PRESTITI INTERNAZIONALI (App. II, 11, p. 606)
INTERNAZIONALI Mentre la prima fase del periodo successivo alla seconda guerra mondiale è stata caratterizzata da un predominio dei prestiti governativi e dei trasferimenti di capitali dagli S. U. A. diretti principalmente verso i paesi europei e destinati quasi esclusivamente a scopi di ricostruzione, in un secondo tempo sono andate aumentando anche le concessioni di p. di carattere privato. La stessa Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (v.) che, in ordine di importanza dopo gli S. U. A., ha partecipato in misura assai notevole all'attività di finanziamento internazionale, ha cercato - tra l'altro tramite la istituzione di una propria filiazione, la Società finanziaria internazionale - di riattivare il flusso dei capitali privati. Nello stesso periodo, da parte degli organi di governo è stata dedicata particolare attenzione e sono stati compiuti sforzi intesi al raggiungimento di una maggiore liberalizzazione dei movimenti dei capitali, parallelamente alla liberalizzazione degli scambi: prima nell'ambito dell'Organizzazíone europea per la cooperazione economica (OECE) e poi specialmente in quello della Comunità economica europea (CEE), il cui trattato istitutivo prevede che "gli stati membri sopprimono gradatamente tra loro ... le restrizioni ai movimenti dei capitali ..." (art. 67). Dopo l'istituzione della CEE si è avuto, infatti, un notevole aumento delle emissioni di titoli sui mercati dei capitali dei varî paesi membri da parte di società di altri paesi facenti parte della Comunità. Parallelamente, ed in misura anche più forte, si è sviluppato il fenomeno della quotazione e trattazione di titoli stranieri nelle borse dei principali paesi, industrializzati, il che non si è verificato soltanto limitatamente ai paesi della CEE ma riguarda in particolar modo anche gli S. U. A. e la Svizzera.
Mentre la concessione di p. i. di natura privata è andata riavvicinandosi ad una situazione di "normalità" e comunque si svolge in un clima di crescente libertà da restrizioni, la questione dei p. destinati a finanziare lo sviluppo economico dei paesi cosiddetti sottosviluppati rimane sempre scottante ed anzi è aumentata di importanza. Anche qui, nell'attività svolta sinora dalla Export-Import Bank e dal Fondo p. per lo sviluppo (Development Loan Fund - DLF), entrambi americani, dalla Banca mondiale, dalla Banca inter-americana, ecc. si è inserito il Fondo per lo sviluppo dei paesi e territorî d'oltremare della Comunità economica europea, previsto da una Convenzione allegata al Trattato di Roma.
Le somme contribuite da tutti questi varî enti per lo sviluppo dei paesi economicamente arretrati appaiono però vieppiù insufficienti ad elevare il livello di vita delle popolazioni interessate, il cui tasso d'incremento è assai spesso superiore a quello del reddito complessivo prodotto. Nella maggioranza dei casi, i p. concessi da enti internazionali e da paesi industrializzati hanno dovuto limitarsi ad evitare un abbassamento dei livelli di vita già raggiunti. E la soluzione del problema non potrà essere data da un semplice aumento dell'ammontare dei p. concessi: è stato rilevato come in alcuni casi si sia già vicini ad un limite di indebitamento del paese beneficiario, oltrepassato il quale il servizio ed il rimborso dei p. ottenuti graverebbero in misura eccessiva sulla bilancia dei pagamenti. Per questi paesi, le cui entrate in valuta estera derivano per la massima parte dalla esportazione di pochissime materie prime di provenienza agricola o mineraria, quello della bilancia dei pagamenti costituisce un problema cruciale: così, è stato calcolato che il ribasso dei prezzi delle materie prime e la susseguente riduzione dei ricavi derivanti da esportazioni dei paesi sottosviluppati nei 12 mesi tra la metà del 1957 e la metà del 1958, assieme al lieve aumento dei prezzi all'importazione, hanno decurtato la capacità di importazione degli stessi paesi di 2.300 milioni di dollari circa, vale a dire di un importo sei volte superiore a quello concesso dalla Banca mondiale agli stessi paesi nel 1956-57. Una lieve flessione nei prezzi dei prodotti sui quali si basano quasi esclusivamente le esportazioni dei paesi in questione può, pertanto, annullare il contributo che è stato dato in varî anni di attività di prestito. Per alleviare la posizione di questi paesi e per agevolare loro il servizio e il rimborso dei p. ottenuti, sono stati intrapresi da un lato dei tentativi per giungere ad accordi internazionali intesi a stabilizzare i prezzi e le quantità delle materie prime che entrano nel commercio internazionale, e dall'altro si è cercato di istituire nuove forme di assistenza, quale l'Associazione internazionale di sviluppo (International Development Association - IDA), filiazione della Banca mondiale, creata per la concessione di p. a condizioni particolarmente vantaggiose (scadenze di 30-50 anni, tassi d'interesse minimi o nulli e, in particolar modo, possibilità di ripagare il prestito in valuta locale). Mentre per quanto riguarda gli accordi internazionali non si sono compiuti molti progressi (e ciò spiega forse in parte la penetrazione nei paesi in questione di paesi comunisti che offrono spesso più ampie possibilità di sbocco), nel caso dell'IDA e di iniziative simili si pone il problema dell'utilizzo delle valute locali rimborsate.
Bibl.: M.A. Kriz, Postwar international lending, Princeton 1947; United Nations, International capital movements during the inter-war period, New York 1949; id., The international flow of private capital, New York 1954; OECE, Rapport sur les investissements internationaux, Parigi 1950; W. Guth, Der Kapitalexport in unterentwickelte Länder, Tubinga 1957; OECE, Moyens financiers mis à la disposition des pays en voie de développement économique 1956-1959, Parigi 1961.