prevedibilita
prevedibilità Possibilità di anticipare i cambiamenti futuri di un fenomeno sulla base delle informazioni disponibili nel presente, relative al fenomeno stesso o a variabili a esso collegate. La p. si valuta, in genere, sulla base dell’analisi delle serie storiche (➔). La maggior parte degli studi verte su p. lineare tramite test di autocorrelazione o rapporti di volatilità (➔), benché la ricerca più recente usi anche modelli non lineari e reti neurali (➔). Il giudizio di p. dipende quindi dall’esito dei test statistici: se questi rifiutano l’imprevedibilità, si dice che la grandezza è prevedibile anche quando si sa che l’errore di previsione (➔) è molto volatile e quindi il valore previsto si discosterà, anche di molto, da quello effettivo.
Secondo la Efficient market hypothesis (➔ mercato efficiente), i prezzi delle azioni si modificano per l’arrivo di informazioni. Dunque, la variazione futura dei prezzi non è prevedibile, perché non lo è l’informazione futura. Fino alla metà degli anni 1980, i test ‒ basati sull’ipotesi di un tasso di sconto dei flussi di cassa futuri costante ‒ non rifiutavano l’ipotesi di imprevedibilità. Successivamente, si riconobbe la p. dei rendimenti, e questa fu interpretata quale inefficienza del mercato, stimolando gli studi sulla finanza comportamentale. In seguito, si capì che la p. non implica inefficienza, perché i tassi di sconto si possono modificare sistematicamente: se cambiano in modo prevedibile l’avversione al rischio, e/o il rischio del consumo, e/o le opportunità di condividere i rischi, la variazione del prezzo diventa prevedibile, senza che possa essere sfruttata per un profitto. In effetti, diversi studi mostrano quanto sia difficile generare extrarendimenti sistematici nella gestione di portafogli (➔ portafoglio p), cercando di prevedere i rendimenti azionari. Solo metodi particolarmente sofisticati hanno successo in tal senso, in genere sfruttando più titoli individuali che indici, e ciò fino a quando il metodo stesso non diventi di dominio comune. I portafogli che scommettono aggressivamente sulle previsioni si rivelano in media perdenti, mentre hanno risultati migliori quelli che si discostano dalla diversificazione in funzione dell’affidabilità della previsione. Promettenti sono le possibilità di sfruttare la p. per contenere il rischio di portafogli immobilizzati a lungo termine. Infine, vi è consenso sulla p. della volatilità dei rendimenti.
Secondo i keynesiani, la previsione dei cicli economici (➔ ciclo economico) pone le autorità in grado di smorzare l’ampiezza dei cicli, che si accompagnano a peggioramenti dell’inflazione (➔ p) nelle fasi espansive e della disoccupazione (➔ p) nei rallentamenti. I monetaristi, più ascoltati nell’eurozona (➔) che negli USA, sostengono invece che la previsione imprecisa rende l’intervento discrezionale delle autorità prociclico, preferendo quindi regole (➔) per la conduzione delle politiche economiche. Ciò che si è comunque osservato è la riduzione della p. dell’inflazione negli USA dagli anni 1980. Questa si spiega con la politica attiva anti-inflazionistica perseguita dalla Federal Reserve (➔): contrastando le fluttuazioni prevedibili dell’inflazione, restano solo quelle imprevedibili.