presidente del Consiglio europeo
Funzione ridefinita in base al Trattato di Lisbona (➔ Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull’Unione Europea e il Trattato che istituisce la Comunità Europea), per istruire e coordinare stabilmente i lavori del Consiglio europeo, unitamente a rappresentare nel mondo l’Unione Europea. Dato il mandato più duraturo che in passato, si parla anche di presidente permanente del Consiglio europeo (➔). Prima del 2009, la funzione di presidenza del C. era svolta dal capo di Stato o di governo del Paese titolare della presidenza di turno, che si alternava ogni 6 mesi.
La Convenzione sul futuro dell’Europa (2002-03, ➔ Convenzione europea) ha proposto, nel suo progetto di Costituzione, di creare una carica di p. del C. e. eletto, a maggioranza qualificata, per un periodo di due anni e mezzo, rinnovabile una volta. La Convenzione è giunta a tale soluzione dopo un vivace dibattito fra varie opzioni, che andavano dallo statu quo di una presidenza semestrale, proposta dalla Commissione europea, all’elezione di un p. a suffragio universale e diretto per un periodo di due anni e mezzo o 5 anni, avanzata da J.M. Aznar, A.C.L. Blair e J.R. Chirac.
Il Trattato di Lisbona, riprendendo senza cambiamenti la proposta finale della Convenzione, ha optato per la formula di compromesso, elaborata dalle delegazioni francese e tedesca, con l’elezione da parte del C. e. di una personalità chiamata a esercitare a tempo pieno la funzione, avendo respinto il suggerimento del presidente della Convenzione, V. Giscard d’Estaing, di creare un ‘congresso dei popoli d’Europa’, composto dai rappresentanti del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali. La scelta di due anni e mezzo rinnovabili una sola volta è stata legata all’esigenza di prevedere un periodo di tempo inferiore a quello del presidente della Commissione, eletto per 5 anni rinnovabili, di consentire un dibattito più frequente sui grandi orientamenti politici dell’Unione e di affiancare l’elezione del p. del C. e. alla pratica del Parlamento europeo di rinnovare tutti i suoi organi interni, a partire dal suo presidente ogni due anni e mezzo, sulla base di un accordo tacito fra i due grandi gruppi politici (Popolare e Socialdemocratico).
Il Trattato stabilisce che il C. e. ha la facoltà di revocare il suo p. in caso di impedimento (malattia, rapimento, sparizione, alienazione ecc.) che gli inibirebbe l’esercizio delle sue funzioni, ovvero di una imprecisata colpa grave per responsabilità personali e disciplinari. Secondo la volontà dei membri della Convenzione e poi dei governi, il p. del C. e. avrebbe dovuto assumere un ruolo di chairperson e, infatti, il progetto iniziale nella versione originale in inglese parlava di «European Council Chair». Nella versione finale, compare in tutte le lingue che il p. del C. e. deve adottare un ruolo di facilitatore delle decisioni piuttosto che direttamente decisionale, tenuto anche conto che, in base al Trattato, il C. e. non ha funzioni legislative, bensì di impulso politico.
Nelle relazioni internazionali, il p. del C. e. assicura la rappresentanza dell’Unione e la continuità delle sue istituzioni nel quadro della politica estera e di sicurezza comune, mentre l’alto rappresentante ha competenza per gli affari esteri e della sicurezza comune, presentando così un’ambigua sottigliezza nella distinzione dei ruoli, destinata a non facilitare la visibilità e la coerenza dell’Unione nelle relazioni internazionali.
Lo sviluppo della crisi economica e finanziaria esplosa negli Stati Uniti nel 2007 e poi estesasi in Europa, con particolare virulenza nell’eurozona (➔) e con una drammatica assenza di leadership nazionali, ha rilanciato l’idea che era, in fondo, alla base dell’elezione di un p. relativamente stabile del Consiglio europeo (➔ anche presidente permanente del Consiglio europeo) e cioè l’obiettivo di rafforzare la leadership europea con una capacità di impulso, di direzione e di esecuzione. Tale funzione di leadership è legata, da una parte, all’evoluzione del governo dell’economia in particolare nell’eurozona e, dall’altra, alla prospettiva di una futura unificazione delle presidenze del Consiglio europeo e della Commissione, dato che il Trattato prevede che il primo (e, a fortiori, il secondo) non possa esercitare un mandato nazionale, mentre l’incompatibilità fra p. del C. e. e un mandato europeo non è stata confermata nel testo definitivo della Costituzione europea e poi del Trattato di Lisbona.