano tenero a Milano è di L. 90", frase in cui ci si riferisce implicitamente a scambî, effettivi o possibili, fra il grano tenero e la moneta italiana, assumendo come unità convenzionale il quintale. La teoria economica estende il concetto di prezzo (generale e monetario) a ogni rapporto di scambio, cui la pratica ha dato nomi diversi. È un prezzo tanto il corso del consolidato 5% (si assume come unità un titolo del valore capitale di L. 100 nominali), la quotazione del dollaro o della sterlina, quanto il salario (prezzo dei servizî personali), il saggio d'interesse (prezzo dei beni nel tempo, riferito a 100 unità monetarie per il periodo di un anno), la rendita fondiaria (prezzo dei servizî dei capitali immobiliari).
Il concetto di prezzo economico presuppone la volontarietà dello scambio (che non va confusa con la libera determinazione del prezzo in base alle condizioni del mercato); non può parlarsi propriamente di prezzo economico là dove c'è trasferimento involontario o unilaterale di ricchezza: così, nei rapporti privati, quando si tratti di furti o rapine, donazioni e successioni; e, nei rapporti con gli enti pubblici, quando si verifichi un prelievo coattivo di ricchezza da parte di questi ultimi, mediante imposte, multe, contributi speciali, tasse per servizî pubblici il cui uso è obbligatorio. Nei rapporti fra privati ed enti pubblici si parla tuttavia di prezzo sempre che vi sia scambio volontario: così sulle tracce di E. R. Seligman, la dottrina finanziaria parla di "prezzi quasi-privati" (o quasi-economici) quando vi è scambio economico di prodotti di beni pubblici, connesso alla tutela di certi interessi collettivi; di "prezzi pubblici", quando vi è ancora scambio volontario, ma il prezzo è stabilito dall'ente in considerazione di certi fini dello stato (tariffe dei servizî industriali pubblici, tasse per servizî il cui uso è facoltativo per il privato). Solo alterando il concetto economico di prezzo, si può (come varî autori fanno) riferire questo termine alle imposte propriamente dette. Diverso è il caso dei prezzi legali: lo stato, o altri enti pubblici, possono stabilire con norma generale coattiva prezzi che debbono essere applicati, al di sopra o al di sotto dei quali non possono accordarsi i privati nelle loro contrattazioni reciproche. Il prezzo si riferisce in questi casi non a scambî di beni o servizî pubblici con privati, ma a scambî fra privati; anziché essere determinato dalle condizioni di mercato è fissato a un certo livello o entro certi limiti dall'autorità pubblica; e i privati, ove non violino le norme dei prezzi legali, debbono adeguare a questi le domande e offerte e in genere il loro comportarsi nelle transazioni reciproche. Prezzi legali si hanno quando l'autorità stabilisce determinati prezzi massimi o di calmiere per le derrate; un salario minimo per certe categorie di operai; un tasso d'interesse massimo per i mutui stipulati fra privati; un corso ufficiale obbligatorio dei cambî, ecc., a prescindere da tutti i procedimenti indiretti con cui l'autorità può agire sui rapporti di scambio, pur lasciando formalmente libero il determinarsi di quest'ultimo (dazî protettivi d'importazione o esportazione; divieti d'importazione o d'esportazione; saggi d'interesse di favore praticati da istituti pubblici di credito, ecc.). La determinazione di prezzi legali costituiva una pratica diffusa nell'economia medievale e delle monarchie assolute; e tale diventa tuttora in periodi di gravi turbamenti economici e politici (es. guerre). Nell'economia corporativa la determinazione di prezzi in base a criterî pubblici è destinata ad avere importanza crescente.
Si distinguono i prezzi effettivi (che si stabiliscono in scambî concreti) da quelli virtuali, che potrebbero applicarsi in date condizioni di mercato se si effettuassero scambî o che si avrebbero qualora si verificassero certe ipotetizzate condizioni di mercato. Si dicono prezzi di domanda quelli ai quali un consumatore, o una collettività di consumatori, è (o sarebbe) disposta ad acquistare determinate quantità di un bene economico; prezzi di offerta quelli ai quali produttori e intermediarî sono disposti a venderne determinate quantità; prezzi di mercato quelli che, risultando dall'accordo fra richiedenti e offerenti hanno la proprietà di eguagliare (in pratica, tendono ad eguagliare) quantità domandate e offerte. Il prezzo può essere unico (quando per tutte le unità, tecnicamente fra di loro identiche, scambiate in un dato momento nell'intiero campo del mercato, si stabilisce un eguale rapporto di scambio); o variabile (sistema dei prezzi multipli, differenziati, discriminati, quando per unità identiche si stabiliscono prezzi diversi in funzione delle possibilità e condizioni degli acquirenti). La seconda forma di prezzi trova applicazione anche in regime di relativa concorrenza delle offerte; ma è più frequente e più efficace quando l'offerta può essere regolata, anche se non esiste perfetto monopolio. In molti casi l'applicazione di prezzi variabili è facilitata da differenziazioni formali delle unità vendute a prezzi diversi, mentre poca o nessuna differenza esiste fra i costi delle unità stesse: si può parlare di prezzi variabili sempre quando la differenza fra i prezzi è molto superiore a quella fra i costi delle diverse unità.
In quanto presuppone lo scambio, il prezzo è elemento indispensabile per precisare e definire i fattori fondamentali dello scambio stesso: la domanda e l'offerta, che non hanno alcun significato se non sono intese e poste in rapporto a un prezzo o a una scala di prezzi. D'altra parte, la teoria economica ha dapprima identificato in questi fattori le cause determinanti il prezzo di una merce o bene. Data una certa curva di domanda collettiva (v. domanda) e un complesso di offerenti che hanno ottenuto le quantità disponibili per la vendita a costi unitarî diversi, il prezzo tende a stabilirsi al livello definito dall'incontro delle due curve, al livello cioè al quale il prezzo che il consumatore marginale è disposto a pagare prima di rinunziare all'acquisto e il costo unitario del venditore effettivo marginale, ossia in più sfavorevoli condizioni, si eguagliano. Ogni modificazione che si verifichi nella curva di domanda o in quella di offerta (p. es. un aumento del bisogno del bene, un aumento dei redditi dei suoi consumatori, una variazione della tecnica produttiva, ecc.), modificando il punto d'incrocio delle due curve, porta a modificare il prezzo di mercato e la quantità effettivamente scambiata. Questa legge si riferisce specie alla formazione del prezzo in condizioni di concorrenza (molti richiedenti; molti offerenti non fra di loro sindacati: v. concorrenza). Il prezzo risponde ad altre determinanti nell'ipotesi di monopolio (v. monopolio), in cui viene fissato dall'offerente a quel livello che, data la curva collettiva della domanda, assicura al venditore il maggior utile netto globale. Le indagini della scuola matematica hanno messo in luce l'imprecisione e parzialità di queste nozioni: il prezzo di ciascun bene non è solo in rapporto con la sua domanda e offerta, ma costituisce un dato di un sistema d'elementi legati da mutue dipendenze: come le domande dei varî beni da parte di ciascun individuo sono interdipendenti per i rapporti che intercedono fra i bisogni soggettivi e per la limitazione dei mezzi disponibili; e così le offerte, per la limitazione dei fattori disponibili e le condizioni della tecnica produttiva; i prezzi sono a lor volta interdipendenti fra di loro e con tutte le altre condizioni del mercato. Per esprimere questa interdipendenza si è usato un sistema di equazioni simultanee in cui, supponendo nota la quantità di ciascun servizio produttivo posseduta da ogni individuo, i gusti degl'individui, lo stato della tecnica produttiva, i prezzi figurano come incognite, il problema essendo determinato quando il numero delle relazioni indipendenti (equazioni) è uguale al numero delle incognite (prezzi). Là dove i prezzi sono determinati dall'autorità pubblica diventano incognite le quantità scambiate e restano tali i prezzi dei beni non controllati. Con V. Pareto (Manuale di economia politica, c. III, §§ 22-151) la teoria è giunta a un grado ancor maggiore di astrazione e sintesi, indicando le condizioni dell'equilibrio dei gusti (dei consumatori), degli ostacoli (dei produttori), e dell'equilibrio generale fra gusti e ostacoli, senza far uso, nei limiti del possibile, dei prezzi.
Oltre che da questi vincoli generali d'interdipendenza, i prezzi possono essere fra di loro legati da relazioni speciali di natura tecnica o psicologica, e lo sono dal fatto che tutti si esprimono in moneta, per cui la convenienza ad acquistare o dare una certa quantità di un bene a un dato prezzo in moneta, dipende dal potere d'acquisto della moneta rispetto agli altri beni. Vincoli speciali fra i prezzi sono quelli che derivano dai rapporti (oggettivi) di complementarità fra beni che debbono esser combinati fra loro in determinata misura e forma per raggiungere certi scopi economici; di surrogabilità, per cui certi beni possono esser sostituiti ad altri nel soddisfacimento di determinati bisogni; di congiunzione dei costi (qualora più beni risultino dallo stesso processo produttivo). Ma soprattutto importanti sono i rapporti fra i prezzi, che derivano dal fatto di essere espressi tutti in moneta. Questa condizione è necessaria a spiegare le variazioni che si verificano nei prezzi senza derivare originariamente da variazioni delle domande e delle offerte, dei bisogni e della tecnica produttiva (per quanto in seguito anche su queste si riflettano), bensì per modificazioni della quantità, della velocità di circolazione, del costo di produzione, del bisogno generale della moneta. L'insieme dei prezzi espressi in moneta, che in tutti gli scambî e transazioni di un mercato si stabiliscono in un dato momento, costituisce il livello generale dei prezzi, ossia il reciproco, l'inverso del potere d'acquisto della moneta. Se Pgm è il prezzo del grano espresso in moneta (il numero d'unità di moneta date in cambio dell'unità di misura del grano),
sarà il potere d'acquisto della moneta rispetto alla merce grano. Ripetendo questo concetto per tutti i beni o servizî oggetto di scambio in un dato paese e momento, si avrà che il reciproco del complesso di tutti i prezzi indica la capacità generale di compera o potere d'acquisto della moneta. Due serie di problemi sorgono a questo proposito: 1. quali condizioni determinano, o risultano più direttamente connesse al livello generale dei prezzi e quindi al potere d'acquisto della moneta e loro variazioni?; 2. come può espressione semplice e sintetica, che consenta di seguirne con sufficiente approssimazione le variazioni nel tempo? Al primo problema risponde la teoria della moneta. La formula più completa cui questa era giunta può considerarsi l'"equazione dello scambio" di I. Fisher (The Purchasing Power of Money; New York 1911) dalla quale si desume
(in cui P è la media ponderata dei prezzi di tutti i beni, T è il volume degli scambî, la somma delle quantità di tutti i beni scambiati contro moneta nel periodo considerato; M la quantità della moneta, statale e bancaria; V la velocità media di uso o circolazione della moneta); che, cioè, il livello dei prezzi varia in ragione diretta della quantità e velocità di circolazione della moneta e in ragione inversa del volume del traffico. La formula è stata criticata in quanto semplice truismo inadatto a indagare l'ordine causale dei fenomeni che vi sono rappresentati (J. M. Keynes, A Tract on monetary Reform, Londra 1922 e A Treatise on money, I, Londra 1930; A. Aftalion, Monnaie, prixi et change, Parigi 1927; D. H. Robertson, Money, Londra 1928); e si è cercato di sostituire ad essa formule meno chiare, ma più adatte allo studio o espressione delle forze dalle quali dipendono le variazioni del potere d'acquisto della moneta.
Più direttamente attinente al concetto di prezzo è il secondo problema. Prescindiamo dalla discussione che nella teoria monetaria si fa se esista o abbia un significato preciso la nozione di "livello generale dei prezzi", se abbiano un significato preciso (e quale esso sia) le variazioni di questo livello distinte dalle variazioni (reciproche, relative) dei singoli prezzi, riferibili quindi non alle cause specifiche che modificano questi ultimi, ma al solo elemento-moneta. Certo è venuto prevalendo sempre più il concetto di indice dei prezzi come prezzo di una merce composita e quindi sotto forma di media ponderata di certi gruppi di prezzi. Teoricamente può concepirsi la rilevazione di tutti gli scambî (di merci, servizî personali e di capitali, di beni-capitale, operazioni speculative) in cui interviene un mezzo monetario; la quale rilevazione consentirebbe di calcolare la media ponderata di tutti i prezzi (somma dei prodotti di ciascun prezzo moltiplicato per la quantità effettivamente scambiata, divisa per la somma delle quantità) o un'altra media che tenga conto di ambedue i gruppi di elementi. In pratica simile rilevazione è inattuabile. Si elaborano perciò numeri indici dei prezzi di limitate categorie di beni o servizî (prezzi all'ingrosso delle merci; prezzi al minuto dei beni di consumo diretto, indici del costo della vita, ecc.) più o meno appropriati a indicare il potere d'acquisto (e sue variazioni) della moneta rispetto a dati gruppi di beni o attività economiche. Gli economisti hanno incominciato con l'assumere a questo scopo le variazioni assolute dei prezzi di singole merci di maggior importanza nel consumo generale (p. es., grano); in seguito, rilevando la parzialità e inadeguatezza di simile procedimento, hanno calcolato i numeri indici considerando i prezzi di un numero più o meno esteso di merci e servizî, riassumendoli in una cifra unica per ogni momento rilevato (mediante medie aritmetiche, ponderate, geometriche, arnoniche, ecc.) e ripetendo la rilevazione per serie di momenti o periodi successivi, moltiplicando poi i rapporti derivanti per 100, o altro multiplo di 10. Fissata cioè una data base (media di un dato momento, di un dato anno o di dati anni), si fa uguale a 100 la cifra assoluta risultante per il momento o anno-base e poi si moltiplicano le cifre assolute risultanti per i momenti o anni successivi per 100, dividendo il prodotto per la cifra assoluta della base. La scelta della base ha perciò particolare importanza. Il numero dei termini è eguale nella serie derivata a quello della serie originaria, la grandezza assoluta dei cui termini non si ritrova nei numeri indici, che sono misure di grandezza relativa e servono in modo più perspicuo a mettere in risalto le variazioni dell'insieme dei prezzi rispetto al periodo-base e quindi anche a ogni successivo momento.
Le forme praticamente più usate sono quelle degl'indici dei prezzi all'ingrosso, al minuto e del costo della vita. I primi si riferiscono agli scambî di grosse partite di merci (prodotti agricoli, materie prime o semilavorate, e anche prodotti finiti) fra produttori e intermediarî o fra queste due categorie e gl'imprenditori di industrie trasformatrici o consumatrici; e per essi si scelgono le merci più importanti, in numero sufficientemente esteso, e tali da poter esser comparabili nei successivi periodi (quindi immutabili). Il procedimento di sintesi dei prezzi assoluti rilevati costituisce altro grave problema, che in genere comporta infinite soluzioni. Parecchi degl'indici praticamente calcolati si sono limitati a una media aritmetica o geometrica, ecc., dei prezzi assoluti; altri tengono conto della diversa importanza relativa degli scambî in cui ciascun prezzo è applicato, mediante quotazioni multiple per le merci più importanti; altri infine derivano da medie ponderate in cui a ciascun prezzo si dà un coefficiente o peso per tener conto della quantità effettivamente scambiata a tale prezzo. Il Fisher, il quale nella suggestiva opera The Making of Index Numbers (Boston e New York 1922) espone un'accurata storia di primarie, da cui le altre derivano, e dà la preferenza, perché riuniscono in sé un maggior numero di requisiti d'un ottimo numero-indice delle variazioni dei prezzi, alle formule derivate dalla seguente
nella quale p0, q0 sono i prezzi e le quantità delle merci nell'anno base; p1, q1 i prezzi e le quantità di un altro anno qualsiasi), ad esempio alle formule:
In Italia numeri indici dei prezzi all'ingrosso sono stati calcolati da A. Necco (La curva dei prezzi delle merci in Italia 1881-1901, in Riforma Sociale, 1910: indici concatenati dei prezzi delle merci d'importazione e d'esportazione, proseguiti fino al 1911 e, dopo la morte dell'autore, dal Garino); da R. Bachi, che dal 1915 pubblicò indici mensili con metodo analogo a quello dell'Economist, modificato poi nel 1921 adottando medie geometriche con base mobile; in seguito la serie è stata riferita all'anno base 1913 e mensilmente proseguita per i prezzi di 144 merci (ora 150). Altro indice mensile e settimanale è calcolato dal Consiglio provinciale dell'economia corporativa di Milano, pure a base 1913 (125 merci distinte secondo: le 8 principali categorie di merci; i 4 gradi di lavorazione - prodotti agricoli nazionali, materie prime industriali, semilavorati e prodotti finiti -; le provenienze o destinazioni: i prezzi dei prodotti ottenuti e consumati nel mercato nazionale; i prodotti di importazione ed esportazione). Altri indici sono pubblicati dalla Confederazione generale fascista dell'industria e dalla Confederazione del commercio. Recentemente l'Istituto centrale di statistica ha iniziato un indice nazionale con base 1932, mediante una selezione rigorosa delle fonti dei dati primitivi e dando più largo posto ai prodotti industriali lavorati. L'indice considera 293 qualità o specie, per 125 merci, con 1.610 quotazioni di prezzi, classificate secondo i critepî suggeriti dal Comitato della sezione economica della Società delle Nazioni: in primo luogo, a seconda del grado di lavorazione e, subordinatamente, a seconda dell'origine e dell'uso (materie grezze, di uso alimentare e non alimentare; semilavorate; prodotti lavorati); e secondo i rami di attività a lor volta distinti secondo il grado di lavorazione. Come criterio di ponderazione l'indice nazionale ha adottato quello delle quantità prodotte più le quantità importate. Questi, con numerosi altri indici e dati di prezzi all'ingrosso e al minuto, costi e fitti delle costruzioni, corsi dei titoli a reddito fisso e variabile, prezzi dei trasporti, salarî, sono periodicamente pubblicati dal Bollettino dei prezzi dell'Istituto centrale di statistica e da altri periodici.
Per quanto riguarda i numeri indici del costo della vita, la scelta dei coefficienti va riferita alla composizione del reddito consumato delle famiglie e classi sociali in rapporto alle quali si considera il potere di compera della moneta. Si considera cioè un insieme più o meno numeroso di famiglie di una data classe e si costruisce l'immagine astratta della famiglia media, il cui costo della vita in un dato intervallo di tempo è la somma delle spese occorse per il suo mantenimento, ossia il prodotto dei singoli prezzi pagati per i varî beni e servizî, per le quantità acquistate e consumate. Per indagare l'influenza delle variazioni dei prezzi sulla spesa famigliare, assunto un dato periodo base, si calcolano le variazioni della spesa totale che si avrebbero mantenendo costanti le quantità del periodo base e moltiplicandole per i rispettivi prezzi effettivi unitarî rilevati nei successivi momenti o periodi
desumendone i numeri indici. Poiché di fatto quantità e composizione relativa dei consumi variano nel tempo, si tiene conto anche delle modificazioni delle quantità calcolando gli indici in rapporto alle
Se invece si vuol mettere in rilievo il mutamento nel tenore di vita della famiglia-tipo del ceto o classe considerata, si mantengono costanti i prezzi e si modificano, in base ai risultati delle osservazioni, le quantità dei beni e servizî. Talora gl'indici anziché sull'effettivo consumo di una famiglia-tipo si calcolano sul consumo globale della collettività; o sul bilancio teorico basato sul potere nutritivo (calorie) dei varî alimenti. In Italia le norme per la compilazione degl'indici del costo della vita affidata all'Istituto centrale di statistica sono state fissate con r. decr. legge 29 febbraio 1927, n. 122 e con istruzioni dell'Istituto stesso. Il calcolo si fonda sul costo presuntivo del mantenimento settimanale di una famiglia operaia tipo con 2 adulti e 3 bambini sotto i 10 anni, base fissa il giugno 1927. I consumi sono raggruppati in 5 capitoli di spesa (alimentazione, vestiario, affitto, riscaldamento e illuminazione, spese varie); la spesa è determinata per i varî generi che entrano nei singoli capitoli nel periodo-base e in quelli successivi e quindi si calcola la variazione percentuale della spesa (indice) in questi periodi rispetto al periodo-base. La somma delle spese settimanali così calcolate dà la spesa settimanale globale, a sua volta espressa con indice. Oltre questo indice nazionale, il comune di Milano pubblica un indice avente per base i prezzi del luglio 1914 (= 100). L'insufficienza degl'indici praticamente calcolati a misurare il potere d'acquisto della moneta come indice del consumo, è messa in rilievo dal Keynes (Trattato, I, 1v), che cita come esempio più approssimato l'indice generale di C. Snyder (Business Cycles and Business Measurements, New York) calcolato combinando i seguenti numeri-indici secondarî e assegnando loro il peso proporzionale indicato fra parentesi: prezzi delle merci all'ingrosso (2); salarî (3,5); costo della vita (3,5); affitti (1).
Bibl.: Tutti i trattati e corsi generali di economia espongono le definizioni, le forme, le cause determinanti, gli effetti delle variazioni dei prezzi. Ved. per una trattazione più perspicua: V. Pareto, Manuale di economia politica, Milano 1906; E. Barone, Principi di economia politica, Roma 1912: L. Amoroso, Lezioni di economia matematica, Bologna 1921; A. Marshall, Principles of Economics, Londra 1921. Sui numeri-indici dei prezzi, oltre le opere, citate nel testo, di I. Fisher e J. M. Keynes, v.: S. Jevons, The variations of Prices and the value of the currency, 1864, in Investigations in Currency and Finance, Londra 1884; F. Edgeworth, Reports of the Committee appointed for the purpose of investigating the best method of ascertaining and measuring variations in the value of the Monetary Standard, 1888, 1889, 1890, trad. it., in Biblioteca dell'economista, s. 5ª, XX; W. C. Mitchell, The making and using of Index-Numbers, in Bulletin of the United States Bureau of Labor Statistics, Washington 1915, n. 173; Walsh, The problem of Estimation, Londra 1921: L. von Bortkiewicz, Zweck und Struktur einer Preisindexzahl, in Nordisk Statistisk Tidskrift, 1923-24; C. Gini, Quelques considérations sur la construction des nombres-indices des prix, in Metron, IV (1924), n. 1; id., On the circular test of index numbers, in Metron, IX (1931), n. 2; A. Julin, Statistique des prix et méthode des index-numbers, Parigi 1928; E. Cianci, Dinamica dei prezzi delle merci in Italia dal 1870 al 1929, in Annali di statistica, 1933.