PRESTANZE
Così erano dette, nel sistema finanziario della repubblica fiorentina, le entrate che il comune si procurava mediante prestiti richiesti o imposti ai cittadini per sopperire, nei casi di bisogno, all'insufficienza delle entrate normali. L'uso delle prestanze si diffuse e divenne frequente nella seconda metà del sec. XIII per fronteggiare appunto le crescenti necessità dell'erario, in dipendenza dello stato di guerra quasi permanente che caratterizza quell'epoca.
Le prestanze erano volontarie e forzose. Volontarie quelle richieste dal comune per sopperire a temporanei e limitati bisogni di cassa e che venivano prontamente rimborsate; forzose quelle coattivamente imposte a tutti i cittadini o a determinate categorie di essi, specialmente mercanti o banchieri; donde la distinzione, rispettivamente, di prestanze forzose generali e di prestanze forzose parziali. Mentre queste ultime comportavano, di regola, oltre che la restituzione della somma data a prestito, anche la corresponsione d'interessi, onde in esse si possono intravedere i caratteri che concorrono a definire il debito pubblico, le prestanze forzose generali non davano luogo, almeno in origine, a corresponsione di interessi.
Alla restituzione delle somme tolte a prestito si provvedeva, di solito. mediante l'assegnazione di gabelle future, particolarmente quelle sul sale, sul vino, sui contratti, ecc. Ma il più delle volte le prestanze forzose generali stavano a rappresentare una forma larvata d'imposta diretta.
La deliberazione delle prestanze spettava ai priori o a speciali magistrature finanziarie nominate in periodi eccezionali con poteri dittatoriali. Per le prestanze generali si fissava unicamente la ragione in base alla quale ciascun cittadino doveva essere colpito; per quelle parziali si fissava la massa globale da riscuotere (la massa della prestanza), restando affidato ai ponitori, che rappresentavano gli uffici esecutivi del tempo, la distribuzione del gravame tra i cittadini. Spettava ai ponitori medesimi di provvedere anche alla riscossione dell'entrata, e spesso, dal numero di essi, la prestanza prendeva il nome di cinquina, settina, nonina, ecc.
Il prestanziato, colui cioè al quale la prestanza era imposta, aveva facoltà di pagare la somma in rate, dette registri. In caso di pagamento in unica soluzione gli si concedeva uno sconto; mentre per i casi d'inadempienza erano previste a carico dei morosi non lievi pene pecuniarie e, talvolta, sanzioni anche più gravi.
Con l'andare del tempo il debito del comune per prestanze non rimborsate aveva raggiunto proporzioni impressionanti, perciò fino dal 1343 si manifestò il proposito di provvedere, col riordinamento della finanza, a una riforma di quel debito. In un primo tempo si pensò di riscattare il debito rimborsando i creditori, al quale intento fu ordinata l'iscrizione di tutte le prestanze nel gran libro del debito pubblico. Da siffatto concentramento nacque il Monte, l'istituto, cioè, che teneva in evidenza il coacervo di tutti i mutui contratti dal comune col proposito di estinguerli senza interesse, mediante l'assegnazione annuale di determinate gabelle.
Di fronte però all'impotenza della finanza della repubblica a provvedere ai rimborsi previsti, si cominciò ad ammettere la cessione del credito della prestanza; si ammette, cioè, la permutabilità del titolo rappresentativo del credito e in pari tempo si capovolge il criterio informatore che aveva presieduto alla costituzione del Monte, rinunziando a provvedere al rimborso del debito - che diviene pertanto irredimibile - ma offrendo garanzia di un regolare servizio d'interessi. È così che nel 1345 le vecchie prestanze, attraverso molteplici esperienze e una lunga costante evoluzione, sono trasformate in un titolo di rendita perpetua al tasso del 5%.
Con il consolidamento del debito e con gli attributi connessi alla nozione del titolo di rendita il comune medievale rinunzia all'illimitato sfruttamento della capacità contributiva dei cittadini. L'istituzione del Monte, pertanto, segna nella storia finanziaria l'inizio della delimitazione dei poteri dello stato in materia tributaria e anticipa alcuni aspetti essenziali della finanza moderna.
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